Da La Repubblica del 26/09/2006

Una telefonata a "Chi l´ha visto" svela nuovi particolari sul suicidio del dirigente Telecom

Caso Bove, spunta un nuovo teste e la Procura accelera le indagini

Sarà risentito l´uomo che aveva assistito alla caduta dal viadotto

di Dario Del Porto

NAPOLI - L´inchiesta sulla morte di Adamo Bove riparte dall´ultimo testimone e da una telefonata a "Chi l´ha visto". Il pm Giancarlo Novelli, che indaga con l´ipotesi di istigazione al suicidio, vuole risentire l´uomo che ha sostenuto di aver visto, il 21 luglio scorso, il dirigente della sicurezza Telecom scavalcare il ponte della Tangenziale di Napoli e lanciarsi nel vuoto. Fino a ieri sera, insieme a quella del motociclista che aveva visto Bove cadere, era questa la ricostruzione più importante perché in grado, se confermata, di fugare i dubbi sugli ultimi istanti di vita del manager. Il teste, però, dopo aver rivelato a un familiare (un appartenente alle forze dell´ordine) di aver assistito al suicidio, ha manifestato una serie di titubanze e per questo potrebbe tornare in Procura. Ma ieri sera, nel corso della trasmissione "Chi l´ha visto" condotta da Federica Sciarelli, una donna ha telefonato in diretta sostenendo che il fratello, mentre si trovava a bordo di una Clio, ha visto Bove lanciarsi dal cavalcavia: «Si è gettato in un lampo», ha affermato. La donna ha specificato che il fratello non è stato ancora sentito dagli investigatori. Il pm Novelli è anche in contatto con i magistrati milanesi che indagano sul traffico di tabulati e potrebbe ascoltare nei prossimi giorni il protagonista principale di questa indagine, Giuliano Tavaroli, che di Bove era superiore gerarchico.
È stato già sentito invece il fratello gemello di Bove, Guglielmo, capo dell´ufficio legale Telecom, che ieri ha confermato a "Chi l´ha visto" i propri dubbi sulla tragica fine del manager: il punto dove è accaduto il fatto, ha ricordato «costituiva una deviazione importante dal percorso che Adamo avrebbe dovuto seguire. Era un´ora di grande traffico, circolavano molte auto. E obiettivamente, considerato che mio fratello aveva un rapporto difficilissimo con l´altezza, avrei trovato più logico, per quanto mi sembri improponibile una decisione del genere, che avesse potuto togliersi la vita in un altro modo». Bove, ha ribadito ancora una volta il fratello gemello, non era coinvolto il alcuna inchiesta e «non ha mai ceduto informazioni all´esterno». Ciò nonostante, ha aggiunto, «il suo nome è stato fatto circolare da persone precise, i cui nomi - ha concluso - ho fatto alla Procura di Napoli».

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