4. I tentativi golpisti

07. Il depistaggio ad opera dei Carabinieri di Mingarelli

Documento aggiornato al 30/11/2005
A questo punto non resta che prendere atto di ciò che può ritenersi ormai un fatto storico accertato e consacrato in giudicati penali di condanna; e cioè l'illecita copertura attribuita agli estremisti di destra autori dell'attentato da parte di alti ufficiali dell'Arma dei Carabinieri, tra questi il colonnello Mingarelli condannato dalla Corte di Assise di Appello di Venezia per falso materiale ed ideologico e per soppressione di prove, con decisione confermata dalla Cassazione nel maggio del 1992. Una vicenda tanto più grave e aberrante - la condanna morale non sarà mai sufficientemente severa - che ha visto un ufficiale dell’Arma depistare un’indagine relativa ad un attentato che era costato la vita a tre carabinieri, uccisi mentre compivano il loro dovere.

Appare infatti innegabile che i Carabinieri - anzi, il gruppo del quale Mingarelli era espressione - disponessero di un elemento chiarissimo per l'individuazione della matrice della strage, in quanto l'ordinovista Ivano Boccaccio, ucciso nel conflitto a fuoco nel corso del tentativo di dirottamento aereo di Ronchi dei Legionari, era stato trovato in possesso della stessa arma utilizzata per sparare contro i vetri della "500", ove era stata collocata la bomba di Peteano, e i cui bossoli esplosi erano stati repertati dai Carabinieri. Alla luce di ciò, è del tutto evidente come la "pista rossa" subito imboccata non può giustificarsi neppure con una volontà di trovare "comunque" il colpevole, anche a fini di "immagine"; emerge infatti chiaro l'intento deliberato di strumentalizzare un episodio, pure così tragico ed una criminalizzazione della sinistra eversiva, secondo un disegno strategico preciso.

Certo o almeno estremamente probabile deve ritenersi altresì che altro settore degli apparati, e cioè il Sid, conoscesse l'identità dei colpevoli fin dal 1972, come proverebbe - secondo le dichiarazioni di Vinciguerra - un intervento del capitano Labruna che, sempre secondo l’ex ordinovista, si era recato a Padova pochi giorni dopo il dirottamento aereo e aveva parlato con Massimiliano Fachini dell'episodio di Ronchi dei Legionari e anche di Peteano. Labruna avrebbe detto testualmente: 'ora basta fare fesserie', ritenendo erroneamente che Vinciguerra dipendesse gerarchicamente da Fachini o comunque da elementi vicini a lui".

D'altro canto nell'ambiente della destra radicale in tutta Italia la convinzione che Peteano fosse opera di destra appunto era del tutto pacifica, anche perchè la fuga in Spagna di uno dei principali imputati, Carlo Cicuttini, era stata organizzata dalla rete ordinovista italiana ed internazionale.

Cicuttini è il proprietario della pistola calibro 22 utilizzata dal Boccaccio nel già ricordato tentativo di dirottamento aereo. Secondo la Corte di Assise veneziana la sostituzione dei rapporti, le false affermazioni circa calibro e destinazione dei bossoli e l'apposizione delle firme false ebbero luogo nell'ottobre del 1972, dopo il tentato dirottamento di Ronchi, nel corso del quale il dirottatore aveva usato la pistola calibro 22 di Cicuttini, già utilizzata a Peteano. Un accurato esame dei bossoli di Peteano - ragionò la Corte - avrebbe rivelato che i colpi erano partiti dalla stessa pistola, indirizzando così le indagini sul gruppo di Ordine Nuovo, che, al contrario, non fu toccato, malgrado i numerosi e convergenti indizi a suo carico. Cicuttini, il proprietario della pistola, era non soltanto un membro di Ordine Nuovo, ma anche segretario di sezione dell'Msi in un vicino paese. La sua fuga in Spagna (dove si unì al gruppo di rifugiati guidato da Stefano Delle Chiaie) fu, come si è detto, favorita da un massiccio intervento dalla rete neofascista italiana ed internazionale. Vinciguerra denuncia in modo esplicito il coinvolgimento, a vario titolo, nell'episodio di alcuni dei più prestigiosi dirigenti della destra estrema e radicale, da Paolo Signorelli a Massimiliano Fachini, fino a Pino Rauti (che ne sarebbe stato solo a conoscenza). Una volta in Spagna, Cicuttini continuò ad essere protetto dai massimi vertici del partito neofascista. Egli fu poi riconosciuto autore della telefonata anonima che aveva chiamato i Carabinieri sul luogo della strage e condannato all'ergastolo. La Spagna però rifiutò di concedere l'estradizione, e Cicuttini è sempre rimasto in libertà

Gli ufficiali dei Carabinieri che assunsero l'incarico delle indagini, non soltanto le monopolizzarono ad esclusione di forze come la Polizia (suscitando così le vibrate proteste del Questore), ma istituirono una catena di comando eterodossa, che escludeva anche altri ufficiali dei Carabinieri non appartenenti al loro gruppo . Essi costituivano un gruppo strettamente coeso, che faceva riferimento al generale Palumbo, già collaboratore di De Lorenzo all'epoca del Sifar (comandava la Legione di Genova), poi risultato iscritto alla P2 e nei cui confronti la Commissione Anselmi aveva avuto parole durissime, identificando fra l'altro il suo comando della divisione Pastrengo di Milano con la creazione di "un vero e proprio gruppo di potere al di fuori della gerarchia".

In conclusione, si può dire che nei due episodi - e cioè il tentato golpe del dicembre 1970 e l'attentato di Peteano - emergono quali caratteri comuni il diretto coinvolgimento della destra radicale da un lato, rilevanti episodi di copertura delle sue responsabilità da parte del Servizio di informazione e di settori istituzionali dall'altro. Tale secondo elemento, alla luce dei documenti e delle testimonianze raccolte soprattutto negli ultimi dieci anni dimostrano in maniera inequivoca il coinvolgimento di apparati e strutture istituzionali nelle vicende medesime o in altre alle stesse collegate. Del resto, solo l’esistenza di una rete istituzionale di provocazione e/o collusione spiega logicamente la successiva attività di copertura.

Sempre a proposito di coperture o colpevoli silenzi, c’è da ricordare una testimonianza del generale Gerardo Serravalle, già comandante di Gladio, resa quando la vicenda era già chiusa processualmente.

Serravalle ha riferito che l’agente della Cia Edward Mc Ghettigan, detto Ric [il numero tre in Italia per importanza, nda] aveva affermato nel corso di una conversazione intercorsa durante un ricevimento nella sede degli americani presso Piazza Barberini in presenza di Serravalle, Terzani [ufficiali del Sid, nda] e Sednaoui [Mike Sednaoui, numero due della Cia a Roma, nda] che la notte della strage egli era pressochè sul posto: "sul ponte di Sagrado". Poco dopo questo episodio, l’ufficiale della Cia sarebbe sparito dall’Italia.

Riportata doverosamente l’affermazione di Serravalle, c’è da aggiungere che essa non confuta la versione di Vinciguerra, che appare pienamente credibile, né ci può indurre ad affermare che l’azione di Peteano sia stata organizzata con la complicità dei servizi Usa, essendo chiara l’intenzione di Vinciguerra di portare a termine un atto di rottura, proprio nei confronti dell’ambiente fascista colluso con gli apparati.

Resta semmai il mistero sui motivi che avrebbero indotto Mc Ghettigan a recarsi sul ponte di Sagrado il giorno della strage. Se cioè qualche indiscrezione sulle intezioni del gruppo di Vinciguerra sia trapelata dagli ambienti ordinovisti e sia giunta alle orecchie di un agente americano.

Se così fosse, ci troveremmo di fronte all’ennesimo caso di un ufficiale del servizio informazioni degli Usa il quale – come per piazza Fontana, la strage della questura di Milano e piazza della Loggia – pur sapendo che un crimine era sul punto di essere commesso, ha preferito il silenzio.
 
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�Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realt� � una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere)�... [Leggi]
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