Da mondoacolori.org del 11/03/2005

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Casini: "Rinnoviamo il patto per contrastare la mafia"

Commemorazione Mattarella

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Storia del crimine organizzato in Italia1. Mafia
ROMA - «Rinnoviamo oggi il patto che impegna tutta la comunità nazionale a contrastare la mafia senza cedimenti ed a respingere i contrasti e le divisioni che finiscono per favorirne il disegno di disgregazione morale e civile». Pier Ferdinando Casini, presidente della Camera lo afferma nella «solenne circostanza» delle celebrazione, alla Camera, in onore di Piersanti Mattarella, a venticinque anni dal suo omicidio per mano della mafia.

Alla presenza del Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi e dei rappresentanti delle massime istituzioni dello Stato e della regione Sicilia Casini afferma che «se oggi sono stati compiuti importanti progressi nell'affermazione della legalità in Sicilia ed in tutto il paese, lo si deve prima di tutto al sacrificio di uomini come Mattarella». «La sua memoria si consolida così, giorno dopo giorno, nella coscienza collettiva del paese ed alimenta la comune responsabilità a non abbassare mai la guardia contro la sopraffazione ed il ricatto della criminalità organizzata». Il presidente della Camera parla alla presenza dei familiari di Piersanti Mattarella: la signora Irma ed i figli Bernardo e Maria, i fratelli Sergio, Antonino e Caterina. «La loro presenza - dice - onora questa cerimonia rinnovando la testimonianza di compostezza e di rigore con cui essi continuano a preservare la memoria di un uomo 'giusto e coraggioso', come lo definì Sandro Pertini, allora presidente della Repubblica, all'indomani del tragico agguato» del 1980.

Casini ricorda «l'impegno intransigente di Piersanti Mattarella contro ogni forma di favoritismo, la sincera ricerca del dialogo tra le forze politiche e sociali, l'aspirazione a formare una nuova classe dirigente che non fosse più immagine del notabilato ma venisse selezionata nel libero confronto delle idee e della capacita». «Furono - dice - questi i valori che alimentarono la sua aspirazione a fare della Sicilia uno degli elementi trainanti dello sviluppo economico e civile del paese e non più il baluardo della conservazione degli equilibri del passato». «E' sin troppo evidente che un simile programma contrastasse con le logiche perverse della mafia». Casini ricorda il «tragico» destino comune che unì Mattarella ad Aldo Moro: la mafia colpì nuovamente la Democrazia Cristiana «in un uomo simbolo, morto un anno e mezzo dopo lo statista democristiano».

Piersanti Mattarella - afferma Casini - «non è stato nè il primo, nè l'ultimo dei morti per mafia. Il suo nome si unisce tristemente nel ricordo dei tanti politici, giudici, poliziotti, giornalisti che hanno sfidato la criminalità organizzata nel vivo dei suoi interessi e l'hanno combattuta come forma mentis, prima ancora che come reato». Il presidente della Camera ricorda quindi «il segno indelebile lasciato da Mattarella nella memoria di tutto il Paese. Segno che ci consente oggi di affermare che era un uomo carico di futuro». Seduto in prima fila a commemorare Mattarella è presente anche il presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro per il quale Mattarella costituisce «la testimonianza di un martire che fino alla fine ha combattuto la mafia». «E' nostro dovere - afferma - ricordarlo ed onorarlo e testimoniare che la mafia è riprovevole per tutta la Sicilia».

E Guido Bodrato, compagno di partito, sottolinea che «l'intento della mafia era quello di mettere a tacere uno dei massimi esponenti della politica fatta con le carte in regola. Una persona che aveva rotto con l'amministrazione di Palermo dove potere e politica erano una cosa sola». Bodrato ricorda che Mattarella «fu solo una delle vittime che la Sicilia ha dovuto pagare». Il suo assassinio, infatti, precedette di poco la morte di Pio La Torre, Carlo Dalla Chiesa, fino alle stragi di Falcone e Borsellino. A venticinque anni dalla sua morte «si ricorda uno dei grandi personaggi della politica siciliana, ma in generale di tutto il panorama nazionale» e per il presidente del parlamento siciliano Guido Lo Porto, che ricorda anche il lavoro sulle riforme della regione, fu un «uomo strappato all'Italia troppo precocemente».

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