Da La Repubblica del 24/11/2005

La fine dello scontro con l´Urss e l´arrivo sulla scena di al Qaeda costringono il Pentagono a rivedere la propria presenza militare all´estero

Addio all´ultima base della Guerra Fredda

Una sede vecchia e indifesa, ora l´America punta su Vicenza e Sigonella

di Gianluca Di Feo

Fare la guerra al terrorismo con i sottomarini nucleari costa troppo. E può addirittura diventare pericoloso. Soprattutto alla Maddalena, dove le condizioni di sicurezza contro un attacco di kamikaze sono inesistenti: «La carenza di difese del porto sardo - ha scritto il comando della Marina americana dopo l´11 settembre 2001 - è la situazione più grave che abbiamo in Europa. Bisognerebbe demolire tutto e ricostruire dalle fondamenta». Ecco perché la flotta statunitense lascerà presto le acque della Sardegna. Oggi quella base non è più strategica: il futuro è in Sicilia e in Veneto. A Sigonella, dove si concentreranno mezzi e commandos molto più utili per dare la caccia ad al Qaeda in tutto il bacino del Mediterraneo. E a Vicenza dove vengono potenziate le infrastrutture per i paracadutisti della 173ma brigata, l´unità che sta conducendo le operazioni più difficili in Iraq e Afghanistan. E che - come ha dichiarato il generale James L. Jones - nei prossimi mesi diventerà «una forza da combattimento ancora più grande che può essere schierata rapidamente dovunque».
Gli americani hanno messo gli occhi sulla Maddalena all´inizio della loro politica di potenza. Nel 1822 mandarono una squadra di velieri nel Tirreno per sfidare i pirati berberi di Algeri e chiesero ai Savoia di gettare l´ancora lì. Ma è con la Guerra fredda che la posizione diventò preziosa per fronteggiare la sfida di Mosca. Un altro mondo: i sommergibili sovietici si infilavano nel Mediterraneo, minacciando il fronte Sud della Nato. Il piccolo arcipelago era una fortezza naturale, che forniva una barriera di scogli contro le incursioni e le spie subacquee. Quella stessa protezione che adesso è diventata un problema: per entrare nel porto i colossi degli abissi devono fare lo slalom tra fondali di granito. Basta una distrazione per sfiorare la catastrofe: è successo il 25 ottobre 2003 quando l´Hartford ha rischiato di schiantarsi davanti alle coste di Caprera: il sottomarino nucleare ha subìto danni gravissimi. Negli anni Ottanta, poi, alle trappole del mare si è aggiunto anche il boom della Costa Smeralda: provate a immaginare una missione top secret che deve prendere il largo tra gommoni e yacht, con il rischio di speronare comitive di gitanti. Infine è arrivata al Qaeda: nessun radar potrebbe distinguere un motoscafo imbottito di tritolo da quello di una famiglia in vacanza: l´allarme rischierebbe di scattare troppo tardi. E in presenza di materiale nucleare, un attacco potrebbe avere conseguenze devastanti.
Che fare? Il Pentagono ha cercato di difendere la Maddalena dai terroristi e dai tagli di bilancio. Ha chiesto fondi per ricostruirla da zero. «Le caserme e i magazzini risalgono agli anni Settanta, il personale vive in condizioni disagiate. Non ci sono case per le famiglie e gli affitti richiedono cifre enormi. Tutti gli edifici sono in condizioni non recuperabili: conviene raderli al suolo e ricostruirli. Mancano i depositi, le tutele ambientali sono carenti. I moli vanno allargati». Insomma, non si salva nulla: tranne l´invidiabile barriera di granito delle tre isolette. L´Us Navy ha chiesto soldi. Ha ottenuto subito una manciata di milioni per le misure antiterrorismo e ha presentato una corposa lista della spesa per rifare tutto in sei anni. «È una base irrinunciabile», aveva spiegato pochi anni fa al Senato di Washington Edmund Gianbastiani, capo di tutti i sottomarini. Intanto i battelli nucleari della classe Los Angeles, nati per stanare i mostri d´acciaio sovietici nello stile di "Caccia all´Ottobre rosso" e poi riconvertiti a lanciare missili Cruise contro gli "stati canaglia", venivano chiamati a nuovi compiti: dalla Sardegna partivano verso le coste del Maghreb o le sponde atlantiche dell´Africa a cercare rifugi di al Qaeda. Una missione per la quale si possono comodamente usare sommergibili con motori diesel, infinitamente meno costosi: ogni battello nucleare della Maddalena costa invece al contribuente Usa 35 milioni di euro l´anno. Troppo. Perché la guerra in Iraq sta risucchiando tutte le risorse e non si può più sprecare nulla. E adesso gli Usa rinunceranno alla piazzaforte del Tirreno. Non sarà una grande perdita. Anche perché in realtà alla Maddalena non c´è nessuna base. Non ci sono colossali bunker sotterranei o caverne per nascondere i sottomarini: le uniche strutture sono quelle caserme "da demolire". Tutto il resto è su un gigantesco arsenale galleggiante, la Emory Land: una nave più grande di una corazzata dove c´è ogni genere di officina e di pezzo di ricambio, dalla carta igienica alle testate atomiche. Quando il Pentagono deciderà di dire addio alla Maddalena basterà ordinare alla Emory Land di salpare. E tutto potrà ricominciare in un altro golfo.

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