Da La Repubblica del 20/03/2006
Decisione del sindaco Albertini. La vedova del commissario Calabresi: i partiti abbiano la forza di evitare nuove laceranti polemiche
Milano, sostituita la lapide per Pinelli
"Morto innocente", non ucciso.I vecchi compagni:torni anche l´altra targa
di Luca Fazzo
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MILANO - La lapide era lì da più di trent´anni. Nel 2004 l´avevano restaurata perché il tempo l´aveva scolorita come i ricordi della stagione terribile cui si riferiva: la strategia della tensione, la strage di piazza Fontana, la nascita del terrorismo. Per i milanesi era divenuta un elemento del paesaggio, e chi passava davanti alla Banca dell´Agricoltura nemmeno ci faceva più caso. Alle quattro del mattino di sabato scorso, una squadra di operai mandati dal sindaco Albertini smonta la vecchia lapide e ne piazza un´altra al suo posto. Poche ore dopo la giunta comunale ratifica la pensata del sindaco. E a Milano esplode la polemica.
Era la lapide che ricordava Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico, volato dal quarto piano della Questura di Milano la sera del 16 dicembre 1969, quattro giorni dopo il massacro di piazza Fontana. La nuova lapide, quella collocata col favore delle tenebre, è quasi identica a quella vecchia. Cambia la firma: invece che «gli studenti e i democratici milanesi» c´è lo stemma del Comune di Milano. E poi cambiano due parole, pesanti come il marmo su cui sono incise. Pinelli continua a essere un «ferroviere anarchico», continua ad essere «innocente». Ma la parola «ucciso» non c´è più. Pinelli, è «morto tragicamente» dice la nuova lapide: senza sbilanciarsi sulla natura di questa morte tragica, se suicidio, malore, incidente, come nelle tante verità ufficiali affastellate a botta calda in quei giorni del 1969, prima che il giudice istruttore Gerardo D´Ambrosio concludesse definitivamente per una caduta accidentale provocata dallo stress di un interrogatorio duro ed interminabile.
Per Gabriele Albertini, il sindaco che ha voluto lo scambio di lapide, era un atto dovuto: quella parola "ucciso" era un oltraggio alla memoria di Luigi Calabresi, il poliziotto che interrogava Pinelli, e che per l´accusa di avere ucciso Pinelli fu per tre anni linciato sui giornali dell´ultrasinistra e poi - dopo che la magistratura lo aveva prosciolto da ogni accusa - ammazzato alle spalle. Ma nelle reazioni suscitate dall´iniziativa notturna del sindaco non c´è l´esigenza di tutelare la memoria di Calabresi che viene contestata, quanto le modalità della sostituzione e soprattutto i suoi tempi: quasi di nascosto, in una città surriscaldata dalla vigilia elettorale, ancora intenta a ricucire le ferite della guerriglia di nove giorni fa, e dove di benzina getta sul fuoco non si sentiva la mancanza.
«So già che la spaccheranno», dice il vicesindaco Riccardo De Corato (An). Gli anarchici milanesi rispondono che a spaccare la lapide nemmeno ci pensano, ma che giovedì andranno a piazzarle accanto una con il vecchio testo: quella che c´era fino a venerdì, se il Comune la restituirà, oppure ne faranno una nuova. «Le due lapidi possono convivere benone», dicono. Gli eredi di Pinelli sono gente pacata e seria, nulla a che fare con le furie degli anarco-insurrezionalisti che l´altro sabato hanno messo a sacco corso Buenos Aires: e quindi è più che probabile che giovedì tutto fili liscio, con le bandiere nere e le canzoni, "Addio Lugano bella" e quella "Ballata del Pinelli" che a botta calda riassumeva in versi la convinzione di molti: «Se un compagno c´è stato ammazzato - per coprire una strage di Stato...»
Ma cosa faranno gli altri, il popolo degli irriducibili e delle teste calde, nessuno lo sa. E la preoccupazione di molti la fa propria anche Gemma Calabresi, la vedova del commissario assassinato: che non vede «motivo di scandalo» nella decisione della giunta, che ricorda come la magistratura abbia escluso che Pinelli fosse stato ucciso, ma che si augura che «le forze politiche tutte abbiano la forza e il coraggio per evitare nuove laceranti polemiche». A chi, nella riunione di giunta convocata apposta per l´affare lapide, gli chiedeva il perché di tanta fretta, Gabriele Albertini spiegava che è imminente l´anniversario dell´uccisione di Calabresi, e che era giusto che la targa oltraggiosa sparisse prima di allora: ma alla ricorrenza, in realtà, mancano quasi due mesi.
Era la lapide che ricordava Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico, volato dal quarto piano della Questura di Milano la sera del 16 dicembre 1969, quattro giorni dopo il massacro di piazza Fontana. La nuova lapide, quella collocata col favore delle tenebre, è quasi identica a quella vecchia. Cambia la firma: invece che «gli studenti e i democratici milanesi» c´è lo stemma del Comune di Milano. E poi cambiano due parole, pesanti come il marmo su cui sono incise. Pinelli continua a essere un «ferroviere anarchico», continua ad essere «innocente». Ma la parola «ucciso» non c´è più. Pinelli, è «morto tragicamente» dice la nuova lapide: senza sbilanciarsi sulla natura di questa morte tragica, se suicidio, malore, incidente, come nelle tante verità ufficiali affastellate a botta calda in quei giorni del 1969, prima che il giudice istruttore Gerardo D´Ambrosio concludesse definitivamente per una caduta accidentale provocata dallo stress di un interrogatorio duro ed interminabile.
Per Gabriele Albertini, il sindaco che ha voluto lo scambio di lapide, era un atto dovuto: quella parola "ucciso" era un oltraggio alla memoria di Luigi Calabresi, il poliziotto che interrogava Pinelli, e che per l´accusa di avere ucciso Pinelli fu per tre anni linciato sui giornali dell´ultrasinistra e poi - dopo che la magistratura lo aveva prosciolto da ogni accusa - ammazzato alle spalle. Ma nelle reazioni suscitate dall´iniziativa notturna del sindaco non c´è l´esigenza di tutelare la memoria di Calabresi che viene contestata, quanto le modalità della sostituzione e soprattutto i suoi tempi: quasi di nascosto, in una città surriscaldata dalla vigilia elettorale, ancora intenta a ricucire le ferite della guerriglia di nove giorni fa, e dove di benzina getta sul fuoco non si sentiva la mancanza.
«So già che la spaccheranno», dice il vicesindaco Riccardo De Corato (An). Gli anarchici milanesi rispondono che a spaccare la lapide nemmeno ci pensano, ma che giovedì andranno a piazzarle accanto una con il vecchio testo: quella che c´era fino a venerdì, se il Comune la restituirà, oppure ne faranno una nuova. «Le due lapidi possono convivere benone», dicono. Gli eredi di Pinelli sono gente pacata e seria, nulla a che fare con le furie degli anarco-insurrezionalisti che l´altro sabato hanno messo a sacco corso Buenos Aires: e quindi è più che probabile che giovedì tutto fili liscio, con le bandiere nere e le canzoni, "Addio Lugano bella" e quella "Ballata del Pinelli" che a botta calda riassumeva in versi la convinzione di molti: «Se un compagno c´è stato ammazzato - per coprire una strage di Stato...»
Ma cosa faranno gli altri, il popolo degli irriducibili e delle teste calde, nessuno lo sa. E la preoccupazione di molti la fa propria anche Gemma Calabresi, la vedova del commissario assassinato: che non vede «motivo di scandalo» nella decisione della giunta, che ricorda come la magistratura abbia escluso che Pinelli fosse stato ucciso, ma che si augura che «le forze politiche tutte abbiano la forza e il coraggio per evitare nuove laceranti polemiche». A chi, nella riunione di giunta convocata apposta per l´affare lapide, gli chiedeva il perché di tanta fretta, Gabriele Albertini spiegava che è imminente l´anniversario dell´uccisione di Calabresi, e che era giusto che la targa oltraggiosa sparisse prima di allora: ma alla ricorrenza, in realtà, mancano quasi due mesi.
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