Da La Repubblica del 31/05/2006

Il 4 e 5 giugno su RaiUno il film "A voce alta". La storia del sindacalista Gioacchino Basile

Boss, indagini e un uomo da salvare arriva in tv la fiction dell´Antimafia

La Commissione e il caso del palermitano che denunciò gli affari di un clan

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Storia del crimine organizzato in Italia1. Mafia
ROMA - Una mattina di settembre, nove anni fa, palazzo San Macuto, sede della Commissione antimafia. Ottaviano del Turco, allora presidente, e Alfredo Mantovano seguono distratti un telegiornale e l´intervista di quel "sindacalista" palermitano, quel tale Gioacchino Basile che da anni denuncia gli affari della famiglia Galatolo, i boss del rione Acquasanta, dentro i Cantieri Navali di Palermo e non solo non lo ascoltano: è stato licenziato, minacciato, poi ha vinto la causa, è stato riammesso al lavoro e però, insomma, alla fine è stato "mollato", da tutti, esclusa la famiglia. Eppure, dopo vent´anni, insiste, da quel microfono. Una di quelle storie che non sai mai dove finisce la verità e inizia l´ossessione. Una tipica storia siciliana. E allora, chiede Alfredo Mantovano, nella fiction interpretato da Antonio Serrano, «perché non lo sentiamo qui in Commissione questo Cirinnà (Basile)?». Pochi giorni dopo Ugo Dighero-Gioacchino Basile siede davanti alla Commissione antimafia. E´ una stanza fumosa, schedari di legno, dove la luce arriva dall´alto e le parole non finiscono mai perché quella che sembra non finire mai è la storia del sindacalista Basile. In quella stanza però si racconta una delle pagine più emozionanti dell´antimafia degli ultimi anni, senza eroi o latitanti eccellenti né mattanze sanguinarie. In scena è il potere della mafia più subdolo: quello delle infiltrazioni dei boss nei posti di lavoro; del controllo degli appalti e dei subappalti alle ditte del clan Galatolo; della merce che scompare dai cantieri di notte e viene riacquistata il giorno dopo a prezzi raddoppiati e da ditte "amiche"; del traffico di droga nascosta nelle paratie delle navi; delle minacce e delle umiliazioni contro chi prova a mettersi contro e resta solo. Come Gioacchino Basile. Che però, alla fine, dopo vent´anni, vince.
«A voce alta» (Rai Uno, 5-6 giugno, coproduzione Rai-Kios) è una fiction di mafia. Ma forse è meglio dire dell´Antimafia, l´insolita protagonista di questo film per la tivù e in cui onore oggi pomeriggio ci sarà un´anteprima per i parlamentari a palazzo Marini. E´ la Commissione la prima istituzione - a nulla erano serviti gli esposti di Basile a forze dell´ordine, magistratura e prefettura - che dà credito a Basile, lo prende a verbale e dopo di lui i colleghi di lavoro, i delegati regionali di Cgil, Cisl, Uil e il direttore della Cantieri navali. Tutti negano. Ma la Commissione va avanti unita, non tiene contro di destra e sinistra, e diventa lei stessa investigatore e magistrato. Ordina le perquisizioni negli uffici e quello che per anni è stato negato ai massimi livelli, viene dimostrato su carte e documenti. L´Antimafia di Del Turco e Mantovano scrive tutto in una relazione lunga 87 pagine, approvata all´unanimità che diventa la prima sceneggiatura della futura fiction. La regia, i fratelli Alessandro e Vincenzo Verdecchi, non possono fare a meno di citare integralmente lunghi passaggi della relazione che puntano il dito «sull´assenza, nonostante le denunce di Basile, di qualsiasi strategia di riconquista del territorio alla legalità o di bonifica del contesto produttivo e sociale dei cantieri». I titoli di coda, estratti dalla relazione, sono atti di accusa contro «la colpevole inattività» di chi a quel tempo doveva indagare, proteggere e prevenire.

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