Operazioni di polizia

Documento aggiornato al 25/02/2004
Nell'immediatezza dell'agguato e durante il percorso per recarsi in via Fani, il Capo della polizia dispose a mezzo radiotelefono, su conforme indicazione del Ministro dell'interno, l'attuazione di speciali servizi di controllo nell'ambito della cinta urbana di Roma, con la costituzione di posti di blocco sul Grande Raccordo Anulare e di altri posti di blocco sulle strade all'esterno del Grande Raccordo Anulare e sulle autostrade da e per Roma.
Effettuato il sopralluogo in via Fani, il Capo della Polizia si recò subito dopo a Palazzo Chigi dove si trovava il Ministro dell'interno per ricevere disposizioni del caso.
Nella stessa mattinata del 1.6 marzo dal Viminale la direzione generale di Pubblica Sicurezza dispose i seguenti provvedimenti:
- attuazione di posti di blocco e di servizi di vigilanza su tutto il territorio nazionale con la mobilitazione di tutte le forze disponibili;
- intensificazione dei servizi di controllo negli ambiti aeroportuale, ferroviario e marittimo. Vennero altresì posti in allerta, tramite l'Interpol, i servizi di sicurezza negli aeroporti esteri per i voli della compagnia di bandiera;
- perquisizione e identificazione degli stabili, dei garages e dei box delle zone vicine al luogo del rapimento;
- predisposizione, su tutto il territorio nazionale, di servizi di vigilanza presso cabine telefoniche ed altri punti, allo scopo di individuare latori di messaggi e intercettare volantini di organizzazioni terroristiche.
Per tali servizi vennero assegnati alla Questura di Roma 1.030 militari di PS, 100 guardie di finanze e 900 carabinieri.
I carabinieri attuarono altresì, a partire dalla sera del 18 marzo, una cintura integrativa di 32 posti di blocco agli ingressi romani delle autostrade, lungo le maggiori arterie che si dipartono dal Grande Raccordo Anulare e lungo le rotabili di collegamento.
La Guardia di Finanza attivò nelle giornate successive altri 10 posti di blocco nella zona litoranea compresa tra il Lido di Fregene e la spiaggia di Tor San Lorenzo.
Due elicotteri delle forze di Polizia svolsero una continua vigilanza aerea a Nord e a Sud di Roma, per tutto l'arco delle ore di luce. Su richiesta dell'autorità giudiziaria anche l'esercito venne chiamato alla realizzazione della cintura di controllo con l'impiego di 1000 uomini.
Il pomeriggio stesso del 16 marzo, la Direzione generale di Pubblica Sicurezza --Criminalpol - diffondeva le fotografie di sospetti appartenenti alle Brigate Rosse.
Ne i giorni successivi e per tutto l'arco dei cinquantacinque giorni della prigionia dell'onorevole Moro, vennero effettuati rastrellamenti a tappeto nelle zone urbane ed extraurbane di Roma, in zone costiere e in molti comuni del Lazio, e vennero intensificati i servizi di controllo. Speciali servizi con personale in abito civile vennero istituiti con compiti di osservazione e di identificazione delle persone sospette nelle stazioni ferroviarie sui convogli ferroviari e negli aeroporti.
I controlli e le perquisizioni erano diretti all'identificazione di "fiancheggiatori" delle BR, nonché ad eseguire perquisizioni nei confronti loro e dei loro familiari; al controllo delle radio private, promuovendo all'occorrenza provvedimenti dell'autorità giudiziaria (chiusura dei locali e sequestro delle apparecchiatura) in caso di diffusione di notizie false e tendenziose volte a turbare l'ordine pubblico; a disporre servizi di vigilanza nelle Università, per eventuali interventi in caso di riunioni o manifestazioni a carattere eversivo; a denunciare le persone identificate come partecipanti ad associazioni sovversive; ad effettuare il controllo telefonico di persone sospette (1).

ATTIVITA' SVOLTA DAGLI ORGANI DELLA PUBBLICA SICUREZZA DATI RIFERITI AL PERIODO DAL 16 MARZO AL 10 MAGGIO (56 giorni) SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE E DELLA CINTA URBANA DI ROMA (*) (dati già compresi nella colonna 2)

La Direzione generale della PS ha comunicato che per l'attuazione dei servizi sopraindicati furono impiegati giornalmente circa 13.000 uomini di cui 4.300 nella cinta urbana di Roma, con l'ausilio di oltre 2.600 automezzi; che l'attività di prevenzione, vigilanza e controllo, svolta dalla pubblica sicurezza, nel periodo dal 16 marzo al 10 maggio, può essere sintetizzata nei seguenti dati:
- posti di blocco, 72.460 di cui 6.296 nella cinta urbana di Roma;
- perquisizioni domiciliari, 37.702 di cui 6.933 nella cinta urbana di Roma;
- persone controllate, 6.413.713 di cui 167.409 nella cinta urbana, di Roma;
- persone arrestate, 150;
- persone fermate, 400.

(*) dati riferiti dal I aprile

La Commissione si è Soffermata a valutare la coerenza tra le misure ordinate e quelle effettivamente realizzate. Dagli interrogatori dei responsabili delle forze di Polizia ha appurato che per la città di Roma non fu adottato un vero e proprio blocco, nel senso di una cintura di sicurezza continua ed impenetrabile, ma furono attivati dei posti di blocco in punti cruciali, su itinerari scelti dalle stesse forze dell'ordine. Inoltre il controllo ai posti di blocco fu effettuato per campione, tanto che molte persone poterono entrare e uscire dalla città in quei giorni senza subire controlli. A parte la difficoltà, se non l'impossibilità, di bloccare una città la Commissione ha accertato comunque che non esistevano piani al riguardo.
A riprova della mancanza di preordinazione è significativo l'ordine emanato lo stesso 16 marzo dal dottor Fariello, dirigente dell'UCIGOS, a mezzo telegramma, diretto a tutte le Questure - di attuare il "piano zero". Questo, elaborato per la provincia di Sassari, di cui il dottor Fariello era stato Questore, per il caso di gravi reati che si verificassero in quella provincia, era sconosciuto alle altre Questure. Lo stesso giorno l'ordine venne revocato.

La Commissione ha accertato che all'epoca dell'eccidio di via Fani era in vigore un sistema di pianificazione per la tutela dell'ordine pubblico risalente agli anni cinquanta. Esso ipotizzava fatti di grave turbamento da parte di masse; non prevedeva invece azioni di tipo terroristico. Solo nell'aprile 1978 la Direzione Generale di PS ha disposto l'aggiornamento da parte dei Prefetti dei predetti piani di ordine pubblico e, nell'agosto dello stesso anno, la loro integrazione con le ipotesi di atti di criminalità eversiva e comune.
Le misure di blocco, tuttavia, entro tre quarti d'ora dall'eccidio furono poste in essere sulle autostrade e le strade nazionali.
La Commissione ritiene che gran parte delle misure disposte ed effettuate dalle forze di polizia, sia ai fini della cattura dei terroristi, sia ai fini della scoperta del covo in cui era tenuto sequestrato l'onorevole Moro, fossero necessarie: le perquisizioni, le ispezioni, i posti di blocco, le intercettazioni telefoniche, i controlli sulle persone. Costituiscono operazioni indispensabili per il controllo del territorio e, lungi dall'avere solo un significato spettacolare e di facciata - come qualcuno ha detto - rappresentano una componente essenziale dell'attività della polizia nei casi di sequestro di persona quando sia sconosciuto il luogo di detenzione del sequestrato e ignoti gli autori del crimine.
Certo, tali misure non bastano, come non sono bastate nel caso del sequestro dell'onorevole Moro, perché vanno accompagnate dall'indagine, sulle persone, il più possibile mirata e finalizzata. Sul punto si dirà in seguito. Quello che si può intanto rilevare è che le misure di controllo del territorio non sembra abbiano creato difficoltà particolari alle BR, che continuarono ad agire e muoversi con notevole disinvoltura e sicurezza, non solo a Roma ma nell'intero territorio nazionale.
Durante il periodo del sequestro dell'onorevole Moro, infatti, le BR diffusero ben nove comunicata, tutti preannunciati regolarmente per telefono a Roma, Torino, Genova e Milano; e inoltre compirono: 2 omicidi (I); 6 ferimenti; 5 incendi di auto, l'attentato ad una caserma dei carabinieri.
Ma non soltanto le misure di controllo del territorio (perquisizioni, ispezioni, blocchi stradali) non disturbarono per niente le BR Le stesse misure furono carenti nell'esecuzione: e ne sono Prova le vicende del covo di via Gradoli, della "retata" degli autonomi dell'aprile 1978 e dell'operazione della tipografia Triaca, che la Commissione ritiene possano essere considerate come altrettante occasioni mancate.
 
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