Da L'Espresso del 26/12/2004

Naufragio e contagio

Un aumento vertiginoso dei casi di leucemia nella zona in cui si arenò la Rosso. Di fronte alla Commissione parlamentare nuove e inquietanti rivelazioni

di Riccardo Bocca

[In merito alla la vicenda della motonave "Rosso", ex "Jolly Rosso", arenatasi sulla spiaggia di Formiciche in provincia di Cosenza il 14 dicembre 1990 dopo un principio di affondamento]

Leucemia. È questa la terribile parola che il maresciallo dei carabinieri Nicolo Moschitta ha pronunciato durante un'udienza riservata della Commissione parlamentare bicamerale sul ciclo dei rifiuti. Gli è stato chiesto di raccontare quello che sapeva sullo spiaggiamento della motonave Rosso, avvenuto in Calabria il 14 dicembre 1990, e lui lo ha fatto, rivelando i rischi corsi dalla popolazione locale. Un dato sconvolgente e mai reso pubblico. Finora si era ipotizzato che sulla Rosso potessero essere trasportate sostanze tossiche o radioattive, smaltite dopo un tentativo non riuscito di affondamento. Ma adesso il quadro diventa più cupo: «Su incarico del sostituto procuratore Francesco Neri», ha spiegato il maresciallo Moschitta alla Commissione, «mi sono recato nel 1995 ad Amantea, dove ho parlato con il comandante della stazione dei carabinieri. Ricordo che fornì un elemento che mi fece raggelare: dal momento dello spiaggiamento della nave, nel giro di quattro o cinque anni, i casi di leucemia erano aumentati in maniera vertiginosa. Il collega mi precisò che si trattava di dati ufficiali, e infatti erano forniti dall' allora Usl».

(...) Basti dire che gli inquirenti fino a poco tempo fa erano convinti che sui fondali di Formiciche, dove l'imbarcazione si arenò, non ci fosse più nulla. Lo aveva attestato la Capitaneria di porto di Vibo Valentia, scrivendo che «il relitto della nave» era stato «completamente rimosso». Poi i sub della Procura hanno trovato un'infinità di materiale e oggi il comandante di fregata Alfio Di Stefano (sempre della Capitaneria di Vibo) deve ammettere che «alcuni pezzi sono rimasti sotto la sabbia», per cui «verranno rimossi e messi a disposizione dell'autorità giudiziaria».

(...) Secondo una relazione riservata di Raffaella Trozzo, dirigente del dipartimento provinciale dell'Agenzia calabrese per l'ambiente, «due sub dei carabinieri hanno infatti rinvenuto una cassa seminterrata sul fondo. L'operazione completa prevedeva il rinvenimento, la disincagliazione dal fondo marino e il trasporto sull'arenile adiacente. A me», scrive la dirigente, «è stata affidata l'indagine strumentale per la verifica delle eventuali contaminazioni radioattive (...). Sono salita sul motoscafo messo a disposizione dal Villella (comandante della stazione dei carabinieri di Amantea, ndr) e abbiamo individuato numerosi rottami come tubi, piastre e lamine (...). Trascorse però quattro ore, durante le quali i sub hanno setacciato la parte di mare interessata, non è stato rinvenuto quanto cercato, ossia la famosa cassa. A quel punto è stato deciso di sospendere i lavori». Che fine ha fatto il misterioso contenitore? Qualcuno, considerata la totale assenza di sorveglianza, l'ha rimosso? O bisogna incolpare il mare, in grado di cambiare la geografia dei fondali? Una risposta non c'è.

L'unico fatto certo è la grande attenzione con cui il maresciallo Fabio Villella, citato nella relazione dalla dottoressa Trozzo, sta seguendo il caso Rosso. Lo si è visto il 6 novembre scorso, quando il Comitato civico Natale De Grazia per la verità ha tenuto un'assemblea pubblica. La serata, a cui hanno partecipato 500 persone tra cittadini, sindaci e consiglieri della zona, prevedeva interventi vari e la proiezione di un documentario. Fuori programma è arrivato invece Villella, che ha identificato i responsabili del comitato. Due dei quali, pochi giorni dopo, sono stati anche cercati al telefono da un dirigente della Messina.

Considerate le premesse, è giustificato lo scetticismo con cui il 10 dicembre scorso è stata accolta la pagina a pagamento pubblicata dal "Quotidiano della Calabria". Il titolo recitava: "Jolly Rosso, nessun mistero". Dopodiché l'armatore Messina invitava i lettori a leggere il suo memoriale, fonte di «risposte chiare, circostanziate ed inequivoche sulla natura assolutamente non nociva, non pericolosa e tanto meno radioattiva della merce trasportata». (...)

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