L'origine dei primi sospetti

Documento aggiornato al 25/02/2004
L'ipotesi che il criminale agguato di via Fani fosse il frutto di una azione combinata dei brigatisti rossi italiani e di terroristi stranieri fu subito avanzata da più parti.
Apparivano tra l'altro evidenti talune analogie tra il sequestro e l'uccisione dell'onorevole Moro e la tragica vicenda del Presidente degli industriali tedeschi Hans Martin Schleyer, sequestrato ed ucciso sei mesi prima ad opera della RAF, sia per le modalità dell'agguato, sia per il macabro sistema usato per la riconsegna del corpo della vittima. Era certo cioè che le Brigate Rosse avevano almeno adottato taluni moduli operativi sperimentati dalla Rote Armee Fraktion.
Inoltre, a far nascere il sospetto di un concorso di elementi stranieri, più che il rinvenimento sul luogo della strage di una borsa di fabbricazione tedesca, da cui alcuni aggressori avevano estratto pistole mitragliatrici, era stata l'affermazione secondo cui, nel corso dell'operazione sarebbero stati impartiti ordini in tedesco, mentre un uomo notato in un bar di via Stresa un'ora prima dell'agguato, si sarebbe espresso in italiano, ma con forte accento tedesco (1). L'ipotesi sembrava ulteriormente avvalorata dalla spettacolare organizzazione dell'agguato, dal perfetto disimpegno di tutti i protagonisti, dalla spietata freddezza degli assassini, tutti elementi che inducevano a ritenere che l'operazione fosse opera di individui di mentalità ed esperienza diverse da quelle nostrane.
Lo stesso giorno la televisione austriaca dava quasi per certa la partecipazione all'agguato di via Fani di terroristi tedesco-occidentali, tra cui due donne ricercate ed un certo Christian Klar. Tuttavia si trattava, come avveniva frequentemente in quei giorni, di notizia destinata a non avere alcun seguito.
Anche i nostri servizi di sicurezza, alla riunione del Comitato tecnico-operativo presso il Ministero dell'Interno, fecero riferimento alla presenza di stranieri in via Fani come ad un fatto quasi certo. Forse inconsciamente si dava così all'opinione pubblica una spiegazione dell'inopinato avvenimento e una giustificazione per gli organismi che non erano riusciti a prevenire un così grave delitto.
Il 18 aprile il Ministro dell'interno austriaco, in una conferenza stampa sul terrorismo, indicò la Svizzera come sede di una centrale di collegamento dei gruppi eversivi europei.
Fu anche accertato che il materiale bellico proveniente da una serie di furti operati dall'Anarchistiche Kampforganization (A.K.O.) ai danni dell'esercito elvetico, dal 1972 al 1974, era stato trasportato in Italia ed in Germania ed, in effetti, fu poi rinvenuto in covi rispettivamente delle Brigate Rosse e della banda Baader Meinhoff.
Sempre il 18 aprile nel covo di via Gradoli furono rinvenute due targhe automobilistiche tedesche nonché documenti di identità provenienti da uno stock sottratto al Comune di Sala Comacina, lo stesso da cui provenivano le carte di identità trovate in Germania in possesso della terrorista Elisabeth Von Dick, implicata nel sequestro Schleyer, e dell'altro appartenente alla banda Baader Meinhoff, Rolf Meissler.
 
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