02. Capire quel 16 marzo

Commissione Parlamentare - Relazione Minoranza MSI

Documento aggiornato al 04/01/2005
Sono stati gli americani, sono stati i russi, sono stati i servizi di sicurezza italiani; oppure: era giusta la "fermezza" o la "trattativa"?
Il delitto Moro, come vicenda umana e politica, può ridursi alla ricerca del complotto internazionale ed alla polemica tra i sostenitori dell'una o dell'altra "linea"? Sarebbe un'analisi riduttiva. Così come quella che vorrebbe far risalire l'inefficienza e la impreparazione dei Servizi segreti e delle Forze dell'Ordine, mai così evidenziate come nei 54 giorni del sequestro, alla sola vicenda P2.
Il 16 marzo 1978 non nasce all'improvviso. Viene da lontano. E'- stato preparato, anzi tessuto giorno per giorno dalle mani di un abilissimo artiere che si impossessa della politica italiana, la trasforma inventando strategie nuove e un apposito linguaggio sofisticato per costruire quel nuovo modello di Principe rinascimentale che è al centro di tutto e dal quale tutto discende e dipende. Il Principe, non lo Stato.
Partire da lontano, capire questa trasformazione, significa capire quel 16 marzo, e il significato che ha avuto la drammatica vicenda nella vita di tutti noi.
I dettagli, le interpretazioni degli avvenimenti nel corso dei 54 giorni sono troppo noti per suscitare ulteriore interesse. Noi ci accostiamo a questa moderna tragedia greca, le cui conseguenze sono ancora in movimento, con animo diverso, sgombro da preoccupazioni propagandistiche o demagogiche. Saranno i democristiani e i comunisti a perdersi in quella congerie di compromessi che è la relazione di maggioranza, tutta tesa - dopo mille rifacimenti - ad esaltare la "linea della fermezza" (stare fermi, immobili come torri) come la unica e doverosa, e a demolire la "linea della trattativa" ritenuta come una "Caporetto" tra l'altro non praticabile; e sarà il PSI a difendere quest'ultima con quello spirito "umanitario" che ricorda la tradizione socialista dell'"inutile strage" e del "non più un Natale in trincea".
Noi vogliamo tentare di capire, prima di tutto, perché è potuto accadere. I giudici hanno condannato chi ha assassinato Aldo Moro; nessuno condannerà mai, se non Dio e la storia, chi lo ha lasciato morire, anche se ne fossero evidenti le responsabilità. E, comunque, sarebbe difficile sottrarre la tesi e l'antitesi - fermezza o salvezza - all'accusa di parzialità e di interesse politico. Purtroppo è mancata quella fermezza che conduce alla salvezza. Fermezza e salvezza sarebbero coincise se fosse davvero esistito lo Stato. Se i termini del problema e dei ricatto fossero stati rovesciati: o restituite Moro entro 24 ore o ai terroristi, cominciando da Curcio e compagni che vantano di averlo preso, saranno applicate le leggi penali militari di guerra.
Si è preferito subire, non dichiarare - secondo legge - lo stato di emergenza per fronteggiare i terroristi e metterli con le spalle al muro; ci si è seduti su una "fermezza" passiva che è quanto di più miserevole si possa immaginare, al pari di una "linea umanitaria" priva di reali contenuti umani e capace solo di annullare i residui valori morali della società.
Aldo Moro non ha perdonato. "Nemini parco" è scritto significativamente sul cancello del cimitero di campagna dove Moro è sepolto: e questo ammonimento diventa l'anatema che colpisce, perseguita e sconvolge la DC: "non assolverò e non giustificherò nessuno... non creda la DC di avere chiuso il suo problema, liquidando Moro. Io ci sarò ancora come un punto irriducibile di contestazione e di alternativa, per impedire che della DC si faccia quello che se ne fa oggi". (Lettera 24 aprile 1978 a Zaccagnini). 16 marzo 1978: fine di un'epoca.
Se si saprà capire la lezione della storia il sangue di Aldo Moro non sarà stato vano.
 
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