Da L'Ora del 29/05/1972

Delitto Tumino

Legittima suspicione per l'istruttori del delitto Tumino?

di Giovanni Spampinato

Sarà trasferita per legittima suspicione ad un magistrato non siciliano l'istruttoria sull'assassinio dell'ingegnere ragusano Angelo Tumino, freddato da un assassino ancora ignoto la sera del 25 febbraio con un colpo di pastola sparato a bruciapelo alla fronte?

Nessuna notizia né "ufficiosa" né tanto meno ufficiale, è venuta in questo senso dalla procura della Repubblica di Ragusa, a cui i Carabinieri, che sotto le sue direttiva hanno condotto le indagini, hanno rimesso, a due mesi di distanza dall'omicidio, il voluminoso dossier contenente i risultati di decine di interrogatori e dei vani sopralluoghi in contrada Ciarbèri, a pochi chilometri da Ragusa, dove il corpo senza vita del noto professionista fu rinvenuto il giorno dopo.

Anzi, sembra che l'orientamento della Magistratura sia molto diverso. Si ha l'impressione che si proceda verso l'archiviazione dell'intera pratica.

La domanda però se la pone l'opinione pubblica, ancora scossa, a tre mesi dalla tragedia, dall'efferatezza del crimine, e perplessa di fronte al prolungarsi infruttuoso delle indagini, che non hanno portato né ad un fermo né tantomeno all'arresto dell'assassino.

La gente a Ragusa si chiede se il provvedimento non sarebbe quanto meno opportuno, per fugare i dubbi residui che ha suscitato la posizione in cui si è venuto a trovare Roberto Campria, il figlio del Presidente del Tribunale di Ragusa a lungo e ripetutamente interrogato dal magistrato inquirente subito dopo il delitto.

Il giovane Campria era molto amico dell'ingegnere ucciso.

Al magistrato doveva chiarire una serie di strane circostanze che facevano nascere sospetti sul suo conto. Pare tra l'altro che Roberto Campria fosse l'unica persona che sapeva con notevole anticipo che Tumino avrebbe dovuto recarsi in quella località di campagna dove fu trovato cadavere (doveva prelevare un vecchio mobile: l'ingegnere si occupava da qualche tempo di antiquariato.

CCampria doveva anche spiegare per quale motivo si trovasse, dopo il ritrovamento del corpo, a casa dell'ucciso in compagnia del figlioletto dell'ucciso (aveva le chiavi di casa).

Il corso che hanno preso fin dall'inizio le indagini, invece di fugare i dubbi dell'opinione pubblica, li hanno rafforzati. Si è avuta l'impressione che si seguisse una sola pista, quella dell'antiquariato, trascurando le altre (molti parlano di una questione di donne, una sorta di regolamento di conti per uno "sgarbo" mal digerito).

Sembra strano, ad esempio, che il benzinaro presso cui l'ingegnere Tumino aveva fatto rifornimento, poco prima di essere ucciso, sia stato messo a confronto con una sola persona, per identificare l'uomo che sedeva nel sedile posteriore della NSU Prinz del professionista (nella vettura mancava il sedile anteriore destro, che Tumino aveva tolto).

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