Da Archivio '900 del 22/02/2012

A 20 anni da Tangentopoli. Qualcosa è cambiato?

di Gavino Pala

Apertura dell’anno giudiziario 2012, intervento del presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino: “Illegalità, corruzione, malaffare sono fenomeni ancora notevolmente presenti le cui dimensioni presumibilmente sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce.” Tanto che per poter combattere il fenomeno, ed è sempre Giampaolino a dirlo, “bisognerebbe fare quello che è stato fatto contro la mafia: costruire un momento di lotta”.
Nel 2011 si sono registrate 566 condanne per i funzionari pubblici, e cresce in maniera evidente il danno erariale, più di 350 milioni di euro. Ma ci sono dati ancora più allarmanti, come i 60 miliardi di euro l’anno legati alla corruzione, secondo stime della Funzione Pubblica, mentre l’anno scorso sono arrivate condanne per 75 milioni di euro. Poi ci sono le consulenze, spesso “assegnate per obiettivi personalistici” (come afferma il Procuratore generale aggiunto, Maria Teresa Arganelli)
L’analisi, purtroppo, quasi non fa notizia, visto che i dati sono simili a quelli dell’anno precedente. A fare notizia è, soprattutto, che l’intervento avviene il 17 febbraio, anniversario di Tangentopoli.
Era il 17 febbraio del 1992, vent’anni fa, quando il capitano dei carabinieri Roberto Zuliani arresta Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio e dirigente milanese del Partito Socialista Italiano, con l’accusa di concussione per una tangente di 7 milioni di lire (la metà di una tangente che il presidente del Pio Albergo Trivulzio aveva chiesto) presa da un giovane imprenditore, Luca Magni. Era stato lo stesso Magni, stanco di dover pagare tangenti per poter lavorare, ad incastrare Mario Chiesa. A dirigere le operazioni era il sostituto procuratore di Milano Antonio Di Pietro.
Da quel 17 febbraio prese il via una delle più grandi indagini della storia repubblicana che fece scoprire la corruzione del sistema politico-finanziario italiano fatto di corruzione, concussione, finanziamento illecito ai partiti. Un pool di magistrati venne incaricato di seguire le indagini che portarono ad arresti, anche eccellenti, ma non solo. Venne colpito l’intero arco costituzionale, tanto che i partiti al potere in quei giorni, dal Partito Socialista alla Democrazia Cristiana e al Partito Comunista, oggi non esistono più, defunti proprio perché rappresentavano il malaffare nelle istituzioni.
Sarebbe difficile raccontare quello che è avvenuto dopo l’arresto di Mario Chiesa, limitiamoci a dare qualche dato, tratto dall’ultimo lavoro di Barbaceto, Gomez e Travaglio su Mani Pulite (Chiarelettere): “L’inchiesta Mani Pulite … ha prodotto circa 1300 dichiarazioni di colpevolezza, fra condanne e patteggiamenti definitivi.” Scrivono i tre giornalisti, che aggiungono “ La percentuale di assoluzioni nel merito (cioè di imputati risultati estranei ai fatti) si aggira tra il 4 e il 5 per cento. I restanti altri, circa il 40 per cento degli indagati, si sono salvati grazie alla prescrizione, a cavilli procedurali o a modifiche legislative su misura”.
Il dibattito intorno a Mani Pulite e a quella stagione politica non si è mai fermato, dividendo commentatori e giornalisti. È stato l’attacco della magistratura contro la politica, o meglio i partiti, o il lavoro di un gruppo di magistrati che ha scoperto che prendere tangenti e farsi finanziare illegalmente era diventato l’unico modo di fare politica? Per far capire la distanza tra le due tesi, basterebbe ricordare come viene ancora descritto Bettino Craxi, per qualcuno è morto esule dal suo Paese, per altri era solo un latitante.
Alcuni dei protagonisti della politica di allora, malgrado tutto, non sono usciti dalla scena e siedono in parlamento.
E vent’anni dopo? L’intervento del presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino descrive un paese non molto dissimile da quello di vent’anni fa. L’ultimo a finire sulle pagine dei giornali è l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, accusato di aver rubato ingenti quantità di soldi dalla cassa del partito ormai scomparso (sciolto nel 2008 per dar vita, insieme ai DS, al Partito Democratico). Il senatore, cacciato dal partito, aveva già ammesso, e provato a patteggiare, di essersi appropriato di 13 milioni di euro, ma una nuova indagine si sta concentrando su altri 20 milioni. Qualcuno in questi giorni, paragonando l’operato di Lusi agli anni di tangentopoli, ha sottolineato che una volta i politici rubavano per il partito, oggi rubano al partito.
Ma nell’ultimo anno sono tanti i politici finiti sotto la lente della magistratura, come il Democratico Filippo Penati. L’ex presidente della provincia di Milano è indagato per concussione e corruzione a Monza. Ma anche Franco Cristiani, vicepresidente della Regione Lombardia, è finito in manette, arrestato per corruzione dai carabinieri nel novembre dello scorso anno. E sempre in Lombardia è accusato di concussione anche l’ex assessore alla regione Massimo Ponzoni.
La soluzione al dilagare della corruzione, potrebbe essere l’approvazione del decreto anticorruzione anche se il governo ha fatto intendere di rimandare l’approvazione di alcune settimane perché, come spiega il Ministro Severino: “Bisognerà studiare la formula giusta per potere portare i giusti cambiamenti e l’apporto costruttivo del Governo. E’ escluso il ricorso alla decretazione.”
Ma, prima di trovarsi in questa situazione, che per anni ha compromesso anche lo sviluppo economico, bastava ratificare la convenzione anticorruzione dell’Unione Europea firmata nel 1999.

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