Da LinonLine del 18/11/2005

Intervista a Taormina

Il presidente della Commissione di inchiesta fa il punto sulla vicenda alla vigilia della relazione finale

di AA.VV.

La giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e il suo cameraman Miran Hrovatin furono assassinati a Mogadiscio il 20 marzo del 1994. Undici anni fa. Anni in cui si è detto di tutto, tra indagini giudiziarie, inchieste giornalistiche, testimonianze, processi. Ora, la Commissione parlamentare di inchiesta, incaricata di fare luce sulla vicenda, è giunta alla parte finale del suo lavoro durato mesi. Il presidente della Commissione, Carlo Taormina, avvocato e deputato di Forza Italia, tira le conclusioni e racconta a linonline alcuni dei passaggi di questa lunghissima storia.




L'omicidio di Ilaria Alpi e di Miram Hrovatin avvenne in conseguenza di “un’aggressione che era stata organizzata almeno da un giorno nei confronti di occidentali” ma non fu “un’esecuzione” mirata specificamente alla giornalista del Tg3 e all'operatore. L’aggressione sarebbe stata “destinata al sequestro, ma i fatti andarono in maniera diversa”.
E’ quanto lei ha affermato, due giorni fa, commentando i risultati della perizia effettuata dalla polizia scientifica sulla Toyota a bordo della quale si trovavano i due al momento dell'attacco. Diversi commissari dell'opposizione, pur non contestando i dati scientifici risultanti dall'analisi tecnica, si sono dichiarati in disaccordo con le sue conclusioni. Non è la prima volta che lei sostiene questa versione dei fatti.

Non sono io che lo affermo, faccio solo la cronaca di quello che abbiamo accertato. Il rinvenimento dell’auto è servito a fugare qualsiasi possibile dubbio sulla dinamica dell’omicidio. Voglio ribadire che c’è stata, non soltanto la condivisione di questa ricostruzione, da parte del consulente dei signori Alpi, ma la condivisione espressa di tutti i componenti della Commissione. Mi sono preoccupato di dare il microfono a tutti, nel momento in cui abbiamo acquisito la perizia, perché dichiarassero espressamente il loro parere e tutti, nessuno escluso, hanno riconosciuto la insuperabilitá dei risultati della perizia, per cui, questo significa che, siccome i colpi risultano sparati almeno alla distanza di cinque metri, e che, essendo in movimento lo sparatore, siamo ad una distanza che possiamo valutare intorno ai 15-20 metri. Questo esclude nella maniera piú assoluta, l’idea che è stata inculcata, attraverso giornali, televisioni e film, che Ilaria Alpi sia stata uccisa con un colpo sparatogli in testa da un’arma corta a contatto. La seconda cosa che vorrei dire e mi rendo conto che susciterá molti problemi, è che Ilaria Alpi è stata colpita da un proiettile che è stato, diciamo cosí, di seconda battuta, perché Miran Hrovatin è stato ucciso per primo. E avendo Hrovatin abbassato la testa, rendendo libero lo spazio davanti al parabrezza, il secondo colpo partito è passato per il sedile ed è arrivato alla testa di Ilaria Alpi che, in quel momento, non era assolutamente visibile perché stava coricata sotto per nascondersi. Dunque, questa è la dinamica dei fatti.




Fu l’uomo della scorta dei due giornalisti a sparare per primo?
L’altro frammento certo è che l’uomo della scorta della Alpi è stato colui che ha sparato per primo. Quindi, questa raffica di colpi è stata una raffica di risposta. Come ho giá detto e come ribadisco, ció non significa che l’agguato non sia stato preparato nei confronti dei due giornalisti. L’agguato, infatti, è stato sicuramente preparato, con molta probabilitá addirittura dal giorno precedente, e se la raffica è stata sparata, in conseguenza del fatto che l’uomo della scorta sparó per primo, la macchina dimostra anche che non c’era una iniziale volontá omicida, che è sopravvenuta per questa ragione e che, quindi, l’agguato aveva per obiettivo, secondo le testimonianze che abbiamo raccolto, il sequestro dei due giornalisti. Da questo punto di vista, abbiamo le testimonianze di Carmen Lasorella, del generale Fiore (audizione in Commissione di inchiesta lo scorso 27 ottobre, ndr), dei giornalisti che erano presenti a casa di Marocchino, il giovedí precedente l’uccisione della Alpi e di Hrovatin, da cui risulta concordemente che tutti i giornalisti erano stati avvertiti, che per il malanimo nei confronti degli italiani, che se ne stavano andando, e nei confronti degli americani - che avrebbero lasciato armato solo il signore della guerra Aidid e non l’altro signore della guerra Ali Mahdi, che, invece, era stato disarmato – avrebbe portato al tentativo di un’azione violenta nei confronti di occidentali, meglio se giornalisti.




Ma Ilaria Alpi fu avvertita o no?
Della notizia che aveva avuto Marocchino e che comunicó a tutti i giornalisti presenti, quel giovedí, non potette avere notizia Ilaria Alpi perché stava a Bosaso in viaggio con il suo cameraman. Tuttavia, il martedí precedente, il generale Fiore incontró tutti i giornalisti, tra cui la Alpi che conosceva bene, e raccomandó a tutti grande cautela, mettendo a disposizione il contingente per ogni movimento che si fosse dovuto fare. Il generale Fiore avvertí che volevano ammazzare due giornalisti, che volevano fare un’azione dimostrativa. Perché giornalisti? Le voci sono di due tipi: occidentali e meglio se giornalisti perché naturalmente, attentare ad un giornalista, significava raggiungere una maggiore audience.

Dunque, il generale Fiore aveva allertato i giornalisti e messo a disposizione il contingente per tutti i movimenti.
Esatto, il martedí, giorno in cui la Alpi partí per Bosaso. Sono veritá incontestabili e non capisco l’atteggiamento di alcuni componenti della Commissione che mi accusano di aver anticipato, e non ho anticipato nulla perché l’ho sempre detto. Poi, basta prendere alcune interviste, come quella all’onorevole Deiana (Prc) o di De Brasi (Ds), che hanno riconosciuto quanto io in questo momento sto affermando. Siamo di fronte ad un dato certo, quello che abbiamo reso pubblico, attraverso la perizia sull’auto, e che risolve tutti i problemi e fa tornare tutti i conti. In questi dieci anni, deve essere chiaro che c’è stata una mistificazione sistematica, che c’è stata una rincorsa tra mass media e investigatori, imbeccati da vari personaggi del giornalismo, che si sono aggirati intorno a questa vicenda che hanno inserito una catena di montaggio incredibile di calunnie nei confronti di persone delle istituzioni, di privati cittadini. Calunnie che si infrangono di fronte ad una realtá cosí incontestabile. Tenendo presente che, dietro a tutte queste cose, ci sono interessi economici notevoli. L’informazione ha campato per dieci anni su queste cose. Abbiamo accertato, e trasmesso gli atti alla magistratura, che venivano fabbricate relazioni di servizio sulla base di dichiarazioni di presunte fonti confidenziali. Abbiamo individuato tali fonti, che hanno dichiarato di non voler piú essere fonti confidenziali, ma di voler essere testimoni, e come testimoni, hanno dichiarato di non aver mai detto le cose che hanno detto. Ci sono relazioni di servizio nelle quali si indicano nomi e cognomi di mandanti ed esecutori. Tutto inventato dal circuito mediatico giornalistico.

Perché tutto questo?
C’è una ragione politica. Il primo giorno dopo la sua uccisione, l’Unitá titolava che la Alpi doveva essere innalzata agli altari degli eroi italiani. Poi, è diventata una speculazione politica, una speculazione economica per chi ci ha lavorato sopra e la cosa piú grave è che sono stati strumentalizzati i genitori di Ilaria Alpi, i quali nonostante si trovino davanti alla macchina che dice che il colpo a contatto non è stato esploso, continuano a dire esattamente la stessa cosa, si rifiutano di partecipare a tutti i momenti importanti della Commissione, nonostante noi, per delicatezza, si provveda a citarli. Credo che abbiano anche avuto da ridire sul comportamento del loro consulente, il dottor Ciarella, il quale da tecnico serio, è venuto alla polizia scientifica, ha partecipato ai lavori e quando questi sono finiti, ha dichiarato di condividere metodo e risultati di questa inchiesta.




Il professor Antonio Ugolini, primo consulente della famiglia di Ilaria Alpi, recentemente sentito dalla Commissione, al tempo incaricato di effettuare una consulenza balistica sulla dinamica del fatto, ha affermato che “appena rientrato in Italia, sul corpo di Ilaria Alpi fu eseguita un'ispezione cadaverica presso la sala mortuaria del nuovo cimitero di Prima Porta alla presenza dei magistrati, di personale della Polizia Scientifica che eseguí i rilievi fotografici, nonché del consulente medico legale del pm, dottor Giulio Sacchetti”. Ugolini ha dichiarato che, in base a questa ispezione, risultó che “il colpo venne esploso con la canna pressoché a contatto e probabilmente premuta sul cuoio capelluto della giornalista”. C’è un evidente contrasto con quanto emerge oggi dai rilievi effettuali sulla Toyota.
La prima rilevazione fu fatta dal dottor Sacchetti appena arrivó il cadavere di Ilaria Alpi a Ciampino. Fu fatta subito l’ispezione e lui disse, insieme al dottor De Gasperi, il magistrato che aveva in carico questo processo il giorno in cui fu uccisa la Alpi, che sicuramente era un colpo a contatto e che non c’era neanche bisogno di fare l’autopsia. L’autopsia fu fatta due anni dopo dal pm Giuseppe Pititto che avvió una serie impressionante di perizie le quali prevalentemente conclusero che non si trattava di un colpo a contatto. Ma siccome le cose non andavano nel senso voluto dai genitori e da questo baraccone mass-mediatico, tutto ció veniva occultato. Abbiamo fatto una perizia e una tac di tutto il cadavere della Alpi e abbiamo trovato tutto quello che si sarebbe dovuto trovare dieci anni prima. Il problema è che il comunismo impera con la sua metodologia: bisogna continuare a dire sempre la stessa cosa, soprattutto, quando è una menzogna perché si arrivi ad una situazione tale per cui diventi un oltraggio dire la veritá. E’ esattamente questa la condizione in cui si trova la Commissione oggi. La Commissione ha raggiunto la veritá basata su elementi che tutti hanno riconosciuto incontestabili, ma bisogna continuare a dire il contrario, in modo tale che per altri dieci anni si dica il contrario, finché questo non sará considerato la veritá. Cosí come è accaduto nella vicenda di Ustica. Sono stato l’avvocato di quasi tutti i moltissimi imputati, e l’ultima perizia, fatta dal giudice Priore, ha concluso, senza possibilitá di formulare dubbi, che il Dc9 Italia, cadde perché esplose a bordo, esattamente nella toilette posteriore, una bomba. Furono addirittura trovate tracce dell’esplosivo nella toilette. Bene, leggendo il 99 per cento dei giornali, si troverá, nella migliore delle ipotesi, che, invece, non è stato chiarito se si tratta di una bomba a bordo o se si tratta di missili che hanno colpito l’aereo. Nei giornali ancora piú schierati a sinistra, si troverá che è stato accertato che furono i missili americani ad abbattere il Dc9 ad Ustica. Qui sta accadendo la stessa cosa. È stato fatto un accertamento, c’è una decisione giudiziaria, non va bene agli orientamenti politici della sinistra e conseguentemente si rimette in pista la menzogna.




E gli assassini?
Stiamo ancora lavorando all’individuazione degli assassini, del commando assassino. Abbiamo nomi e cognomi di questi assassini e abbiamo una persona, protetta dal Viminale come nostro collaboratore di giustizia, che ha dato prova, secondo la mia valutazione e non solo, di sinceritá e di indicazioni di cose vere. Tuttavia, non dico nulla fino a quando non avró gli elementi di riscontro.
Questo per dire come, su due fronti diversi della stessa vicenda, l’atteggiamento è naturalmente conseguente. Sbraitino pure, non mi fa nessuna impressione, se cercano di intimidire la maggioranza, non ci riusciranno.

Questi nomi fanno capo al fondamentalismo islamico?
Questo è un problema sul quale bisogna andare molto cauti. Che ci fosse un integralismo montante è circostanza dimostrata dal fatto che, nell’ottobre del ’94, abbiamo accertato (la Alpi muore il 20 marzo ’94), la costituzione ufficiale delle cosiddette corti islamiche. Conosciamo il capo delle corti islamiche e sappiamo tutto quello che è stato fatto, sappiamo che le corti islamiche presero i banditi che circolavano a Mogadiscio, e li fecero diventare poliziotti. È evidente che una situazione di questo genere, che si formalizza ad ottobre, non puó non avere dietro di sé un percorso e, quindi, una gestazione, per cui, come risulta da molte testimonianze, come risulta dalle informative del Sismi e del Sisde dell’epoca, il momento in cui fu uccisa Ilaria Alpi, c’era questo tipo di crescita della logica integralista. Da allora ad oggi, la situazione è diventata molto grave. Ci sono operazioni in corso proprio in queste ore, che denotano che l’obiettivo di far diventare la Somalia una repubblica islamica, sta conseguendo molti punti di successo. Il 31 prossimo, giú a Mogadiscio, c’è un referendum sulle questioni istituzionali, che si sono aperte con l’introduzione del nuovo governo e del nuovo parlamento somalo, e nei prossimi giorni si prevedono gravi disordini e morti, da parte dell’integralismo che si sta infiltrando nei gangli vitali della societá e che sta per presentare il conto, prima e dopo il referendum. Quindi, tornando ad Ilaria Alpi, allora, il contesto c’era. Una delle bande, quella che ha ucciso la Alpi, è certamente formata da quei banditi che poi sono stati “assunti”, da ottobre in poi, dalle corti islamiche. Peró, mi fermo qui. Il generale Fiore ha fatto una dichiarazione chiarissima, dicendo che, secondo la sua consapevolezza, quella era la provenienza.




Abbiamo giá parlato dell’imprenditore, Giancarlo Marocchino (in passato coinvolto in varie inchieste, sempre archiviate, per traffico di armi e rifiuti tossici), che avvertí quella sera i giornalisti del rischio di sequestri. Mi chiedo come facesse a sapere queste cose?
Quel giovedí, quando fu fatta la festa di compleanno di uno dei giornalisti, a casa di Marocchino, dove c’era anche Carmen Lasorella, la comunicazione che volevano uccidere due giornalisti e che, quindi, era meglio che se ne andassero, cosa che hanno fatto perché andarono a Nairobi, l’ha data proprio Marocchino. L’imprenditore è anche quello che raccoglie il cadavere di Ilaria Alpi. Nelle note false di cui ho parlato prima, nelle quali si diceva che fonti confidenziali indicavano alcune persone come mandati o esecutori, tra queste note (accertate false e, con voto unanime della Commissione, denunciati pubblici ufficiali e poliziotti alla magistratura), c’era proprio il nome di Marocchino. Quindi, nonostante quello che le ho detto prima, si è andati avanti in questa direzione. Non so se Marocchino sia un affarista senza scrupoli o cose del genere, ma anche se lo fosse e non ho elementi per dire sí o per dire no. Al contrario, la sinistra, per motivo esclusivamente politico, voleva che Marocchino fosse un uomo del Sismi, che, quindi, in raccordo con il Sismi, si sarebbe fatto parte dirigente per fare uccidere i due giornalisti perché avevano scoperto cose incredibili su vari settori sui quali non c’è stata mai chiarezza. Di scoperte di questo genere, non abbiamo trovato la minima traccia.




Di quali scoperte parla?
Di scoperte nel campo della cooperazione, dei rifiuti tossici, traffico di armi e cosí via. Non che non abbiamo trovato elementi di fatto, certamente il traffico d’armi era uno sport nazionale in Somalia, cosí come sappiamo, perché le inchieste della magistratura lo hanno accertato, che la cooperazione è stata una cattiva cooperazione e, quindi, speculazioni ce ne sono state a non finire. Abbiamo cercato anche di dare consistenza alla questione dei rifiuti tossici e radioattivi, ci abbiamo provato in tutti i modi, ci hanno provato anche altri, i quali hanno sbandierato sui giornali clamorose rivelazioni e clamorose scoperte. Li abbiamo portati davanti alla Commissione, giornalisti e non solo, per dirci cosa avevano trovato, ma dopo aver fatto tanta gran cassa sulla stampa, sono venuti davanti a noi, e ci sono i verbali agli atti, e hanno dovuto confessare di aver detto una serie di corbellerie e di stupiditá. Questa è la situazione. Inoltre, in quei giorni, Ilaria Alpi tutto faceva meno che indagini giornalistiche perché stava a Bosaso, insieme al suo cameraman, a prendere un po’ di sole, anche se, nel frattempo, qualche intervista l’ha fatta, come, per esempio, quella al sultano di Bosaso. In merito a quello che di tanto misterioso avrebbe scoperto, per cui sarebbe stata uccisa, non esiste nessuna traccia e nessun elemento. Anzi, esiste un elemento contrario, e cioè che non stavano a Mogadiscio, ma stavano a Bosaso: ci sono riprese di bagni al mare di lei e del suo cameraman, c’è qualche passaggio di interviste o di visite fatte, tra cui anche quelle ad alcune persone del porto di Bosaso, ma, oltre a questo, niente altro.




E allora i block notes scomparsi?
Anzitutto, tenga presente che abbiamo trovato presso la Rai, dopo dieci anni, in un cassetto di una dipendente, che non si sa a che titolo li abbia avuti e nemmeno ce lo ha chiarito fino in fondo, molti manoscritti di Ilaria Alpi.
Ma non si tratta di appunti scritti prima che la Alpi partisse per la Somalia?
Erano appunti scritti prima che lei partisse, ma sono rimasti stranamente chiusi, mentre contenevano informazioni molto importanti sulle cose sulle quali la giornalista aveva appuntato l’attenzione, tra cui la questione di mille 400 miliardi della cooperazione. Ma soprattutto abbiamo trovato, in questi cassetti, una lettera del capo di Africa Settanta, il quale, stava in Somalia e aveva rilasciato, a futura memoria, appunti in cui aveva ricostruito, giorno per giorno, tutto quello che aveva fatto Ilaria Alpi, con la esclusione di qualsiasi cosa che potesse in qualche modo portare a pensare che avesse scoperto l’inconfessabile. Bene, questa lettera è rimasta chiusa, dentro a questi cassetti, per dieci anni e i signori della Rai non si sono preoccupati minimamente di far pervenire queste cose, non dico alla Commissione parlamentare di inchiesta, ma alla magistratura che è stata sempre all’oscuro dei passaggi di quella settimana trascorsa dalla giornalista e dal suo cameraman in Somalia. Quindi, per questa oscuritá in merito a quello che la giornalista aveva fatto in quei giorni, si è dato adito a qualsiasi possibile ricostruzione, tra cui la ricostruzione che la Alpi avrebbe scoperto l’inconfessabile, che invece, non aveva mai scoperto.




Anche Giuliana Sgrena - giornalista del manifesto, rapita in Iraq e vecchia amica di Ilaria che andó a Mogadiscio subito dopo la sua morte - ascoltata in Commissione, ha escluso complotti per uccidere la Alpi e ha confermato quanto lei mi sta dicendo?
La Sgrena conferma esattamente quanto le sto dicendo e per questa ragione si è guadagnata l’odio della famiglia Alpi. Non è una storia di oggi, perché la Sgrena andó subito in Somalia a fare l’indagine e quando tornó confermó quello che le ho detto io. E c’è un passaggio interessante. Ci fu una trasmissione importante che fece Maurizio Costanzo, alla quale doveva partecipare anche la Sgrena, che, invece, per il contrasto con i signori Alpi, preferí, e lo ha dichiarato in Commissione, non andare, sapendo di non essere ben accetta.




Della vicenda, oltre alla Commissione da lei presieduta, si è occupata anche un’altra Commissione…
Quella era sulla cooperazione.




Poi, sulla vicenda ho letto che si sono svolti quattro processi. Mi puó ricordare quali?
Dal punto di vista dell’omicidio, c’è stato solo il processo che ha fatto la procura di Roma. Un procedimento penale era pendente anche, e stranamente, ad Udine, dove si fabbricavano quelle prove false di cui le ho parlato. Poi, c’è stata un’inchiesta ad Asti, non su Ilaria Alpi, ma sui traffici di rifiuti in cui ci fu qualche piccolo spezzone che riguardó la giornalista del Tg3, che fu trasmesso direttamente alla procura di Roma che non se ne preoccupó piú. Ancora, ci sono state due inchieste, ma sui rifiuti, senza riferimenti, anche se qualcuno ha provato a farli, e sono stati tutti smentiti: una alla procura di Paola e l’altra alla procura di Reggio Calabria.




Che c’entra la procura di Reggio Calabria? Lei ne parló nella famosa e contestata intervista al mensile Nigrizia, lo scorso luglio. C’era un’inchiesta calabrese sul traffico di armi e di rifiuti a cui fu collegata la giornalista del Tg3?
Sí. In seguito al sequestro di materiali, presso un certo ingegner Comerio, che sarebbe stato alla testa di navi che facevano traffico di armi. Nell’ambito di questa inchiesta, si disse, e lo disse anche un magistrato (che per questa ragione è stato denunciato alla procura della Repubblica di Roma, dalla Commissione), che dentro a questo materiale, rinvenuto presso Comerio, c’era anche il certificato di morte di Ilaria Alpi. Non so chi abbia inventato tale frottola, ma abbiamo fatto un accertamento alla procura calabrese, dopo le dichiarazioni del magistrato di Reggio che era venuto a dirci in Commissione, che aveva personalmente visto e trasmesso alla procura di Roma questa cosa. Il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria ha accertato che l’affermazione non corrispondeva a veritá, alla procura di Roma è stato accertato che mai nulla è stato trasmesso dalla procura di Reggio e, per questo, abbiamo investito l’autoritá giudiziaria romana dell’indagine sul magistrato.




Sempre nell’intervista a Nigrizia, si parla delle dimissioni di consulenti della Commissione, dei due giornalisti di Famiglia Cristiana…
I consulenti di Famiglia Cristiana si sono avvicinati alla Commissione, e io non ho mai avuto nulla da dire in contrario, cercando di dare un contributo ai lavori. Ci siamo resi conto che, non solo il contributo non portava mai da nessuna parte, ma che c’era un forte conflitto di interessi perché abbiamo accertato che c’era una rete di collegamenti che intrattenevano con persone incarcerate oppure fuori dal carcere. Persone che, sentite da noi, hanno formulato forti critiche nei confronti di questi giornalisti, che erano anche in collegamento con Udine, sia con la Digos della cittá, sia con la procura. Ricordo che la questura di Udine è stata quella per la quale è stata presentata denuncia, da parte della mia Commissione, per la falsificazione di quegli atti di cui le ho detto, sulla base di dichiarazione di presunti confidenti che, invece, hanno negato di aver fatto mai quelle dichiarazioni.




Ma qual è l’interesse della questura di Udine?
Questi sono i misteri d’Italia. C’era un circuito che ruotava in una sinergia continuativa tra informazione e investigatori, l’uno dava manforte all’altro e abbiamo accertato che i contenuti delle inchieste giornalistiche non corrispondono alla realtá e che i contenuti delle investigazioni, fatte ad esempio da Udine, non corrispondono alla realtá…
Ma come mai la Toyota sulla quale è stata uccisa la Alpi con il suo cameraman, è arrivata in Italia solo adesso?
Lo domandi alla procura di Roma. Noi abbiamo fatto una fatica infinita. Tra l’altro, abbiamo utilizzato anche persone e confidenti, di cui poi non ci siamo fidati e quindi abbiamo svolto un’indagine approfondita, partendo da un somalo che sta a Roma e che era stato all’origine il proprietario della macchina. Attraverso questo personaggio, siamo riusciti a scoprire dove la macchina era rinchiusa.

L’hanno tenuta nascosta per tutti questi anni?
A noi, la macchina risulta occultata.

La sua Commissione quando terminerá i lavori?
A febbraio.

A questo punto, dovete fare la relazione finale. L’opposizione ha polemizzato con lei, accusandola di conclusioni affrettate.
Peró, i componenti della Commissione non hanno detto ‘conclusioni non vere’, ma hanno detto ‘conclusioni affrettate’, che è un po’ diverso. Penso che, alla fine dei conti, non potrá che prevalere la ragione su undici anni di disinformazione, su teorie e tesi portate avanti e sfociate in premi letterari e giornalistici, che hanno puntato a dare ad Ilaria Alpi una evidenza nella storia del giornalismo di sinistra, giornalismo che, vorrebbero far intendere, solo puó fare questi sacrifici.

E i suoi rapporti con i signori Alpi?
Non li riesco a capire. L’altro giorno, ho fatto un comunicato stampa dicendo che Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, o meglio Miran Hrovatin, quello ucciso volontariamente, e Ilaria Alpi, sono stati i primi giornalisti italiani sui quali, abbiamo accertato, si volesse effettuare un sequestro per odio nei confronti del nostro paese. Il sequestro sarebbe stato certamente un gesto gravissimo da cui sappiamo che ancora oggi scaturisce l’uccisione degli ostaggi. E siccome non c’è dubbio che Ilaria Alpi stava in Somalia per adempiere al sacrosanto dovere di informazione e che, per antiitalianitá, ne fu tentato il rapimento e, nel tentativo di rapimento, fu addirittura uccisa con il suo operatore, credo che questa sia l’immagine che anche i genitori, e li ho invitati in questo senso, dovrebbero coltivare per onorare la memoria della figlia. Questo è il messaggio che vorrei dare. Tutto quello che è stato smentito e quello che è stato accertato, non sminuiscono minimamente la gravitá della situazione, non sminuiscono il sacrificio e l’immolazione che sono insiti nell’uccisione di questa giornalista.

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