Da La Repubblica del 19/02/2005
Parla il procuratore capo di Palermo. Lunedì convocata una riunione dell´ufficio. Per i pm le accuse erano infondate
Grasso spiazzato: "Un fatto senza precedenti"
di Alessandra Ziniti
PALERMO - «Quando ero un giovane sostituto procuratore anche a me è toccato tante volte andare in aula e chiedere l´assoluzione dell´imputato». Il procuratore capo di Palermo Piero Grasso la butta sull´amarcord, ma la decisione del Gup Marco Mazzeo di rinviare a giudizio il generale Mori e il capitano "Ultimo" per la mancata perquisizione nel covo di Riina ha spiazzato i vertici della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Che lunedì pomeriggio si riuniranno per decidere come affrontare un caso giudiziario. «La legge è entrata in vigore nell´89 - osserva il procuratore - ma non ho memoria di una situazione analoga. Credo che sarà un processo senza precedenti».
Il problema che la procura di Palermo si troverà ad affrontare nelle prossime settimane - l´inizio del dibattimento è fissato il 7 aprile - è in che forme avviare un processo nel quale nessuno crede e che l´ufficio diretto da Grasso non ha mai voluto. Il procuratore cerca di sdrammatizzare: «Lunedì convocherò una riunione per discutere la posizione che dovrà prendere l´ufficio. Non posso che prendere atto della decisione del giudice che come tale va rispettata. È chiaro che la richiesta di proscioglimento del generale Mori e del colonnello De Caprio, ripetutamente formulata dai colleghi Antonio Ingroia e Michele Prestipino, non è stata un´iniziativa personale ma frutto di valutazioni maturate all´interno della Dda. E comunque, dovremo andare in aula e poi vedremo cosa succederà».
Perplesso anche Antonio Ingroia, il sostituto procuratore che, insieme al collega Antonio Prestipino, ha insistito fino a ieri nel chiedere il non luogo a procedere per Mori e De Caprio. «È sicuramente un fatto senza precedenti - osserva Ingroia - non solo a Palermo ma credo anche in Italia. Non so come dovremo andare avanti. Certo, tra le cose ipotizzabili c´è che cambino i pubblici ministeri che rappresenteranno l´accusa in aula. Per noi, sarebbe difficile andare a rappresentare un´accusa alla quale non crediamo».
Sconcertati all´ipotesi di affrontare un dibattimento che vedrà sfilare sul banco dei testimoni nomi "eccellenti" e buona parte dei magistrati e degli investigatori che parteciparono all´indagine sulla cattura di Totò Riina, sono i difensori degli imputati. «Esprimiamo il nostro massimo smarrimento per questo rinvio a giudizio. L´infondatezza dell´accusa era stata ribadita dai pm che non hanno ravvisato nei comportamenti degli imputati alcuna ipotesi di reato - dicono gli avvocati Pietro Milio, Enzo Musco e Francesco Romito - Ci chiediamo quali siano le logiche giuridiche che sovrintendono a decisioni di così grave portata».
Il problema che la procura di Palermo si troverà ad affrontare nelle prossime settimane - l´inizio del dibattimento è fissato il 7 aprile - è in che forme avviare un processo nel quale nessuno crede e che l´ufficio diretto da Grasso non ha mai voluto. Il procuratore cerca di sdrammatizzare: «Lunedì convocherò una riunione per discutere la posizione che dovrà prendere l´ufficio. Non posso che prendere atto della decisione del giudice che come tale va rispettata. È chiaro che la richiesta di proscioglimento del generale Mori e del colonnello De Caprio, ripetutamente formulata dai colleghi Antonio Ingroia e Michele Prestipino, non è stata un´iniziativa personale ma frutto di valutazioni maturate all´interno della Dda. E comunque, dovremo andare in aula e poi vedremo cosa succederà».
Perplesso anche Antonio Ingroia, il sostituto procuratore che, insieme al collega Antonio Prestipino, ha insistito fino a ieri nel chiedere il non luogo a procedere per Mori e De Caprio. «È sicuramente un fatto senza precedenti - osserva Ingroia - non solo a Palermo ma credo anche in Italia. Non so come dovremo andare avanti. Certo, tra le cose ipotizzabili c´è che cambino i pubblici ministeri che rappresenteranno l´accusa in aula. Per noi, sarebbe difficile andare a rappresentare un´accusa alla quale non crediamo».
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