3. L'eversione di destra e le coperture istituzionali

11. La figura di Delfo Zorzi

Documento aggiornato al 30/11/2005
Delfo Zorzi, secondo numerose testimonianze, risulta legato – al pari di Stefano Delle Chiaie – all’ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno.

Ecco cosa ha riferito l’ex ordinovista Martino Siciliano: "In merito alla conoscenze di Delfo Zorzi con funzionari del Ministero dell'Interno, confermo innanzitutto quanto ho già dichiarato in data 5.8.1996 in relazione alle notizie che appresi dallo stesso Zorzi circa il fatto che eravamo ‘coperti’ da funzionari del Ministero dell'Interno in occasione del nostro viaggio a Trieste per essere interrogati dal Giudice sull'attentato alla Scuola Slovena. Poiché l'Ufficio mi fa il nome del Viceprefetto Sampaoli Pignocchi quale contatto di Delfo Zorzi al Ministero, accertato giudizialmente anche attraverso le dichiarazioni di Federico Umberto D'Amato dinanzi alla Corte d'Assise di Venezia nel 1987, rispondo che effettivamente ricordo il nome Sampaoli come quello di un funzionario del Ministero dell'Interno in contatto con Delfo Zorzi; questo nome mi fu fatto nell'ambiente mestrino di Ordine Nuovo non dallo stesso Zorzi, bensì da Maggi, Molin e da Bobo Lagna.

In particolare quest'ultimo mi fece cenno al nome Sampaoli come una delle persone che lui e Zorzi frequentavano a Roma allorchè anche Bobo Lagna sì era iscritto all'Università.

Nello stesso contesto Lagna mi disse che sempre a Roma frequentavano il professor Pio Filippani Ronconi, esperto di dottrine esoteriche e orientali e di cui Delfo Zorzi mi regalò due dispense appena pubblicate sulla filosofia induista […]".

Di particolare rilievo è, tuttavia, la dichiarazione sui dei rapporti tra Zorzi e il Ministero dell’interno, emersi a proposito della tranquillità con la quale Zorzi si era presentato ai giudici di Trieste che avrebbero dovuto interrogarlo sugli attentati di Gorizia e Trieste, da lui realizzati con Martino Siciliano e Giancarlo Vianello: "Io gli chiesi perché ne era tanto sicuro (che l’interrogatorio sarebbe stato una formalità, nda) ed egli mi rispose tranquillamente che ne aveva avuto la conferma a Roma nell’ambiente dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno con cui era in contatto e presso cui aveva ottime entrature".

Come s’è visto, una prima ammissione – o forse allusione – ai rapporti tra Zorzi e un alto funzionario del Viminale, era stata formulata dallo stesso Federico Umberto D’Amato, nel 1987, davanti alla corte d’Assise di Venezia:

"[…] Una volta ero andato nell’ufficio di Sampaoli, Vice Prefetto, capo dell’Ufficio Stampa della Direzione Generale di Polizia, e questi mi presentò un signore che era nel suo ufficio, relativamente giovane, come amico di origine veneziane, me lo presentò come Zorzi. Poi successivamente a questo incontro mi ricordai che esisteva nella mia memoria questo nome collegato ad una qualche attività ideologica di destra e per accertarmi della sua esatta collocazione chiesi se ci fosse qualche fascicolo a nome Zorzi, e debbo aver trovato una qualche conferma di un attività che all’epoca era allo stato iniziale. Colloco l’incontro al Ministero nel settantuno o primi anni settanta. Dagli atti risultava che lo Zorzi avrebbe fatto parte di O.N […].

Preciso che Sampaoli non ha mai avuto un rapporto funzionale e di collaborazione col mio ufficio. Escludo però che fino a quando io fui Capo del Sigsi lo Zorzi abbia potuto svolgere una qualche attività informativa in favore del mio ufficio. Quando poi io fui interrogato dal G.I. e mi fu chiesto se mi ricordassi di un qualche tipo di rapporto che ci fosse stato tra Zorzi ed il Ministero io gli riferii l’episodio di cui ho già detto. Poi chiesi notizie ai miei ex colleghi e appresi che lo Zorzi era latitante ed emigrato all’estero. Date le funzioni che Sampaoli allora svolgeva (Capo Ufficio Stampa) il suo ufficio era un "salotto culturale" frequentato da giornalisti, scrittori, intellettuali, e Sampaoli era appunto un uomo di particolare cultura. Sampaoli e Zorzi parlavano di qualche cosa di culturale ed in quella occasione appresi, mi sembra, che Zorzi studiava a Napoli. Quindi escluderei che tra Zorzi e Sampaoli ci potesse essere un rapporto che fosse di natura diversa da quella culturale. Io ignoravo quale fosse all’epoca la attività dello Zorzi".

Nel 1971 – al di là della sua presunta partecipazione alla strage di piazza Fontana – Zorzi aveva già realizzato gli attentati alla Scuola slovena di Trieste e al cippo di confinte italo-jugoslavo a Gorizia.

Ma nello stesso tempo frequentava il Viminale per "scambi culturali".

Altre testimonianze riguardano il ruolo di Zorzi quale elemento di contatto con ambienti istituzionali favorevoli al dispiegarsi della strategia della tensione.

Una prima, generica, viene da Carlo Digilio, il quale ha riferito di alcune confidenze ricevute da Giovanni Ventura: "Diceva (Ventura) di avere avuto dei finanziamenti per queste attività dei Servizi da Roma. Mi disse che lo stesso ruolo di agente dei Servizi era anche di Delfo Zorzi".

Oltre a questo c’è la lucida testimonianza di Vincenzo Vinciguerra il quale, molto tempo prima che le nuove istruttorie sulla strategia della tensione fossero avviate, aveva scritto cose assai significative sul punto (e su molte altre cose) dell’ambiguo ruolo di Zorzi.

In particolare, Vinciguerra ha riferito della proposta, a lui fatta da Maggi e Zorzi, di assassinare Mariano Rumor: "La proposta di Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi di liquidare Rumor con la garanzia che non avrei avuto problemi con la scorta, oltre a rivelare una grossolana mancanza di psicologia, dimostrò l’esistenza di legami insospettati con funzionari di polizia che dovevano trovarsi a ben alto livello per poter disporre dell’omicidio di un personaggio politico come Rumor, assicurando la neutralizzazione o la complicità della scorta.

La conferma venne qualche anno più tardi, quando Cesare Turco, oramai arruolato a mia insaputa nelle forze di polizia dello stato democratico e antifascista, mi rivelò che Delfo Zorzi era amico di un altissimo funzionario del ministro degli Interni. Seduto davanti a me, con aria compiaciuta, Delfo Zorzi valutò la reazione, che fu di gelo […]".

Per quanto riguarda il progettato attentato contro Rumor, la testimonianza di Vinciguerra è stata considerata del tutto attendibile nel corso del processo per la strage di via Fatebenefratelli a Milano.

Naturalmente, la credibilità complessiva di Vinciguerra non è mai stata – né avrebbe potuto esserlo –messa in discussione da alcuna autorità giudiziaria.
 
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