Gli uomini eguali
Edito da Bietti Edizioni, 2006
450 pagine, € 20,00
ISBN 8882482030
di Maurice Bignami
Libro presente nelle categorie:
Quarta di copertina
La storia di un padre e di un figlio nelle sofferte vicende del novecento italiano. Tra utopia e lotta armata, Maurice Bignami, ex esponente di Prima linea, racconta il riscatto di due uomini eguali.
La storia di un padre e di un figlio nelle sofferte vicende del novecento italiano. Tra utopia e lotta armata, Maurice Bignami, ex esponente di Prima linea, racconta il riscatto di due uomini eguali.
Recensione
La sincerità di Bignami
Si può vivere prendendo a morsi la vita e trascorrere i giorni e le notti assieme ad un sogno di pietà e di inclemenza. Si può vivere per sempre con una sorella ardente e temibile: l'oscurità di un «desiderio irrefrenabile di compagnia» dentro cui ruota la luce della solitudine. Si può essere e insieme morire: perché nei più crudi conflitti è il modo in cui ti comporti con te stesso, «coi tuoi e con gli altri che fa la differenza». Il romanzo Gli uomini eguali (Bietti) di Maurice Bignami è la storia di un padre raccontata dal figlio. Nino, attorno agli anni Venti, per i vicoli di un ghetto di Bologna, puzza di miseria, s'attanaglia nelle cancrene dell'esistenza. Il fascismo più rabbioso si fa sistema. Innalza le sue rovine, la vergogna, le sue piogge acide. Nino, come altri, fugge a Parigi, diventa comunista: passa nel fuoco candido dell'emigrazione e perde la sua guerra che è sempre privata e sempre di tutti. Poi precipitano a raffica le bombe e, ancor più gravi, le menzogne. L'Italia è un paese tradito. Nazisti, partigiani, alleati. Il clamore della storia soffia su una terra insanguinata, dove ognuno sta preparando all'altro «la buca», la trappola, la crudezza della resa dei conti. Nino, dunque, si è deciso a raccontare la propria esistenza, ma la voce è quella del figlio, che aspetta (e siamo nel 2000) l'attimo straziante in cui un padre novantenne muoia, succhiando l'ultimo ossigeno, in un dolore senza più vergogna. Nelle fitte cinquecento pagine, Gli uomini eguali posseggono un che di rabbrividito. È come il senso di una necessità definitiva e sincera che dilaga e fa propri persino gli effetti più lontani, quelli meno previsti dalla prima intenzione narrativa: dico il passo sentimentale, il calore e la passione di due esistenze malinconicamente appaiate; quel pianto profondo e sottile, sempre trattenuto, che lega (perché sempre separa) un padre e un figlio. Non so se invece sia giusto (come si legge nel risvolto) parlare di romanzo picaresco. Nel picarismo scorre una svagatezza, qualcosa che resta sempre in alto rispetto alla materia narrata o ordinata dalla «varietà» di anelli e mondi. Ne Gli uomini eguali, invece, tutto ciò che si narra è chiuso in un pugno, resta basso. Niente sfugge al radicalismo emotivo che elude la libertà picaresca: il racconto, piuttosto, ama la nudità, l'etica di una memoria che non abiura e non vela - e che vuole rappacificarsi con se stessa, con le trappole della vita. Gli uomini eguali è una bella sorpresa. È solido, mai fatuo: pagina dopo pagina riporta sotto la luce una pratica costante di analisi, l'ostinata investigazione di se stessi. Che poi quel padre e quel figlio (e tutti i fatti narrati) non siano invenzioni ma la realtà storica, diventa un fatto sorprendente. Nino è Torquato Bignami, comunista e combattente da sempre, accusato nel 1980 (a settantanni) di partecipazione a banda armata. Suo figlio Maurice è stato uno dei protagonisti di Prima linea: il primo, insieme a Sergio Segio, a dire basta con la lotta armata, ma anche l'ultimo ad uscire dal carcere. C'è un cuore nascosto nella voce forte di Maurice Bignami: «non c'è nulla che sappia esaltare il valore e sua sorella la tracotanza come gli ultimi bagliori di una causa sbagliata». Si, la nobiltà di Maurice e del suo romanzo va cercata in quest'aspro e chiuso paradosso: in un pianto amaro e segreto, che non finisce più.
Arnaldo Colasanti
La sincerità di Bignami
Si può vivere prendendo a morsi la vita e trascorrere i giorni e le notti assieme ad un sogno di pietà e di inclemenza. Si può vivere per sempre con una sorella ardente e temibile: l'oscurità di un «desiderio irrefrenabile di compagnia» dentro cui ruota la luce della solitudine. Si può essere e insieme morire: perché nei più crudi conflitti è il modo in cui ti comporti con te stesso, «coi tuoi e con gli altri che fa la differenza». Il romanzo Gli uomini eguali (Bietti) di Maurice Bignami è la storia di un padre raccontata dal figlio. Nino, attorno agli anni Venti, per i vicoli di un ghetto di Bologna, puzza di miseria, s'attanaglia nelle cancrene dell'esistenza. Il fascismo più rabbioso si fa sistema. Innalza le sue rovine, la vergogna, le sue piogge acide. Nino, come altri, fugge a Parigi, diventa comunista: passa nel fuoco candido dell'emigrazione e perde la sua guerra che è sempre privata e sempre di tutti. Poi precipitano a raffica le bombe e, ancor più gravi, le menzogne. L'Italia è un paese tradito. Nazisti, partigiani, alleati. Il clamore della storia soffia su una terra insanguinata, dove ognuno sta preparando all'altro «la buca», la trappola, la crudezza della resa dei conti. Nino, dunque, si è deciso a raccontare la propria esistenza, ma la voce è quella del figlio, che aspetta (e siamo nel 2000) l'attimo straziante in cui un padre novantenne muoia, succhiando l'ultimo ossigeno, in un dolore senza più vergogna. Nelle fitte cinquecento pagine, Gli uomini eguali posseggono un che di rabbrividito. È come il senso di una necessità definitiva e sincera che dilaga e fa propri persino gli effetti più lontani, quelli meno previsti dalla prima intenzione narrativa: dico il passo sentimentale, il calore e la passione di due esistenze malinconicamente appaiate; quel pianto profondo e sottile, sempre trattenuto, che lega (perché sempre separa) un padre e un figlio. Non so se invece sia giusto (come si legge nel risvolto) parlare di romanzo picaresco. Nel picarismo scorre una svagatezza, qualcosa che resta sempre in alto rispetto alla materia narrata o ordinata dalla «varietà» di anelli e mondi. Ne Gli uomini eguali, invece, tutto ciò che si narra è chiuso in un pugno, resta basso. Niente sfugge al radicalismo emotivo che elude la libertà picaresca: il racconto, piuttosto, ama la nudità, l'etica di una memoria che non abiura e non vela - e che vuole rappacificarsi con se stessa, con le trappole della vita. Gli uomini eguali è una bella sorpresa. È solido, mai fatuo: pagina dopo pagina riporta sotto la luce una pratica costante di analisi, l'ostinata investigazione di se stessi. Che poi quel padre e quel figlio (e tutti i fatti narrati) non siano invenzioni ma la realtà storica, diventa un fatto sorprendente. Nino è Torquato Bignami, comunista e combattente da sempre, accusato nel 1980 (a settantanni) di partecipazione a banda armata. Suo figlio Maurice è stato uno dei protagonisti di Prima linea: il primo, insieme a Sergio Segio, a dire basta con la lotta armata, ma anche l'ultimo ad uscire dal carcere. C'è un cuore nascosto nella voce forte di Maurice Bignami: «non c'è nulla che sappia esaltare il valore e sua sorella la tracotanza come gli ultimi bagliori di una causa sbagliata». Si, la nobiltà di Maurice e del suo romanzo va cercata in quest'aspro e chiuso paradosso: in un pianto amaro e segreto, che non finisce più.
Arnaldo Colasanti
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