L'intervento di Daniele Pifano

Documento aggiornato al 25/02/2004
Uno dei leaders più noti dell'Autonomia romana, Daniele Pifano, esponente del "collettivo Policlinico" e del "Circolo dei Volsci" (dal nome della via del quartiere San Lorenzo in Roma nella quale si trovava la sede), incontrò la mattina di venerdì 5 maggio il dottor Claudio Vitalone, all'epoca applicato in qualità di Sostituto alla Procura Generale della Repubblica di Roma. Pifano, dopo aver espresso un giudizio critico sulle BR ma anche sul comportamento intransigente del Governo, manifestò l'opinione che la liberazione anche di uno solo dei tredici detenuti indicati dalle BR potesse consentire la soluzione della vicenda. Precisò che si trattava di una sua "intuizione" non avendo contatti con le BR. Aggiunse che se il dottor Vitalone fosse stato in grado di perorare la tesi dello scambio avrebbe potuto cercare di verificarne l'inaccettabilità da parte dei rapitori.
Nella stessa giornata Pifano telefonò per due volte al dottor Vitalone fissando infine per le 18 un nuovo incontro, nel corso del quale disse di aver saputo, attraverso l'interposizione di varie persone, che le BR ritenevano praticabile la sua "intuizione" e cioè che erano disposte ad accettare la liberazione anche di uno solo della lista dei tredici, in cambio della liberazione dell'onorevole Moro. Occorreva pertanto attivarsi.
Il dottor Vitalone informò il Procuratore Generale perché venisse verificata coi magistrati torinesi la possibilità di un provvedimento di libertà personale, e si mise in contatto col ministro di Grazia e Giustizia, Bonifacio; ma questi ribadì l'impossibilità di qualsiasi cedimento al ricatto brigatista.
Alle 22.30 Pifano chiamò nuovamente al telefono il dottor Vitalone, e questi gli riferì l'impossibilità di liberare alcuno dei tredici. Avendo il dottor Vitalone cercato di indurlo a porre l'autorità giudiziaria in condizione di arrivare a quelle persone con le quali egli mostrava di poter dialogare, Pifano ribadì di non aver contatti diretti con le BR e di essere solo impegnato ad evitare un grave errore politico quale l'uccisione dell'onorevole Moro.
L'indomani, 7 maggio, vi fu un nuovo incontro e Pifano propose un gesto di buona volontà da parte dello Stato: l'abolizione dei vetri divisori per i colloqui nelle sezioni di massima sicurezza delle carceri. Questo gesto avrebbe incoraggiato e rafforzato la minoranza brigatista che - secondo un'altra " intuizione" di Pifano - era contraria all'esecuzione dell'ostaggio. Il dottor Vitalone si impegnò a riferire la richiesta e aggiunse che una lettera dell'onorevole Moro indirizzata al Procuratore Generale avrebbe rafforzato la sua richiesta. Pifano promise di adoperarsi in tal senso e disse che la decisione sulla sorte dell'onorevole Moro era stata rinviata a mercoledì 10 maggio.
I rapporti tra il magistrato e il leader autonomo non ebbero altro seguito.
Va segnalato che Pifano ha affermato in un intervista che fu il dottor Vitalone a sollecitare il primo incontro, mentre quest'ultimo ha dichiarato alla Commissione di essere stato contattato da Pifano la mattina di venerdì 5 maggio. Va sottolineato anche che Pifano - che peraltro si è rifiutato di rispondere alla Commissione - si muoveva in un contesto politico e ambientale singolarmente coincidente con quello di Pace e Piperno e del gruppo minoritario della colonna romana. Sulla base di quanto reso noto dal dottor Vitalone si può ipotizzare che un gruppo consistente dell'Autonomia romana avrebbe compiuto un atto politico assai significativo muovendosi di propria iniziativa per sollecitare l'avvio della trattativa facendo balenare la possibilità di salvare l'ostaggio.
Occorre ricordare che il dottor Vitalone ha dichiarato di non aver fatto deporre Pifano per evitare conseguenze negative sulla sorte dell'ostaggio. Ha dichiarato, altresì, di non aver disposto il pedinamento sia per la difficoltà di seguire un personaggio come Pifano, sia per le insufficienze degli organi di polizia nei compiti investigativi, sia, infine, per il rischio che una mossa falsa potesse far precipitare la situazione. Gli apparve tuttavia chiaro che Pifano non aveva poteri da far valere.
 
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