Gli episodi Di Bella e Moreno

Documento aggiornato al 25/02/2004
La Commissione si è soffermata tra l'altro su due episodi – avvenuti
entrambi in via Savoia, dove aveva sede lo studio dell'onorevole Moro – che sembrava potessero costituire avvisaglie di quanto poi accaduto il 16 marzo, l'uno relativo al dottor Franco Di Bella, all'epoca Direttore del Corriere della Sera, l'altro relativo al signor Franco Moreno.
Il 22 novembre 1977, un motociclista affiancava, in via Savoia, con un "oggetto luccicante" in mano, l'automobile del dottor Di Bella, che si stava recando dall'onorevole Moro. L'episodio fu oggetto di un rapporto della DIGOS alla Questura, nel quale si dette conto delle indagini svolte già dall'indomani. Il rapporto è datato 25 luglio 1978 ed e quindi successivo alla conclusione della vicenda Moro, ma ha costituito oggetto di valutazione da parte della Commissione anche in relazione ad affermazioni dei familiari e di collaboratori dell'onorevole Moro e del giudice istruttore incaricato dell'inchiesta sulla strage di via Fani.
Il dottor Di Bella ha dichiarato al giudice istruttore di non aver visto alcuna pistola in mano al motociclista da lui notato (in Corte d'Assise, tuttavia, dirà di aver visto il motociclista estrarre la pistola) mentre il suo autista ed uno degli uomini di servizio davanti all'ufficio di via Savoia, n. 78, hanno visto soltanto luccicare qualcosa in mano al motociclista, per taluni un borsello, per altri un'arma. Venne annotato parzialmente il numero della targa della moto. Rintracciato, il proprietario negò di essere mai passato in quella via; tuttavia, poiché era stato invece più volte notato nella zona con fare sospetto e indicato come probabile scippatore (in effetti vennero riscontrati precedenti) si ritenne che l'episodio non avesse origine politica.
Il Questore dell'epoca, dottor Migliorini, ha confermato alla Commissione di essere stato informato dell'episodio in modo rassicurante, come di un fatto che interessava un borsaiolo.
La polizia, il 25 agosto 1978, eseguì una perquisizione domiciliare nell'abitazione del proprietario della moto, con esito negativo, senza rinvenire alcunché che potesse far pensare ad una militanza politica. Questo elemento tuttavia non sarebbe da solo rassicurante, considerato il lasso di tempo intercorso tra l'episodio e la perquisizione.
Secondo il giudice Cudillo, l'episodio non può essere ricollegato all'ipotesi di un attentato contro l'onorevole Moro da parte di brigatisti, perché ad essi non poteva sfuggire che Moro si trovava già nel suo studio dato che al portone stazionavano gli uomini della scorta.
Il magistrato, escludendo l'ipotesi di un semplice scippo, ha ritenuto probabile l'attentato ad altra persona sfornita di scorta, che si presumeva potesse recarsi in quel giorno e in quell'ora nello studio di via Savoia. Questa ipotesi tra l'altro sarebbe avvalorata dalla frase "eccolo, è lui" che un agente ritiene di avere udito.
Sull'episodio Di Bella la Commissione ha acquisito le valutazioni della signora Moro e della figlia Agnese, che hanno riferito che l'onorevole Moro rimase assai scossa dell'episodio e che lo considerò come "prova generale" del sequestro; e quelle dell'allora ministro dell'Interno Cossiga, cui l'onorevole Moro non avrebbe fatto neppure cenno dell'episodio.
Anche il dottor Rana, stretto collaboratore del defunto Presidente, ha riferito di non aver riscontrato particolare apprensione, né una valutazione preoccupata da parte dell'onorevole Moro. Lo stesso maresciallo Leonardi, secondo lui, non dette alla cosa importanza eccessiva, ed egli si fece premure di chiedergli di riferire l'episodio al dottor Spinella della DIGOS anche perché coinvolgeva il direttore del Corriere della Sera. Quest'ultimo, il 15 marzo, venne rassicurato da una telefonata dell'ufficio politico della Questura che interpretò il fatto come azione di malavita comune.
Quando apprese l'episodio dal dottor Rana, l'onorevole Moro avrebbe affermato: "effettivamente non c'è mai da stare tranquilli, accade di tutto.". Non appariva però preoccupato.
Il dottor Di Bella ha invece affermato in Corte d'Assise che Moro, dopo avere appreso da lui stesso il fatto, gli apparve molto preoccupato, tanto da interrompere ripetutamente il loro colloquio dicendo: "guarda un po' cosa succede... qui in Italia tra poco dovremo vivere tutti nelle catacombe."
Da quanto è risultato, in ogni modo, non può ritenersi alcun collegamento specifico tra il fatto di via Savoia e quello che sarebbe accaduto in via Fani, anche se l'episodio non può liquidarsi tra quelli che potevano lasciare indifferente una persona come l'onorevole Moro.
L'altro episodio, segnalato anche dalla segreteria dell'onorevole Moro, e quello relativo a Franco Moreno, un elemento che fin dal 4 febbraio 1978 fu visto guardare con insistenza nel giardino sul quale davano le finestre dello studio del Presidente della DC.
Moreno nel 1973 è stato imputato per spionaggio politico per una non chiara vicenda. Una segretaria dell'ambasciata del Libano in Italia denunciò che nei giorni 8 e 9 maggio 1973 era stata seguita da un'auto con a bordo una persona, identificata poi per Franco Moreno. Il fatto aveva suscitato apprensioni nella signora poiché lo stesso 9 maggio l'usciere dell'addetto militare dell'ambasciata era stato avvicinato da uno sconosciuto che, promettendo soldi, aveva chiesto di conoscere gli spostamenti dell'ambasciatore.
E' risultato che Moreno frequentava pregiudicati ed aveva contatti con ambienti dell'estremismo. E' accertato altresì che una sirena, che doveva essere impiantata su un'auto di Moreno, era del tipo di quella usata da un'auto che partecipò al rapimento Moro. Tuttavia una delle due è risultata acquistata soltanto nella mattina del 16 marzo 1978.
Il dottor Rana ha riferito che il 15 marzo il capo della polizia, dottor - Parlato, gli comunicò di aver predisposto una accurata indagine su Moreno perché era venuto fuori qualcosa che meritava attenzione, ma non si arrivò ad alcun seguito particolare.
Subito dopo l'eccidio di via Fani venne predisposto il fermo di polizia giudiziaria del giovane; ma tre giorni dopo egli venne rilasciato. Il sostituto procuratore dottor Infelisi ha dichiarato alla Commissione di avere approfondito con sicurezza la posizione di Moreno prima di disporne il rilascio. La figura di Moreno ha, peraltro, alimentato perplessità. Egli è stato seguito per mesi, e nonostante non sia emerso nulla di specifico in relazione ai fatti di via Fani, nessuna spiegazione è stata fornita dagli inquirenti sul suo interessamento per le finestre de lo studio dell'onorevole Moro.
 
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