Relazione del Sen. Raniero La Valle

07. Il contesto interno e il trauma della discontinuità

Gruppo parlamentare della Sinistra Indipendente del Senato

Documento aggiornato al 29/04/2005
Del resto, non minore alimento all'audacia delle Brigate Rosse nell'attaccare il punto nevralgico del processo politico italiano, fu dato dalla profondità delle avversioni che la politica di Moro aveva suscitato, all'interno, nelle forze interessate al mantenimento dei vecchi equilibri e dei vecchi assetti di potere, o semplicemente immerse nelle certezze di una vecchia cultura.
Bisogna ricordare in effetti come per decenni la legittimità stessa del sistema politico italiano fosse stata identificata con la sua capacità di escludere i comunisti dal potere, e come la Democrazia cristiana fosse stata assunta quale strumento e garanzia di tale esclusione, per misurare la natura del trauma provocato in molti dall'immagine del leader storico del maggior partito italiano, intento al disegno di aprire ai comunisti le porte di una corresponsabilità di governo. Bisognerebbe dimenticare come la discriminante dell'anticomunismo non solo avesse segnato il processo di formazione del partito cattolico - dalla definizione di Pio XI del comunismo come "intrinsecamente perverso" alla lettera con cui Mons. Montini nel novembre 1946, ammoniva De Gasperi a nome di Pio XII che se la DC non avesse preso netta posizione nei confronti dei comunisti "sarebbe stata considerata come un partito filonemico" (9) - ma avesse determinato anche la costruzione di tutto il sistema di alleanze della DC dal centrismo al centro-sinistra, per non apprezzare il salto di discontinuità, non solo di tattica o strategia, ma di cultura politica, a cui Moro, aderendo alle realtà nuove del Paese, chiamava sia il suo partito, sia quelli alleati, sia vaste zone ancora immature dell'opinione pubblica italiana. Non si può dire pertanto che in quel momento Moro fosse un leader "indiscusso"; non solo la sua azione eccitava risposte anti-sistema come quella delle BR ("disarticolare il progetto portato avanti dalla borghesia con la solidarietà nazionale") o quella di Gelli e del Generale Picchiotti a Villa Wanda, ma il "sistema" stesso era riluttante e si sentiva condotto dove non voleva. Né bisogna dimenticare che nelle aggregazioni politiche e sociali le inimicizie più forti sono riservate non agli avversari, ben contrapposti nella dialettica delle parti, ma a chi, appartenendo alle proprie file, è considerato allontanarsi dalle leggi e dagli interessi del gruppo, per perseguire interessi più generali, non riconosciuti dal gruppo, ciò che viene percepito come una trasgressione o un tradimento. Ciò dice come il disegno perseguito da Moro e sostenuto da un larghissimo schieramento politico e sociale, in realtà urtava contro resistenze antiche e profonde, forzava una situazione, come la cultura forza la natura, ed era di delicata e difficile attuazione, pur senza il brutale intervento delle Brigate Rosse. E spiega, anche senza bisogno di ricorrere alle "spiegazioni psicanalitiche" evocate dal Commissario Sciascia, il perché di una relativa solitudine di Moro, solitudine che era ben precedente ai 55 giorni, si accentuò nei 55 giorni, e divenne anche la solitudine della sua famiglia.
Ma questa memoria dei fatti vale anche a rifiutare alle Brigate Rosse l'accreditamento di una capacità quasi demiurgica di determinare o rovesciare, con i loro delitti, il corso stesso della politica italiana. Se esse conseguirono il risultato di colpire, sopprimendone il protagonista, la politica di Moro, non colpirono una fortezza inespugnabile, ma una costruzione che se aveva già solide fondamenta, aveva ancora solo precarie e incipienti elevazioni. Perciò esse furono senza dubbio determinanti, come "soggetto politico" perverso, nell'immediato. Ma quelle fondamenta, radicate nella difficile e feconda storia del nostro Paese, nella crescita della sua coscienza civile e nelle lotte delle masse popolari, ben più che nelle riflessioni ed azioni di qualche leader, le Brigate Rosse non potevano né poterono distruggerle, e sono rimaste come intatta base per nuove e diverse costruzioni ed elevazioni.
Annotazioni − (9) P. Scoppola, "Gli anni della Costituente fra politica e storia", Bologna, 1980, pag. 114.
 
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