11. Il patto di mutua assistenza repressiva tra gli stati imperialisti

Documento aggiornato al 07/02/2005
Una conseguenza logica della opposizione rigida tra "crimini" e "politica" e dell'individuazione del guerrigliero urbano come nemico comune di tutti gli Stati imperialisti, è la attuazione di un Patto di mutua assistenza repressiva e di istituzioni transazionali che lo rendono operativo. Questo Patto ha il suo cuore nella "convenzione europea per la repressione del terrorismo". Ricordiamo perciò sinteticamente il problema.
Il progetto di questa Convenzione è stato messo a punto a partire dall'ottobre '75 dal Comitato Europeo per i problemi criminali. Nel maggio '76 "vista l'urgenza del problema" lo stesso Comitato approva una bozza che i 19 Stati membri del Consiglio dei ministri della Comunità discuteranno e approveranno a loro volta il 27 gennaio '77.
La Convenzione si compone di un breve preambolo e di sedici articoli. Nel preambolo si sostiene che: "... gli stati membri del Consiglio d'Europa... coscienti della crescente inquietudine creata dal moltiplicarsi degli alti del terrorismo; augurandosi che misure
efficaci siano prese affinché gli autori di tali atti non sfuggano all'incriminazione e alla punizione; convinti che l'estradizione è un mezzo particolarmente efficace per raggiungere questo risultato hanno raggiunto l'accordo sui vari articoli".
Due sono gli articoli decisivi. Nel primo si elencano i reati che non saranno considerati reati politici, o connessi a reati politici, o ispirati da cause politiche. E cioè: reati connessi a sequestri di aerei; reati gravi costituiti dall'attentato alla vita, alla integrità fisica o alla libertà delle persone che hanno diritto ad una protezione internazionale, compresi gli agenti diplomatici, e si aggiunge "... il tentativo di commettere uno dei reati su citati o la partecipazione come correo o complice di una persona che commette o cerca di commettere un tale reato".
Nel secondo, forse temendo che qualcosa potesse sfuggire alla rigidità dell'elenco precedente, gli estensori precisano che "... per la necessità di estradizione... gli Stati membri potranno non considerare politico ogni altro atto grave di violenza diretto contro la vita, l'integrità fisica, la libertà o i beni delle persone. O anche il solo tentativo di commetterli". Dunque "... convinti che l'estradizione è un mezzo particolarmente efficace per combattere le manifestazioni del terrorismo internazionale" gli Stati membri della Comunità "si associano in un Patto".
Tecnicamente l'estradizione è un atto amministrativo internazionale di mutua assistenza repressiva mediante il quale uno Stato consegna ad un altro, o riceve da esso, un imputato o condannato per sottoporlo a procedimento penale o all'esecuzione di una condanna.
Politicamente l'estradizione è uno strumento internazionale della guerra di classe contro i rivoluzionari. Questo è il suo aspetto principale. Questo Patto, ufficializzato con la Convenzione, fissa i nuovi livelli raggiunti dal processo di internazionalizzazione dei modelli di repressione, attivi negli Stati dello spezzone europeo della catena imperialista. E cioè fa propri ed estende a livello continentale i contenuti degli impianti repressivi negli Stati più potenti e contemporaneamente affida a nuove istituzioni transnazionali il potere di renderli operanti nell'interesse comune. Questo processo di concentrazione e centralizzazione della repressione imperialista in istituzioni trans-nazionali è strategicamente funzionale alle necessità di intervento omogeneo ed esteso su tutta l'area continentale e standardizzato al livello più alto proprio delle maggiori potenze della catena gerarchica.
Tuttavia non dobbiamo trascurare un fatto: si tratta di una centralizzazione che lascia ancora alle macchine repressive specifiche di ciascun paese margini di intervento e di autonomia relativamente ampi e differenziati. Ciò anche a causa della complessità e disomogeneità delle strutture di classe e delle forze differenti di movimenti rivoluzionari nei diversi paesi, che non consentono un andamento lineare e contemporaneamente alla operazione di ristrutturazione, nella crisi, degli apparati di repressione-controllo.
 
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