Processo Moro I grado

Nota introduttiva

Documento aggiornato al 04/01/2005
La fase dibattimentale del primo processo viene preparata da due distinti procedimenti istruttori, "Moro 1" e "Moro bis". La prima istruttoria viene affidata dalla Procura di Roma, dopo numerose polemiche sulla conduzione iniziale e tentativi di 'avocazione', ai giudici Cudillo, Gallucci, Amato, Priore e Imposimato. Quest'ultimo sara' responsabile anche della seconda, che si rende necessaria per gli elementi di prova acquisiti dopo l'inizio di "Moro 1", in particolare per le informazioni che vengono date dai 'pentiti'.
La "Moro 1" e' composta di trentadue volumi, divisi in centinaia di fascicoli, per decine di migliaia di pagine che riguardano dettagliatamente gli eventi relativi al sequestro dell'onorevole Moro e alla sua uccisione. Vi sono gli "Atti generici" con centinaia di testimonianze, referti di autopsie, tra cui quella di Moro, i "Documenti tecnici" con perizie balistiche e analisi di esperti, "Trascrizioni di nastri", "Trascrizioni di conversazioni telefoniche", "I testimoni", tant'altro fino alla "Requisitoria" e alla "Sentenza". Il 13 dicembre 1979, il procuratore Guasco riassunse in circa 200 pagine le risultanze dell'istruttoria.
La "Moro bis" e' composta di soli due volumi e 672 pagine: le ricostruzioni, che riguardano molte azioni della colonna romana oltre il sequestro Moro, si arricchiscono adesso delle voci dei brigatisti 'pentiti', ma si tratta di vagliare la loro attendibilita', a cui comunque Imposimato sembra credere in buona misura.
Il caso fu portato in aula, a istruttorie concluse, il 14 aprile 1982, nella palestra del Foro Italico a Roma, presidente Severino Santiapichi, giudice a latere Antonio Abbate, pubblico ministero Niccolo' Amato. Sfilarono alcuni 'pentiti' come Savasta, Peci, Brogi e alcuni 'dissociati' come Maj, Andriani, Spadaccini. Ma nessuno di loro, benche' qualcuno avesse svolto dei ruoli di secondaria importanza prima e durante i cinquantacinque gioni, fu in grado di fare luce sugli accadimenti. Poi fu la volta, il 19 luglio, di Eleonora Moro. La sua testimonianza, asciutta e forte, convinse la Corte della necessita' di ascoltare la classe politica che aveva gestito la risposta dello Stato al rapimento di Moro. La Corte, dopo una breve sospensione, si sposto' cosi' a palazzo San Macuto, il 20 settembre 1982, dove intanto si stava svolgendo l'inchiesta parlamentare sul caso Moro. Vennero sentiti Andreotti, Craxi, Signorile. Poi, sul banco dei testimoni sfilarono nuovamente brigatisti che avevano rotto con la loro organizzazione, Buonavita, Fenzi, e altri politici.
Il 20 dicembre il pubblico ministero Amato lesse la sua requisitoria. Amato chiese trentaquattro ergastoli e piu' di 1000 anni di carcere per i 58 imputati. Il 24 gennaio 1983 il presidente Santiapichi lesse la sentenza, in cui venivano comminati trenta ergastoli e 316 anni di reclusione. Oltre a varie considerazioni, sulla natura rivoluzionaria delle Brigate Rosse e della contiguita' di cui avevano goduto, sull'inesistenza di un 'complotto', sul fallimento delle indagini, i giudici pensano di avere comunque ricostruito la 'dinamica' reale del rapimento di via Fani.
 
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