4. La fase finale dell'esperienza delle BR

Dalla relazione della Commissione Parlamentare sul Terrorismo.

Documento aggiornato al 24/02/2006
Le considerazioni che precedono inducono pertanto la Commissione a segnalare, anche come compito proprio, la necessità di maggiori approfondimenti indagativi, che abbiano ad oggetto la fase finale dell’esperienza storica delle BR, cui più direttamente si riallacciano le nuove insorgenze.
Tale approfondimento indagativo appare opportuno, atteso che la storia delle BR, dalla loro fondazione almeno fino al sequestro Dozier, può dirsi sufficientemente conosciuta, per come ricostruita in sede giudiziaria, anche e soprattutto utilizzando la collaborazione di molti dei suoi protagonisti, ed in seguito arricchita dall’ampia memorialistica, cui alcuni di essi si sono dedicati (anche se ovviamente non mancano zone di opacità e di dubbio, che in particolare si addensano sul sequestro e l’omicidio di Aldo Moro).
Così non è, invece, per la fase successiva, in particolare per quella che seguì la ritirata strategica del 1982. Le tappe della stessa, alla stregua della ricostruzione operata in sede investigativa e giudiziaria, possono essere sinteticamente ricostruite come segue.
Nel corso del 1982 le BR, duramente colpite sia militarmente che politicamente, annunciano la "ritirata strategica". La disfatta è totale tanto che, anche al loro interno, si verifica una frattura:
vi è una prima posizione che si colloca all’interno del filone brigatista e che vede la centralità della lotta armata nel portare avanti il processo rivoluzionario. La strategia è ancora una volta rappresentata dall’attacco al cuore dello Stato e dalla "propaganda armata";
la seconda posizione è più sfumata, tiene conto della dura lezione subita e della necessità di porre riparo agli errori commessi, ponendo cioè una maggiore attenzione ai tempi da dare alla ritirata strategica ed al processo rivoluzionario, che richiedono gradualità e prudenza.
All’interno della prima posizione nascono le BR-PCC, della seconda, le UCC.
Le UCC si rendono responsabili del ferimento del capo dipartimento economico della Presidenza del Consiglio Da Empoli (21 febbraio 1986) e dell’assassinio del generale Licio Giorgieri (20 marzo 1987). Risultano coinvolti nelle indagini relative all’omicidio: Francesco Maietta, Claudia Gioia, Maurizio Locusta, Paolo Cassetta, Daniele Mennella, Claudio Nasti, Fabrizio Melorio e Gerardina Colotti.
Appartengono viceversa alla storia delle BR-PCC i seguenti crimini.
Il 27 marzo 1985, in Roma le BR-PCC commettono e rivendicano l’omicidio del professor Ezio Tarantelli (un intellettuale, la cui figura per settore e modalità di impegno politico-sociale fortemente richiama quella di Massimo D’Antona). Rispondono dei fatti Barbara Balzerani, Giovanni Pelosi ed Antonino Fosso. Quest’ultimo resterà coinvolto anche nell’assassinio di Lando Conti.
Il 10 febbraio 1986 in Firenze viene assassinato Lando Conti. Del crimine vengono accusati Antonino Fosso, già coinvolto nell’omicidio Tarantelli, Fabio Ravalli e Maria Cappello (poi accusati dell’omicidio Ruffilli), Michele Mazzei e Marco Venturini. Il 14 febbraio 1987 avviene la sanguinosa rapina di via Prati di Papa a Roma, sempre ad opera delle BR-PCC.
Il 16 aprile 1988 viene eseguito l’omicidio di Roberto Ruffilli (ancora una volta un intellettuale – come più tardi D’Antona – fortemente impegnato in un progetto di riammodernamento delle istituzioni del Paese). Seguirà la condanna di Stefano Minguzzi, Franco Grilli, Fabio Ravalli e Maria Cappello, Tiziana Cherubini, Franco Galloni, Rossella Lupo, Antonio De Luca, Vincenza Vaccaro, Marco Venturini. La Giorgieri, al pari di altri correi, è tuttora latitante. Ravalli, Cappello, Venturini e Bencini risultano già coinvolti nell’omicidio di Lando Conti.
Tra il giugno e il settembre 1988 viene smantellata l’intera organizzazione armata denominata BR-PCC sorta, come si è visto, nel 1984, da una scissione interna alle BR. Cade il covo di Milano (15 giugno 1988) e seguono gli arresti (8 settembre 1988) della struttura e di elementi dell’"area di consenso".


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Una prima considerazione, quindi, si impone. Nei protagonisti di tale fase finale dell’esperienza brigatista più spessa è l’area della cosiddetta irriducibilità. Sicché fondata è l’ipotesi che la ricostruzione completa del quadro dell’intera fase non sia ancora avvenuta e che pertanto nella stessa permangano zone di non identificazione, e quindi di impunità; l’ipotesi concerne, quindi, militanti, anche impegnati in ruoli marginali, che sono riusciti a sfuggire alla cattura e che in seguito non hanno voluto rassegnarsi all’estinzione dell’organizzazione, accettando l’evidenza della disfatta della lotta armata, e si sono quindi resi protagonisti di fenomeni riorganizzativi, non appena nuove condizioni (di disagio sociale interno e di tensione internazionale) hanno reso possibile una nuova attività di proselitismo.
Non può trascurarsi sul punto una valutazione che alla Commissione consta sia stata recentemente operata da parte della polizia di prevenzione.
Il gruppo di terroristi che avevano portato a segno l’attentato a Ruffilli, era tutt’altro che sbandato, potendo contare su un covo a Milano (individuato nel maggio 1988 in via Dogali) ed altri quattro a Roma e provincia (scoperti nel settembre dello stesso anno), nonché su una struttura "Sud", con sede a Napoli, ed una "Estera", operante a Parigi (queste ultime scoperte e disarticolate nel successivo settembre 1989). Certi ne erano anche i collegamenti internazionali, atteso che nei covi vengono trovati documenti non solo di contatti fra le BR-PCC, la RAF (Rote Armee Fraktion) tedesca e quello che restava della francese AD (Action Directe), ma un vero e proprio patto d’azione tra BR e RAF con testo bilingue. Si tratta di un dattiloscritto di due pagine con i simboli e le sigle di entrambe le formazioni terroristiche, che esordisce col ribadire la necessità di superare le diversità ideologiche che dividono "le forze combattenti ed il movimento rivoluzionario in Europa occidentale" per convergere su una comune strategia di attacco all’imperialismo senza per questo pretendere di fondersi in un’unica organizzazione.
Si era in presenza, quindi, non della retroguardia sbandata di un esercito in ritirata, ma di un gruppo fortemente organizzato, dotato di notevole capacità offensiva; un rilievo che rafforza sia pure in termini probabilistici la possibilità che non tutti i suoi componenti siano stati individuati; essendo comunque certo che non tutti sono stati assicurati alla giustizia (così la Giorgieri).
Non può nemmeno escludersi che i positivi risultati che soprattutto dal 1982 (1) in poi l’azione di contrasto dello Stato indubbiamente otteneva, abbiano in qualche modo generato un impegno minore nell’approfondimento indagativo, limitandosi, dinanzi alla ritirata di un esercito in disfatta, a colpire i nuclei di retroguardia, che manifestavano ancora un’apprezzabile capacità offensiva; lasciando invece che sbandati delle forze sconfitte potessero in qualche modo completare senza disturbo la ritirata. Più grave sarebbe ipotizzare – ma della ipotesi non sussistono allo stato riscontri di una qualche consistenza – che prezzi di impunità siano stati pagati al fine di ottenere informazioni utili ai successi che si andavano conseguendo. Comunque sia di ciò, alla riflessione della Commissione appare in ogni caso certo che le zone di opacità che caratterizzano la storia delle BR si addensino in particolare nella fase finale della loro esperienza; un rilievo che si accentua con specifico riferimento alle vicende del brigatismo toscano da Moro in poi (2). Un simile deficit di conoscenza (così come le inerzie nell’ottenere l’estradizione dei numerosi protagonisti della stagione eversiva, che pur avendo ricevuto definitive condanne, hanno trovato rifugio all’estero e soprattutto in Francia) potrebbe forse ritenersi tollerabile, ove si fosse in presenza di fenomeni definitivamente appartenenti al passato. Ma dinanzi al suo riprodursi, l'impegno per superare il deficit appare indubbiamente dovuto, nella certezza che i fantasmi del passato probabilmente ritornano, se con quel passato i conti non si sono fatti davvero fino in fondo.
 
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