Processo Moro Ter

05. La prigione di Aldo Moro

Documento aggiornato al 04/04/2005
E' una verità processuale quella che lo statista sia stato tenuto in cattività nell'appartamento di via Montalcini n. 8. E' un fatto storico che la Braghetti, come riferisce una nota informativa dei servizi di sicurezza, redatta il 16 ottobre 1978 e trasmessa all'autorità giudiziaria il successivo 30 luglio, acquista un appartamento in via Montalcini, nel giugno del 1977, per la somma di lire 45 milioni. La casa viene abbandonata nel giugno del 1978 a seguito di un asserito viaggio di tale Luigi Altobelli, convivente della Braghetti che trasferisce i mobili, parte in via Laurentina, nell'abitazione del fratello, e parte in via Rosa Raimondi Garibaldi, presso la zia Cambi Gabriella.
Su questo fatto storicamente certo si impiantano le verità processuali deduttive, certamente logiche e che hanno la forza del sillogismo, ma che tali rimangono soprattutto perché soltanto Moretti, e nessun altro soggetto, neppure i componenti del Comitato Esecutivo, sa, al momento del sequestro, dove è custodito Moro. Morucci e gli altri sanno soltanto dell'esigenza di reperire un appartamento da destinare a base e prigione dell'on. Moro e che il "prestanome" è gestito direttamente dall'Esecutivo.
Tutto il resto è una ricostruzione ex post, sia pure sillogistica, ed è in fondo la ricostruzione che fanno Savasta, Libera, Morucci e Faranda anche attraverso notizie indirette e fatti oggetto di rivelazioni da parte della stessa Braghetti e di altri. Il sillogismo è il seguente: Gallinari e Braghetti convivono da 1977. Gallinari ed una donna gestiscono la "prigione del popolo" dove è custodito Moro ed il primo esegue anche la condanna a morte dello statista. Ergo, la casa dove è tenuto in cattività Moro è l'appartamento di via Montalcini, preso in locazione per l'Organizzazione dalla Braghetti, estremamente compartimentato a tutti gli altri brigatisti che ne vengono a conoscenza soltanto dopo la scoperta.
A questa ricostruzione sillogistica e storica si oppongono apparentemente alcune risultanze delle indagini svolte dai Servizi di Sicurezza, riportati nella relazione del 16 ottobre I978, trasmessa all'autorità giudiziaria nel luglio 1979. Ebbene, in questa relazione si afferma che Ottaviani Gianfranco, precedente conduttore dell'appartamento di via Montalcini, aveva mantenuto la disponibilità della cantina fino all'agosto del 1978, e che la Braghetti, esasperata, ne aveva scardinato la porta con conseguente reazione del primo che avrebbe fatto intervenire una Volante della polizia. Si afferma, inoltre che il box annesso all'appartamento era stato utilizzato da altro inquilino con il consenso della Braghetti. Quest'ultima circostanza, se vera, metterebbe seriamente in dubbio la individuazione della prigione nella casa di via Montalcini. Da una parte, perché la perizia balistica stabilisce che l'on Moro viene colpito da numerosi proiettili esplosi a distanza ravvicinata quando la vittima è già stata fatta accovacciare nella Renault, nella posizione finale nella quale viene trovata cadavere. Dall'altra parte, perché Morucci ritiene di individuare la prigione di Moro in quell'appartamento di via Montalcini anche in considerazione delle caratteristiche della casa, da lui accertate nel corso di ricostruzioni eseguite con il Giudice istruttore, caratteristiche richieste da Moretti per l'affitto della base: ubicazione a pian terreno, presenza di un box, presenza di un passaggio dal box al palazzo, vicinanza del box all'appartamento. La verità processuale, però, non è incrinata dalla relazione dei servizi di sicurezza che non è affidabile per varie ragioni. Perché il riferimento all'uso del box da parte di altra persona è estremamente generico, indeterminato nel tempo e non controllato:
"Si è anche appreso che la Braghetti ha consentito l'uso del box ad altro inquilino dello stabile fino a quando non ha acquistato la sua Citroen Ami 8" .
Il fatto costituisce una forzatura logica perché l'argomento, come si vedrà, viene utilizzato per escludere che l'on. Moro sia stato custodito e ucciso in quell'appartamento. E' una forzatura logica e storica, non idonea per giungere a quelle conclusioni, in quanto nella stessa relazione si afferma che la Braghetti ha acquistato la Citroen nel gennaio 1978, cioè in epoca di molto anteriore al sequestro ed all'omicidio.
Non è attendibile, inoltre, perché l'ignoto estensore materiale della relazione rivela l'interesse a dimostrare l'infondatezza della segnalazione che doveva indicare - come si desume agevolmente dal contenuto della nota informativa e degli accertamenti svolti - la Braghetti ed il convivente Altobelli Luigi come terroristi possessori della Renault rossa dove era stato rinvenuto il cadavere dell'on. Moro.
Questo interesse è evidente nei vari passi della relazione, nei punti in cui sostanzialmente si esclude, nell'assunto che la Braghetti aveva consentito ad altri l'uso del box e della cantina, scardinandone la porta nell'agosto del 1978, che l'on. Moro sia stato tenuto in cattività e ucciso in quell'appartamento. Nella nota informativa si afferma, tra l'altro:
"Nulla è emerso in ordine all'auto Renault R/4 di color rosso".
La relazione, inoltre, é inattendibile perché rivela l'inaffidabilità delle indagini che non raggiungono, infatti, nonostante la specifica nominativa segnalazione, la terrorista Braghetti e il convivente Altobelli, alias Gallinari, capo della Colonna Romana, che terroristi già erano all'epoca, come si è accertato aliunde ed ex post.
Il fatto è, di eccezionale gravità, non soltanto perché la relazione, che è datata 16 ottobre 1978, viene inviata all'autorità giudiziaria soltanto nel luglio del 1979, ma anche e soprattutto perché rivela la superficialità inqualificabile degli accertamenti e la scarsa professionalità di chi ebbe materialmente ad eseguire le indagini che consentirono alla Braghetti di abbandonare comodamente l'appartamento nel mese di ottobre del 1978 e, poi, di darsi alla clandestinità. Quelle indagini hanno un solo effetto, quello di mettere in allarme la donna che, infatti, come dice Morucci, in quel periodo abbandona l'appartamento perché si sente pedinata. La ritroviamo quasi nell'immediatezza di quel trasloco, alla fine del I978, nella casa di via San Giovanni in Laterano n.28, int.13, insieme al capo colonna Gallinari, preso in affitto per conto dell'Organizzazione da Rizzuti Rosario alias Pirimpelli.
 
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