Da Corriere della Sera del 15/07/2005
Originale su http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/07_Luglio/15/finanza.shtml

Intervista a Loretta Napoleoni, esperta finanziaria della City

«Fermare il terrore? Bloccate i loro fondi»

I conti di Al Qaeda? «Sono nei pardisi fiscali. Ma nessuno dei leader mondiali fa abbastanza». Nuove forme di terrosrismo locale: «Operazioni a basso costo, i soldi servono per l'Iraq»

di Massimo A. Alberizzi

Approfondimenti / DOSSIER


 
L'unico paradisto del terrorista, quello "fiscale".

Il numero dei paradisi fiscali catalogati dagli Stati e dagli Organismi finanziari internazionali può variare da 40 a 80, a seconda dei criteri di valutazione seguiti nella classificazione. Il fenomeno offshore infatti si può presentare in varie forme, può essere più o meno esteso, e può riguardare anche Paesi membri dell'UE o dell'ONU. Una recente ricerca a livello europeo(Euroshore) coordinata dal prof. V. Uckmar ha diviso i 48 paesi analizzati in tre gruppi di "centri finanziari" in base al loro livello di prossimità agli Stati membri dell'Unione Europea : 1) Paesi che hanno particolari contatti di ordine geografico, politico ed economico con l'Unione Europea (Andorra, Monaco, Bermuda, Malta San Marino ecc.). 2) Economie in transizione, cioè giurisdizioni appartenenti all'ex blocco sovietico (Romania, Moldavia, Albania ecc.). 3) Giurisdizioni offshore esterne all'Unione Europea (Bahamas, Barbados, Macao, Malesia ecc.). Sette paradisi, tra i quali il Principato di Monaco, Andorra e Liechtenstein hanno apertamente dichiarato di non volersi adeguare alle disposizioni internazionali in materia di trasparenza.
LONDRA - «Per bloccare i terroristi occorre individuare i loro cespiti finanziari, ma nessuno dei leader mondiali si muove seriamente su questo terreno. Sarebbe necessario mettere sotto controllo i conti off shore, quelli cifrati sui quali girano milioni di dollari. Al vertice dell'Unione Europea, che si tenne a Nizza nel dicembre 2000, si discusse delle possibilità di vigilare sulle operazioni delle banche nei paradisi fiscali, con l'intento, alla fine, di smantellarli, ma il governo britannico smontò sul nascere ogni velleità. Il paradiso fiscale più importante non si trova in qualche isola sperduta nei Carabi, ma a Londra ». Loretta Napoleoni, economista monetaria, esperta di terrorismo, consulente del Dipartimento di Stato ha lavorato a lungo negli uffici più esclusivi della City. Poi ha studiato il terrorismo e i suoi aspetti finanziari. Ha cominciato con le Brigate Rosse, intervistando parecchi dei vecchi leader, ed è finita ad Al Qaeda. Oggi non ha dubbi: la lotta al terrore è superficiale e non va in profondità. Non colpisce, insomma, il cuore del problema. «Muscoli da una parte e intelligence dall'altra. Qualche attacco alle libertà democratiche con la scusa dell'emergenza, ma niente riforme strutturali, tanto più se sono economiche: si controllano le frontiere, si abolisce l'habeas corpus, ma sul piano finanziario, nulla», puntualizza.



La polizia nei sobborghi di Leeds dove abitavano i quattro kamikaze (Afp)
La struttura del terrorismo islamico sembra sia mutata dopo l'attentato del 2001 a New York.
«L'organizzazione degli attacchi dell'11 settembre alle Torri Gemelle ha richiesto un ingente quantitativo di denaro - spiega Loretta Napoleoni -. Quella era gente che viaggiava, si iscriveva a corsi di volo, alloggiava in alberghi e mangiava nei ristoranti. Era una multinazionale del terrore, con caratteristiche trasnazionali, che si spostava senza grandi difficoltà da un Paese all'altro. Ora c'è stata una mutazione. Gli attentati, come quello di Madrid o questo di Londra, sono organizzati in loco da gruppi spontanei che applicano un format, un modello, che si sta consolidando: colpire la mattina, nell'ora di punta, quando c'è tutta la giornata davanti, per permettere ai media di lavorare e proporre al pubblico atrocità e spettacolo. Il modello viene adattato alle esigenze locali: abitudini della gente, denaro a disposizione, disponibilità della comunità che ti dovrà accogliere dopo gli attentati».

L'attacco al cuore di Londra sembra costato poco denaro, dunque.
«Sì, le risorse finanziarie del terrorismo - quelle ingenti dei paradisi fiscali - sono tutte indirizzate alla guerra in Iraq. Quindi sembrano pochini i soldi per organizzare attentati ben studiati e preparati dal costo assai alto. Qui i terroristi siano ragazzi cresciuti in Occidente, che non hanno mai messo piede in Afghanistan e non hanno frequentato nessun corso particolare. Insomma sono quasi dei dilettanti che agiscono senza un ordine preciso, ma applicano il modello 11 settembre. I veterani ormai sono schedati e controllati e per loro è difficile muoversi senza farlo sapere al servizi segreti».

Quindi i vertici di Al Qaeda non sapevano nulla dell'attentato di Londra?
«Non credo proprio. Gli uomini di Al Zarqawi avevano appena rapito Ihab al-Sharif, ambasciatore egiziano a Bagdad. L'hanno giustiziato giovedì 7 luglio, subito dopo gli attentati. E' come se avessero voluto inserire la loro firma nella giornata del terrore. Per questo hanno rinunciato a tutti i riti cui ci hanno abituati: bollettini su internet, richieste impossibili da accettare, fotografie e video dell'ostaggio che implora pietà e invita il suo governo a cambiare politica. Operazioni di questo tipo una volta si programmavano. Ora no; sembra che tutto sia lasciato ai gruppi locali che possono agire come meglio credono».

A Lontra la stampa è stata tenuta lontana, il più lontana possibile dai luoghi degli attentati. All'inizio c'è stato un chiaro depistaggio, quando gli scampati al telefonino parlavano di bombe, mentre la polizia insisteva sul guasto elettrico prima e sullo scontro fra treni poco dopo.
«E' bene che le immagini non siano andate in giro; bisognava evitare il panico e le possibili manipolazioni. La reazione antislamica, di chi crede che tutti i musulmani siano terroristi, può essere molto pericolosa. Ma attenzione: quei filmati e quelle foto non devono scomparire. E' bene presentarle a freddo, quando la reazione può essere controllata. Il mondo comunque deve sapere cosa è accaduto».

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