Lo sbirro. Umberto Improta. Storia personale e professionale in quarant'anni di cronache italiane dal 1960 al 2000

Edito da Laurus Robuffo, 2006
230 pagine, € 22,00
ISBN 8880874233

di Piero Corsini

Quarta di copertina

"E' arrivata la comunicazione dal Ministero degli Interni, prendi servizio il 1° giugno, a Genova". Inizia così nel 1960 la vita da "sbirro" di Umberto Improta, una storia come tante altre, all'inizio, poi cambia tutto. Capo dell'Ufficio politico prima, poi negli anni nominato questore di Cosenza, di Milano, di Roma e infine anche prefetto di Napoli, città che amava tanto ma che che lo ferì, perché fu lì che durante il suo mandato fu raggiunto da un avviso di garanzia per una vicenda giudiziaria che lo vide uscire cinque anni dopo senza macchia. Quaranta anni di carriera raccontati da un libro di Piero Corsini, "Lo sbirro", presentato il 9 giugno 2004 al Museo delle auto della Polizia di Roma, edito da Laurus Robuffo (230 pagine, prezzo 20 euro), con una toccante prefazione del capo della Polizia Gianni De Gennaro, suo collaboratore per anni.
E Corsini ripercorre attraverso Umberto Improta quarant'anni di storia italiana, visti attraverso l’occhio acuto del grande poliziotto: non c'è episodio dell'ultimo quarantennio su cui non abbia indagato Umberto Improta da Napoli, classe 1932. Gli scontri di piazza, lo stragismo degli anni sessanta, il terrorismo rosso e nero degli anni successivi, i pentiti e i dissociati che collaborarono con lo Stato nella lotta all’eversione, la stagione di tangentopoli, il G7 a Napoli organizzato magistralmente da Improta allora prefetto insieme ad altri interventi che diedero un volto nuovo alla città, passando per il successo forse più importante: la liberazione del generale statunitense James Lee Dozier, rapito dalle Brigate rosse alla fine del 1981.

Un racconto quello del giornalista Piero Corsini che si intreccia tra fatti storici e vita privata del poliziotto di razza che fornisce una chiave di lettura per comprendere le trasformazioni di una società attraverso i drammi e le lacerazioni provocati dalla criminalità politica e comune. Lacerazione che toccò anche il prefetto quando nel 1995 la magistratura emise un avviso di garanzia nei suoi confronti, perché ritenuto responsabile del rilascio di una licenza a una società di vigilanza sospettata di legami con la camorra. Improta si dimise immediatamente e spontaneamente, ma dalle sue parole trapela una grande amarezza e la sensazione di essere lasciato solo dalle Istituzioni: "Il consiglio dei ministri le accettò (le dimissioni ndr). Francamente non me lo aspettavo". Solo nel 2000 arrivò il verdetto di piena assoluzione.

E il 28 gennaio 2002, proprio 20 anni dopo la liberazione di Dozier, Umberto Improta muore a Roma dopo una breve malattia. "Non sono un eroe – dice il poliziotto – gli eroi si vedono nelle circostanze eccezionali. Però quel poco che ho fatto per il mio Paese l'ho fatto con amore".

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