Da La Stampa del 27/11/2002

Il giorno della memoria vittime da non dimenticare

di Luciano Borghesan

Scaricavano la pistola sulla testa di un uomo e dicevano «Uno in meno». In deliranti comunicati di rivendicazione le vittime diventavano ruoli, divise, servi dello Stato. «Colpirne uno per educarne cento». In nome delle sigle piu' disparate, i terroristi hanno stroncato vite, rovinato famiglie, hanno seminato la morte in un paese che aveva appena cominciato ad asciugarsi le lacrime per i caduti di due guerre mondiali.
Complessivamente dal 1969 al 1989 «i giustiziati» sono stati 429 (199 in stragi), i feriti circa 2000. Un massacro. E quando sembrava tutto finito (in coincidenza con il crollo del muro Est-Ovest), i terroristi sono tornati a uccidere. Massimo D'Antona, Marco Biagi. Storie simili, assassinii senza colpevoli, moventi da decifrare. Torino, domani, a Palazzo Civico, ricorda le sue vittime. A partire da Carlo Casalegno, il vicedirettore de La Stampa, ferito a morte dalle Br nel novembre 1977, il consiglio comunale commemorerà venti concittadini, lo farà volta per volta a venticinque anni dal tragico fatto. L'elenco s'inizia con l'agente di ps Giuseppe Ciotta (12/3/77), il presidente dell'Ordine degli Avvocati Fulvio Croce (1/10/77), lo studente Roberto Crescenzio (1/10/77). Ciotta fu ucciso da Prima Linea per rappresaglia nei confronti della polizia, ritenuta responsabile dalle Br della morte di un giovane durante una manifestazione.
Croce fu «condannato» perché il governo dell'Ordine forense assunse la difesa d'ufficio dei brigatisti rossi che avevano revocato il mandato ai loro avvocati di fiducia. L'Associazione italiana Vittime del terrorismo si batte da sempre per tenere desta la memoria. Il presidente stesso, Maurizio Puddu (ex consigliere comunale e provinciale dc), colpito alle gambe, e' rimasto menomato; il vicepresidente Giovanni Berardi ebbe il papa' Rosario (10 marzo '78), maresciallo di ps, ucciso sotto casa in occasione della riapertura del processone. Era guerra civile? «Quella - dice Berardi - e' solo gente che ha sparato a persone inermi: c'era di tutto, pazzi, ideologicizzati, ma anche prezzolati, pagati. Da anni predichiamo nel deserto per sapere la verita', per avere giustizia. Ringraziamo chi si attiva, il Comune che ha organizzato questa commemorazione, ma chiediamo allo Stato di insistere, di non mandare tutti a casa, di non dare la grazia anche a chi non la chiede. Gli omicidi di Biagi e D'Antona dimostrano che non si e' risolto nulla». In una lettera all'allora direttore de La Stampa, Arrigo Levi, il giornalista Casalegno scriveva: «Non ho mai creduto che i movimenti giovanili dell'autunno-inverno (1977) fossero genuinamente spontanei, anche se fondati su genuino e spontaneo malessere... Gli ultimi fatti (Roma e Bologna) confermano il sospetto... Ci vuole qualche esperto e qualche colonnello, se non generale, per condurre operazioni cosi' brillanti». Nel frattempo, in tutt'Italia, le procure hanno svolto miliardi di indagini, i tribunali hanno tenuto decenni di processi, le carceri si sono riempite di migliaia di «detenuti politici». Quasi seimila gli inquisiti per fatti di «lotta armata»; 4.200 sono stati incarcerati a seguito dell'accusa di «banda armata» o «associazione sovversiva».
Trecento hanno avuto pene con meno di 10 anni, oltre 3.100 piu' di 10 anni, quasi 600 più di 15 anni. Un totale di 500 secoli di galera fino ad oggi scontati. Dei 4.200, circa 210 sono ancora detenuti (tra cui 40 donne), parzialmente o totalmente. Tra loro 77 ergastolani. Duecento gli esuli in territorio straniero. Ci sono organizzazioni che chiedono di «Liberare tutti», lo slogan è «Sprigionare gli Anni Settanta per sprigionare la società».L'Associazione Vittime del Terrorismo e' contraria. Puddu e Berardi chiedono allo Stato e agli enti locali di dare sede istituzionale a chi e' morto per la democrazia, per la liberta', per la giustizia: «Ci serve una banca dati, un punto di riferimento che sappia archiviare i fatti, aggiornare le indagini, i processi, le condanne, i livelli i detenzione. Dobbiamo sapere e poter essere punto di riferimento dei familiari delle vittime e dei cittadini che vogliono conoscere la verità storica e processuale». Gli stanziamenti pubblici, sinora, sono irrisori. Domani, ore 10,30, in Sala Rossa, oltre alle autorità - il presidente del Consiglio comunale, Mauro Marino, il sindaco Chiamparino, i presidenti di Regione e Provincia, Ghigo e Bresso - interverranno anche Arrigo Levi, l'allora sindaco Diego Novelli e il direttore de La Stampa, Marcello Sorgi.

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