Da La Repubblica del 25/02/2001

Un improbabile tecnico dell'Enel, autista di Virga,ucciso otto mesi dopo. Un filo lega le morti

Qello strano black out elettrico la notte dell'omicidio di Rostagno

di Attilio Bolzoni

Approfondimenti / DOSSIER


 
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L'omicidio di Danny Casolaro
di Roberto Bortone

Il corpo del giornalista Danny Casolaro fu trovato disteso sul pavimento di un motel in West Virginia nel pomeriggio del 10 agosto 1991. Su entrambi i polsi presentava sette tagli molto profondi. Casolaro stava lavorando ad un libro, provvisoriamente intitolato "The Octopus", nel quale aveva accuratamente riportato i misfatti del Dipartimento di Giustizia sotto l'amministrazione Regan. Il manoscritto, o meglio l'unico manoscritto di quel libro è sparito. Al suo posto, vicino al corpo, è stato trovato un biglietto che motivava il suo gesto. A distanza di quindici anni da quel tragico "suicidio", vogliamo qui ripercorrere le tappe dell'inchiesta coraggiosamente portata avanti da Casolaro.
TRAPANI - Quella notte se ne andٍ la luce nelle campagne di Lenzi, un borgo tra la montagna solitaria e un mare dove in lontananza sembra quasi affondare la città di Trapani. Quella notte che uccisero Mauro Rostagno ci fu un guasto improvviso alla cabina dell'Enel, cosى almeno raccontٍ un tecnico che l'indomani fu trascinato nei campi per un interrogatorio sotto il sole cocente. Disse che "era successo qualcosa di strano" e che l'energia elettrica "non era più arrivata ai fili". Il tecnico era un signore sui cinquant'anni e dai modi garbati, ben vestito, molto ossequioso. Si chiamava Vincenzo Mastrantonio. Dopo otto mesi il suo cadavere fu ritrovato a qualche chilometro da Lenzi. Gli avevano sparato. Dopo otto anni si scoprى che quell'impiegato dell'Enel cosى gentile era l'autista più fidato di Vincenzo Virga, il boss miliardario con la pensione Inps. C'è rimasto ormai solo un filo che lega il 'caso Rostagno' a una piccola traccia, a un piccolo indizio che possa dopo tanto tempo portare agli assassini di quel giornalista cosى speciale di Trapani, del rivoluzionario di Torino, del sociologo di Trento, dell''arancione' di Poona, del capopolo di Palermo, di quell'incantatore di folle che era Mauro Rostagno assassinato in Sicilia la notte di lunedى 26 settembre 1988. E quel filo porta a Vincenzo Virga, porta al capomafia che è un mago in materia di appalti, che ha le mani in pasta nella politica, che è buon amico dei potenti della città più 'svizzera' dell'isola, la Trapani delle cento banche e delle mille finanziarie. E' caduta la 'pista interna' alla comunità Saman, dove Mauro Rostagno viveva con la sua compagna Chicca Roveri in mezzo a tossici che trafficavano. E' sepolta per sempre l'ipotesi "rossa", qualcuno di Lotta Continua mandante dell'omicidio alla vigilia di un interrogatorio del processo Calabresi. Sono sfumati i forti sospetti sugli 'affari' internazionali del guru Francesco Cardella (che comunque è attualmente ancora indagato nell'inchiesta Rostagno 'per concorso in omicidio') e della sua corte. Sono sempre più nebulose le ipotesi sulla compravendita di armi pesanti e anche quelle sul riciclaggio dei soldi di Tangentopoli. Cosى resta in piedi solo un 'possibile movente' dopo quasi tredici anni dal delitto. E' quello mafioso. E al centro dell'ultima indagine c'è ormai solo lui, c'è solo Vincenzo Virga. L'inchiesta non è più una scatola vuota. C'è Vincenzo Virga il miliardario che sa qualcosa o che sa tanto su come è morto Mauro Rostagno. "E' stato lui a organizzare tutto...dopo che i suoi amici di Mazara del Vallo gli chiesero la cortesia di farlo fuori perché stava sulle scatole a Mariano Agate...non sopportavano Rostagno per i commenti che faceva ogni giorno dalla sua televisione...dissero a Virga di uccidere Rostagno, toccava a lui perché Trapani era il suo territorio", aveva confessato nel 1997 il pentito Vincenzo Sinacori ai magistrati. Da allora si sviluppa per la prima volta l'investigazione verso Cosa Nostra. L'inchiesta è trasferita: da Trapani alla Procura antimafia di Palermo. Si ricomincia tutto daccapo. Un'altra volta. Dopo i depistaggi, le 'dimenticanze', le frettolose archiviazioni, le sbandate investigative, gli errori giudiziari, il 'caso' finisce sulla scrivania del sostituto procuratore Antonio Ingroia. E tutto riparte da quel signore cinquantenne cosى gentile che era l'addetto 'al buon funzionamento' della cabina Enel, quel Vincenzo Mastrantonio trovato sotto un albero di ulivo la mattina del 1- maggio 1989. Quando lo identificarono era morto già da alcuni giorni.Controllarono i suoi precedenti: era incensurato. Si ricordarono che era il caposquadra dell'Enel a Lenzi, si ricordarono anche della luce che mancٍ la notte quando avevano ucciso Mauro Rostagno. Un sostituto procuratore pensٍ di avere imboccato la via giusta per scoprire qualcosa, rivide le carte dell'inchiesta, qualche giorno dopo i funerali di Mastrantonio cercٍ di far riesumare anche il cadavere. Il fucile dell'assassino di Rostagno era esploso dopo un paio di colpi ed erano stati recuperati frammenti del copricanna: lى sopra c'erano impronte digitali. Il sostituto procuratore voleva confrontare le impronte del fucile spezzato con quelle di Vincenzo Mastrantonio. Ma la tomba del tecnico dell'Enel non fu mai riaperta. Rimase sempre chiusa lى, nel piccolo cimitero di Valderice con dentro tutti i suoi segreti.Dopo il pentito Vincenzo Sinacori arriva perٍ il pentito Francesco Milazzo. Parla sempre di quel Mastrantonio. Dice che era stato lui a 'spegnere la luce' quella notte, l'ordine era di Vincenzo Virga. L'ipotesi che in quel lontano autunno del 1988 tutti avevano scartato - sicari troppo poco professionali per far parte di Cosa Nostra, movente troppo vago per giustificare un delitto di 'vera' mafia - comincia cosى a prendere corpo. Il magistrato Ingroia va a ripescare un vecchio verbale di Francesco Marino Mannoia che in carcere aveva sentito "lamentarsi i Trapanesi" di quel giornalista, uno che dagli schermi prendeva sempre in giro i boss. Qualcosa ricorda anche Giovanni Brusca: "Fu Riina a dirmi che eravamo stati noi...che era stata Cosa Nostra a uccidere Rostagno". Tutti hanno sentito qualcosa. Ma nessuno conosce qualcosa di più. Tutti i sospetti portano a Vincenzo Virga. Ma sono ancora solo sospetti.Nel fascicolo sulla morte mafiosa del giornalista di 'Rtc' (la televisione dove ogni sera la cantava ai potenti della città) entra alla fine anche il racconto di Angelo Siino, il famoso ministro dei Lavori pubblici della mafia siciliana. Qualche mese fa confida ai magistrati che lo sapeva anche lui di Cosa Nostra e del 'problema' che i suoi capi avevano a Trapani. Il ricordo di Siino è proprio alla vigilia del delitto: "Mi sono mosso per salvarlo, non volevo che si facesse troppo rumore con quell'omicidio...". Delitto di alta mafia a carico di ignoti. E' questo ancora oggi l'omicidio di Mauro Rostagno.

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