Da Corriere della Sera del 11/10/2006
Ha assaltato una banca a Roma. Condannato a 30 anni per la strage di Bologna, era in attesa della sentenza della Cassazione
Un'impronta tradisce Ciavardini Torna in cella l'ex terrorista nero
Arrestato per rapina. Gli inquirenti: gli servivano soldi per fuggire
Con quattro complici avrebbe portato via 15.000 euro da una banca. Nel 1980 uccise il giudice Mario Amato e l'agente Franco Evangelista
di Giovanni Bianconi
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ROMA — Sulla busta di plastica che conteneva la pistola usata per immobilizzare la guardia giurata c'era l'impronta del suo pollice sinistro. L'impronta ha fatto scattare l'accusa di rapina a mano armata, 15.000 euro portati via dalla filiale di una banca romana; e ieri l'arresto, motivato soprattutto con i trascorsi ricordati dal giudice: «Già condannato a pene elevate per attentato per finalità terroristiche, lesione, incendio e violazione di domicilio, per associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico nonché per reati specifici».
È la lunga fedina penale di Luigi Ciavardini, 44 anni appena compiuti di cui 17 passati in carcere, ex militante dell'eversione «nera», condannato per gli omicidi del giudice Mario Amato e del poliziotto Franco Evangelista (1980) e in attesa del verdetto finale sulla strage di Bologna; per quell'eccidio da 85 morti e 200 feriti manca ancora il sigillo della Cassazione. Se dovesse confermare l'ultima sentenza per Ciavardini si riaprirebbero le porte della galera e secondo gli investigatori potrebbe essere proprio questo il movente di quella rapina consumata con quattro complici ancora ignoti: mettere insieme un gruzzolo per scappare, magari all'estero, ed evitare la nuova detenzione. Quando scoppiò la bomba alla stazione di Bologna, il 2 agosto 1980, Ciavardini era un ragazzino di nemmeno diciott'anni, transitato da Terza posizione ai Nar, Nuclei armati rivoluzionari. Per lui è stato celebrato un processo per strage davanti al tribunale dei minori, separato da quelli in cui sono stati condannati i suoi «capi» di allora, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che per quell'attentato si proclamano innocenti. Come Ciavardini. Ma non è bastato. Gli ergastoli di Mambro e Fioravanti sono diventati definitivi, per lui l'altalena tra condanne e assoluzioni tipica di questi processi s'è fermata a una pena di trent'anni, sulla quale la Cassazione si pronuncerà a breve.
Con una moglie e tre figli a carico, l'ex ragazzino «nero» parla del passato con un certo distacco: «Non ho difficoltà a dirmi un assassino, ma non posso dirmi stragista» ha ripetuto in una recente intervista a La Stampa. «Vivo il presente in modo tranquillo — aggiungeva — ma sul futuro non mi faccio domande. Non posso permettermelo». Una sospensione in attesa degli eventi che — secondo gli elementi raccolti dalla polizia, mentre ancora non si conosce la versione dei fatti di Ciavardini che al momento dell'arresto non s'è mostrato sorpreso — non gli ha impedito di organizzare e partecipare ad almeno quella rapina. Investigatori e inquirenti sono portati a escludere l'autofinanziamento per un nuovo gruppo terroristico, più facile pensare al tentativo di risolvere qualche problema personale.
Del resto anche altri ex militanti dell'eversione di destra, una volta usciti di prigione, sono tornati dentro a causa di rapine dalle motivazioni più personali che politiche. Come fosse un'eredità degli anni di piombo, quando i «neri» non disdegnavano di «lavorare» assieme alla criminalità comune. Finita la stagione delle ideologie, l'ex Nar Massimo Carminati si ritrovò coinvolto nelle disavventure della banda della Magliana; nel 1994 Elio Di Scala detto «kapplerino», anche lui cresciuto alla scuola dei Nar, morì durante una rapina alla Banca di Roma. Nello stesso anni tre militanti dell'estrema destra anni Settanta si misero insieme con un ex «rosso», Giorgio Panizzari, per realizzare qualche colpo durante le ore di semilibertà. E quando nel 2002 un altro inquisito per la strage di Bologna, Gigi Cavallini, fu riarrestato con una pistola nello zainetto, il primo pensiero dei poliziotti andò ancora alle rapine.
EX MILITANTE DEI NAR
• LA PRIMA RAPINA
Nel 1979 Luigi Ciavardini, a 16 anni, entra in carcere
• GLI OMICIDI
L'anno dopo conosce i Nar di Mambro e Fioravanti. A maggio prende parte all'omicidio dell'agente Evangelista. Il 23 giugno, con Gilberto Cavallini, uccide il giudice Mario Amato.
Nel 1986 viene tirato in ballo per la strage di Bologna: è condannato in Appello nel 2002 a 30 di carcere
È la lunga fedina penale di Luigi Ciavardini, 44 anni appena compiuti di cui 17 passati in carcere, ex militante dell'eversione «nera», condannato per gli omicidi del giudice Mario Amato e del poliziotto Franco Evangelista (1980) e in attesa del verdetto finale sulla strage di Bologna; per quell'eccidio da 85 morti e 200 feriti manca ancora il sigillo della Cassazione. Se dovesse confermare l'ultima sentenza per Ciavardini si riaprirebbero le porte della galera e secondo gli investigatori potrebbe essere proprio questo il movente di quella rapina consumata con quattro complici ancora ignoti: mettere insieme un gruzzolo per scappare, magari all'estero, ed evitare la nuova detenzione. Quando scoppiò la bomba alla stazione di Bologna, il 2 agosto 1980, Ciavardini era un ragazzino di nemmeno diciott'anni, transitato da Terza posizione ai Nar, Nuclei armati rivoluzionari. Per lui è stato celebrato un processo per strage davanti al tribunale dei minori, separato da quelli in cui sono stati condannati i suoi «capi» di allora, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che per quell'attentato si proclamano innocenti. Come Ciavardini. Ma non è bastato. Gli ergastoli di Mambro e Fioravanti sono diventati definitivi, per lui l'altalena tra condanne e assoluzioni tipica di questi processi s'è fermata a una pena di trent'anni, sulla quale la Cassazione si pronuncerà a breve.
Con una moglie e tre figli a carico, l'ex ragazzino «nero» parla del passato con un certo distacco: «Non ho difficoltà a dirmi un assassino, ma non posso dirmi stragista» ha ripetuto in una recente intervista a La Stampa. «Vivo il presente in modo tranquillo — aggiungeva — ma sul futuro non mi faccio domande. Non posso permettermelo». Una sospensione in attesa degli eventi che — secondo gli elementi raccolti dalla polizia, mentre ancora non si conosce la versione dei fatti di Ciavardini che al momento dell'arresto non s'è mostrato sorpreso — non gli ha impedito di organizzare e partecipare ad almeno quella rapina. Investigatori e inquirenti sono portati a escludere l'autofinanziamento per un nuovo gruppo terroristico, più facile pensare al tentativo di risolvere qualche problema personale.
Del resto anche altri ex militanti dell'eversione di destra, una volta usciti di prigione, sono tornati dentro a causa di rapine dalle motivazioni più personali che politiche. Come fosse un'eredità degli anni di piombo, quando i «neri» non disdegnavano di «lavorare» assieme alla criminalità comune. Finita la stagione delle ideologie, l'ex Nar Massimo Carminati si ritrovò coinvolto nelle disavventure della banda della Magliana; nel 1994 Elio Di Scala detto «kapplerino», anche lui cresciuto alla scuola dei Nar, morì durante una rapina alla Banca di Roma. Nello stesso anni tre militanti dell'estrema destra anni Settanta si misero insieme con un ex «rosso», Giorgio Panizzari, per realizzare qualche colpo durante le ore di semilibertà. E quando nel 2002 un altro inquisito per la strage di Bologna, Gigi Cavallini, fu riarrestato con una pistola nello zainetto, il primo pensiero dei poliziotti andò ancora alle rapine.
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