Da Corriere della Sera del 05/03/2007

Pace fredda in Ulster Divisi a scuola e al pub ma insieme al governo

Cattolici e protestanti vanno al voto per la svolta

di Guido Santevecchi

BELFAST — Gli Eroi di Shankill Road non sono ancora stanchi. Un manifesto sulla porta della loro associazione Protestante, Lealista, Unionista annuncia che venerdì c'è il ballo annuale. «Si comincia a bere qualcosa alle sette e poi si va avanti per tutta la notte. La musica è dei Conflict
». Nome bellicoso, come la gente di questa strada di Belfast che ha vissuto in uno stato di conflitto troppo a lungo per poter dimenticare. C'è una grande lapide in un giardino per quel pomeriggio del 1993 quando due uomini entrarono nella pescheria Frizell's per una consegna: erano due dell'Ira e avevano una bomba per far fuori i capi dell'Uvf, il gruppo paramilitare protestante, che si dovevano riunire al piano di sopra. La riunione era stata spostata, la bomba uccise nove persone che compravano il pesce. Sulla facciata di una casa una grande scritta sullo sfondo di una bandiera del Regno Unito: «L'Ulster rimarrà per sempre britannico. Non ci arrenderemo».
A mezzo chilometro in linea d'aria c'è Falls Road, la strada dei Cattolici, Nazionalisti, Repubblicani. Qui sventola il tricolore della Repubblica d'Irlanda. In cento metri si contano una dozzina di lapidi incastonate nei muri delle case: «In memoria di... assassinato dal Ruc». La sigla della Royal Ulster Constabulary, la polizia. Poi un
mural con un guerrigliero incappucciato e accanto la scritta: «Cento ragioni per non arruolarsi nella polizia».
Anche se il resto dell'Europa pensa che ormai, dopo l'accordo del Venerdì Santo 1998 tutto sia finito, trent'anni di Troubles
e 3.700 morti hanno scavato un fossato duro da scavalcare. Dal 2002 l'Assemblea dell'Irlanda del Nord, nel Castello di Stormont, è deserta. Deputati protestanti e cattolici si sono rifiutati di lavorare insieme. Qualche mese fa il governo di Londra e quello di Dublino hanno detto che ne avevano abbastanza, hanno costretto il Democratic Unionist del vecchio reverendo Ian Paisley e il Sinn Fein di Gerry Adams a firmare l'ultima intesa. Paisley, che gridò al Papa «tu sei l'Anticristo», ha promesso di andare al governo con i cattolici. Adams, che ai tempi dell'Ira considerava i poliziotti «bersagli da abbattere», ha annunciato che i cattolici riconoscono la legittimità della nuova polizia dell'Ulster.
Mercoledì ci sono le elezioni. Poi, se le parti manterranno la promessa, il 26 marzo al Castello di Stormont sarà formato il governo di coalizione con Paisley premier e Martin McGuinness del Sinn Fein vice. «Speriamo; troppe volte i politici irlandesi hanno trasformato vittorie in sconfitte» dice al Corriere il ministro britannico per l'Ulster Peter Hain.
Per vedere i candidati ai 108 seggi bisogna andare al mercato. Tra i banchi si parla anche di tasse (da abbassare, tutti d'accordo) e di privatizzazione dell'acqua (da evitare, tutti d'accordo). Discutere di programmi spiccioli è un buon segno. O forse una finzione, perché il problema resta sempre la storia di odio e sangue tra le due comunità.
Al mercato di St George, nel centro di Belfast, c'è un grande stendardo con una stella e la scritta «Police Service Northern Ireland». La nuova polizia, quella che deve ricostruire la fiducia tra i gruppi, quella alla quale anche i cattolici dovranno credere. Gli agenti hanno portato opuscoli, matite e gomme colorate da regalare: spiegano alle scolaresche il fascino di una carriera in polizia. «Arruolandovi vi divertirete e aiuterete l'Ulster», dice un ufficiale. I ragazzi sembrano scettici, St George è zona cattolica. «Sì, qui era dura per noi fino a pochi anni fa, sassate e bottiglie molotov», ammette l'ufficiale. E ora? «Ora la gente comincia a parlarci, non ci vedono più come la polizia dei protestanti, ci chiamano per risolvere problemi».
Ma i numeri sono ancora preoccupanti: solo un poliziotto su cinque è cattolico, nonostante il cambiamento di nome dalla odiata Ruc alla Psni.
A Shankill Road, il vecchio cimitero protestante è deserto sotto la pioggia. Ci sono solo due agenti che salutano cortesi e continuano il loro giro apparentemente senza senso tra pietre tombali coperte di muschio. Ma lo scopo c'è: lunedì nel settore cattolico, qualcuno ha lanciato vernice gialla contro le tombe di Kieran Doherty, uno dei dieci dell'Ira morti con Bobby Sands nello sciopero della fame del 1981 e di altri tre Provisional dell'Ira uccisi dagli agenti dell'antiterrorismo che li avevano inseguiti fino a Gibilterra.
Si è molto parlato del rinascimento di Belfast. In centro tra i negozi eleganti si riconoscono i turisti. Migliaia di americani l'anno scorso hanno pagato per vedere le strade dei Troubles
con i murals di guerra cattolici e protestanti. Il valore delle case è salito del 36 per cento nel 2006.
Ma a Shankill Road e Falls Road si ha la sensazione di due comunità povere, segregate e chiuse nel loro rancore storico.
I corrispondenti locali dei giornali inglesi sono più ottimisti. Loro hanno visto gli anni delle bombe e degli agguati quotidiani. Spiega David McKittrick dell'Independent: «Prima a Falls Road circolavano solo le jeep dell'esercito britannico con i fucili puntati contro i tetti per timore dei cecchini dell'Ira. Ora si vedono i 4x4 delle mamme che portano i bambini a scuola». C'è da sperare che McKittrick abbia ragione, almeno nel lungo periodo. Ma a proposito di scuole, tra le elementari e le medie ce ne sono solo 61 miste, che hanno non più di 18 mila alunni. Il resto dei 320 mila studenti nordirlandesi vanno a lezione divisi secondo la fede. I loro padri vanno in pub divisi, in mercati divisi, anche in uffici postali divisi. Se è vero che nella City di Belfast è tutto un rifiorire di attività commerciali e che i grandi affari non guardano se uno è cattolico o protestante, i dati dicono che l'80 per cento del milione e seicentomila nordirlandesi vivono in aree definite «comunità con singola identità». Tradotto: quartieri, villaggi, paesi segregati, spaccati in due da muri di rancore e sospetto.
«Qui c'è stata pulizia etnica, l'ipotesi migliore è che finiscano divisi in pace», dice John Kampfner, direttore della rivista di sinistra New Statesman,
venuto da Londra per decidere se l'Irlanda del Nord della devolution edel power sharing,
il governo di unità nazionale, potrà essere l'eredità migliore di Tony Blair.
Con le due comunità che ancora fanno fatica a parlarsi, bisogna continuare ad ascoltare i muri. Un segno di speranza su un manifesto vicino all'Hotel Europa, che nei trent'anni dei Troubles
si è fregiato del titolo di «albergo più bombardato del continente». È la pubblicità di una commedia teatrale brillante: «The History of the Troubles according to my da». Se si comincia a ridere della storia, forse siamo davvero a un passo dall'inizio del futuro.

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