I contrasti nella colonna romana

Documento aggiornato al 25/02/2004
Nel corso del sequestro Moro nella colonna romana delle BR si manifestarono acute contraddizioni. Un gruppo di brigatisti facenti capo a Valerio Morucci e Adriana Faranda, che già avevano avanzato riserve sull'opportunità dell'operazione Moro per la sua separazione dalla "dinamica della conflittualità sociale" (1) si adoperò per correggere l'impostazione iniziale. Costoro si fecero sempre più esplicitamente portatori di una linea che avrebbe dovuto saldare la capacità di mobilitazione delle organizzazioni dell'Autonomia. Sostennero conseguentemente una gestione del sequestro che aprisse spazi al terrorismo diffuso e per ottenere questo risultato si schierarono a favore della trattativa diretta al riconoscimento del partito armato come soggetto politico e interlocutore dello Stato.
I termini del contrasto divennero poi sempre più aspri fino alla uscita dalle BR del gruppo, le cui posizioni divennero note con la pubblicazione, su Lotta Continua del 25 luglio 1979, del documento che ne spiegava le motivazioni.
"La cosa certa - sostenevano i "dissenzienti" - è che il MPRO (Movimento popolare di resistenza offensivo, n.d.C.) deve sempre più abbandonare il terreno degli attentati dinamitardi notturni e conquistare un terreno di pratica guerrigliera su cui far crescere la sua ricchezza, la sua creatività e le sue possibilità di aggregazione ricomposizione"... "ma l'O. (l'organizzazione n.d.C.) pratica in continuazione esorcismi, affermando che senza partito il MPRO è frammentario e ambiguo, ma non facendo nulla per dargli questo partito"... "quando l'avanguardia del proletariato, per incapacità di adattamento alle mutate condizioni dello scontro di classe, spinge la sua linea e la sua pratica su una tangente che, allontanandosi dalle esigenze del movimento proletario, gli si rivolge addirittura contro, bene, a questo punto è compito di ogni rivoluzionario adoperasi per una riconversione della linea e della forma organizzativa che attuano una tale distorsione".
Le tesi del documento e le posizioni sostenute per una diversa gestione del sequestro coincidevano con quelle di un gruppo di dirigenti del disciolto Potere Operaio, il professor Franco Piperno e l'ingegner Lanfranco Pace in particolare. Tale circostanza e il comportamento complessivo di Morucci e Faranda convinsero più tardi i dirigenti della colonna romana delle BR dell'esistenza, da lungo tempo, di un canale di comunicazione tra i dissenzienti da una parte e Piperno e Pace dall'altra.
Dopo la pubblicazione su Pre-Print dell'articolo di Piperno sulla "geometrica potenza" venne convocata la direzione della colonna romana delle BR nel corso della quale si contestò a Morucci che la linea esposta da Piperno fosse quella che egli "portava avanti dentro l'organizzazione". L'articolo costituiva la prova che le posizioni di Morucci non erano posizioni maturate nell'organizzazione ma provenivano dall'esterno.
I brigatisti che hanno riferito sui rapporti tra Piperno-Pace e Morucci-Faranda hanno indicato una serie di circostanze specifiche. Peci ha ricordato che durante il sequestro Moro il settimanale l' "Espresso" pubblicò una serie di notizie che, per la loro esattezza e veridicità, provenivano certamente dall'interno delle BR: nel numero del 26 marzo 1978 si dava notizia dell'uscita, da tempo, dalle BR di Corrado Alunni e Susanna Ronconi, dell'entità dello stipendio dei regolari e del fatto che ogni spesa doveva essere accuratamente documentata.
Nel numero del 2 aprile il giornalista Mario Scialoja firmava un articolo nel quale si affermava che Moro non aveva confessato nulla di ciò che le BR avrebbero voluto fargli dire, soprattutto sul ruolo dello Stato e della DC nella strategia della tensione, e in particolare nella strage di Piazza Fontana.
Nel numero del 9 aprile lo stesso giornalista faceva riferimento ad un documento interno alle BR dal titolo "bozza di discussione del Fronte della controrivoluzione". Nel numero del 23 aprile lo Scialoja parlava di un contrasto all'interno delle BR, tra esponenti della colonna romana e di quella genovese. "Faccio notare - ha precisato Peci - che, all'epoca, capo della colonna genovese era Rocco Micaletto il quale aveva manifestato chiaramente la necessità della linea più intransigente... cioè, aveva sempre detto chiaramente che era per l'esecuzione di Moro".
Di fronte a notizie così precise i brigatisti si posero il problema di quali fossero le fonti informative di Scialoja e pervennero, secondo le dichiarazioni di Peci, al "convincimento che tali fonti si identificassero in Morucci e Faranda con la probabile intermediazione di Piperno ... ".
Dopo l'uscita del gruppo Morucci, all'interno delle BR venne promossa una campagna di orientamento - della quale hanno parlato Savasta e Galati - diretta ad esprimere riprovazione nel confronti di Pace e Piperno, perché avevano tentato di egemonizzare le BR e contro i brigatisti dissenzienti in quanto erano stati gli strumenti della manovra. Da parte dei brigatisti si cercò di riportare il rapporto Piperno-Morucci ad un periodo ben precedente il sequestro Moro. Galati riferisce che Moretti gli confidò di essere stato consapevole, fin dal momento dell'ingresso di Morucci e Faranda nelle BR, che i due erano portatori di una linea politica diversa ispirata da Piperno: la loro richiesta di adesione venne accolta perché essi rappresentavano l'ala più forte di Potere Operaio e dell'Autonomia a Roma (1).
Lo stesso Morucci ha diffusamente esposto alla Commissione l' "anomalia- della colonna romana delle BR nel cui interno "è vissuta questa doppia anima, cioè un'anima legata alla tradizione dell'organizzazione e una legata alle differenze specifiche della situazione romana e ai militanti che questa situazione aveva espresso".
L'accusa rivolta da diversi brigatisti a Lanfranco Pace di aver fatto parte dal '77 al '78 - "Pace c'era prima del sequestro Moro, forse all'inizio, durante non lo so", ha dichiarato Savasta alla Commissione - della brigata servizi della colonna romana dovrà essere vagliata dall'Autorità giudiziaria: peraltro è assai indicativa della continuità tra l'entourage di Piperno e una parte dell'organizzazione brigatista della capitale.
Sempre dopo l'uscita del gruppo Morucci i dirigenti della colonna romana promossero un incontro, che ebbe luogo in un bar, con Piperno e Pace. Nei loro confronti i brigatisti mossero la contestazione di aver gestito dall'esterno una linea che si voleva imporre all'organizzazione, e accusarono Morucci e Faranda di aver portato con sé le armi, tra le quali la Skorpion usata negli assassini di Coco e di Moro, e che costituiva "patrimonio della rivoluzione".

(1) Vedi deposizione Morucci in Commissione il 3 febbraio 1983.
 
Cos'� Archivio900?
�Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realt� � una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere)�... [Leggi]
Rassegna personale
Attualmente non hai selezionato directory degli articoli da incrociare.
Sponsor
Contenuti
Dossier
Finestre sul '900 italiano
Biblioteca
• Emeroteca
• Mediateca
Indice dei nomi
Indice delle sigle
Elenco delle fonti
Notizie dalla storia
• Cronologia '900
Citazioni
• Parole chiave '900
Directory degli articoli
News
Download area
Link
Collabora con noi
Notizie dalla storia
Notizie dalla storia
Community
• Forum
Elenco degli utenti

Sono nuovo... registratemi!
Ho dimenticato la password
• Sono già registrato:
User ID

Password
Network
Newsletter

iscriviti cancella
Suggerisci questo sito

Attenzione
I documenti raccolti in questo sito non rappresentano il parere degli autori che si sono limitatati a raccoglierli come strumento di studio e analisi.
Comune di Roma

Questo progetto imprenditoriale ha ottenuto il sostegno del Comune di Roma nell'ambito delle azioni di sviluppo e recupero delle periferie

by Mondo a Colori Media Network s.r.l. 2006-2024
Valid XHTML 1.0, CSS 2.0