4. I tentativi golpisti

06. La figura di Vincenzo Vinciguerra

Documento aggiornato al 30/11/2005
Ma le responsabilità dei veri autori dell'attentato e quindi la sua attribuibilità alla destra radicale divennero chiare solo molto più tardi e cioè quando si era ormai concluso il fosco quindicennio ('69-'84) che la Commissione fa oggetto della sua indagine specifica. Fu infatti soltanto nel 1984 che la responsabilità dell'ideazione e dell'esecuzione materiale dell'attentato di Peteano fu confessata da Vincenzo Vinciguerra, un militante di Ordine Nuovo che era latitante dal 1974, prima in Spagna (dove aderì ad Avanguardia Nazionale) e quindi in Argentina; si costituì nel 1979, perchè la vita del latitante lo avrebbe costretto a compromettere la sua dignità di militante rivoluzionario. Al momento della ammissione di responsabilità, Vinciguerra era in carcere per una accusa connessa ad un episodio avvenuto nell'ottobre del 1972 nell'aeroporto di Ronchi dei Legionari, dove un altro militante di Ordine Nuovo, un ex paracadutista di nome Ivano Boccaccio tentò di dirottare un aereo, al fine di ottenere un riscatto per finanziare il gruppo. Quando l'aereo fu circondato, Boccaccio aprì il fuoco sulla Polizia che, rispondendo ai colpi, lo uccise.

Vale la pena, a questo punto, soffermarsi brevemente sulla figura di Vincenzo Vinciguerra: l’ex ordinovista detenuto rivendica spontaneamente l'attentato di Peteano, senza ripudiare le sue azioni passate, rivendicando anzi con orgoglio la propria qualità di soldato politico. Egli affermò di confessare allo scopo di "fare chiarezza", avendo compreso che tutte le precedenti azioni della destra radicale, incluse le stragi, in realtà erano state manovrate da quello stesso regime che si proponeva di attaccare: "Mi assumo la responsabilità piena, completa e totale dell'ideazione, dell'organizzazione e dell'esecuzione materiale dell'attentato di Peteano, che si inquadra in una logica di rottura con la strategia che veniva all'ora seguita da forze che ritenevo rivoluzionarie, cosiddette di destra, e che invece seguivano una strategia dettata da centri di potere nazionali e internazionali collocati ai vertici dello Stato. [...] Il fine politico che attraverso le stragi si è tentato di raggiungere è molto chiaro: attraverso gravi provocazioni innescare una risposta popolare di rabbia da utilizzare poi per una successiva repressione. In ultima analisi il fine massimo era quello di giungere alla promulgazione di leggi eccezionali o alla dichiarazione dello stato di emergenza.

In tal modo si sarebbe realizzata quell'operazione di rafforzamento del potere che di volta in volta sentiva vacillare il proprio dominio. Il tutto, ovviamente inserito in un contesto internazionale nel quadro dell'inserimento italiano nel sistema delle alleanze occidentali". L’unico fatto realmente rivoluzionario, secondo l’interpretazione di Vinciguerra, fu quello di Peteano, un'azione di guerra, esplicitamente rivolta contro lo Stato (nelle persone dei Carabinieri) e non contro una folla indiscriminata.

La dichiarazione di Vinciguerra ne determinò la condanna all'ergastolo. Solo dopo che questa passò in giudicato Vinciguerra ha assunto nei confronti della Magistratura inquirente un atteggiamento di confronto da cui non ha mai tratto alcun vantaggio. Il contributo di Vinciguerra, per il suo rigore e la sua lucidità, si è rivelato di eccezionale rilevanza nel disvelare le dinamiche del "doppio Stato" e le strategie degli "oltranzisti" occidentali che spesso hanno utilizzato, quali ascari consapevoli, dirigenti e militanti delle varie formazioni della destra eversiva.

Grazie al contributo di Vinciguerra è divenuto possibile ricostruire anche la specifica attività di Ordine Nuovo di Udine, che Vincenzo Vinciguerra guidò insieme ad un suo fratello gemello, Gaetano a partire dalla fine degli anni '60. Il repertorio d'azione del gruppo si sviluppò attraverso il consueto crescendo, cioè "propaganda attiva", risse e pestaggi degli avversari, ed almeno un caso di autofinanziamento tramite rapina ad ufficio postale (aprile 1970). Nel 1971 il gruppo iniziò a far uso di esplosivo: prima una bomba carta contro la sede della D.C., quindi attentati dinamitardi alle linee ferroviarie per protestare contro la visita ufficiale del Maresciallo Tito in Italia. Seguirono l'esplosione di un ordigno al monumento ai caduti di Latisana, vicino a Udine, e l'incendio all'auto di un militante di sinistra. Quest'ultimo perì alcuni mesi dopo in un oscuro incidente. Dopo breve tempo (gennaio 1972), il gruppo danneggiò gravemente con una bomba la casa di un deputato missino: prevedibilmente, la sinistra fu accusata dell'accaduto. E' comprensibile che un simile curriculum abbia suscitato l'entusiasmo di Franco Freda. Secondo G. Ventura egli parlava compiaciuto dell'esistenza, a Udine, di "un gruppo di giovani decisi, disposti a tutto, anche a commettere attentati per simulare l'esistenza di gruppi terroristici di diversa estrazione politica".

L'acme dell'attività di questo gruppo di Ordine Nuovo fu l'attentato di Peteano cui seguì il già ricordato tentativo di dirottamento aereo nell'aeroporto di Ronchi dei Legionari, dove morì Ivano Boccaccio.
 
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