Da Aprile del 28/04/2005

''La guerra fredda delle spie''

Sabato 23 aprile con l'Unità, un lavoro di Aldo Giannulli per la collana 'Archivi non più segreti'
Chi garantiva in Italia protezione e appoggi agli agenti dell'Oas (l'Organizzazione Armata Segreta nata in Francia per opera degli oltranzisti del colonialismo)? In prima fila c'è il dottor Gianni Baget Bozzo (allora non ancora un don) il quale presso la sede del Comitato per l'Ordine Civile di Roma (in via Piemonte 39) ospitava l'agente Lacheroy durante gli incontri con gli onorevolei Romualdi (MSI) Pennacchini e Foderaro (DC), segretario particolare di Tambroni. Di notizie come queste è pienissimo il libro in uscita con L'Unità, La guerra fredda delle spie, l'Ufficio Affari Riservati vol. 1, un bel lavoro di Aldo Giannuli con la prefazione del giornalista Vincenzo Vasile.
Giannuli, un infaticabile ricercatore, perito di diverse Procure della Repubblica, consulente di alcune commissioni parlamentari e conoscitore della storia del nostro paese, si è immerso nella mole di un importante giacimento archivistico depositato alla periferia della capitale sulle tracce di uno dei più importanti "luoghi" della storia nazionale, l'Ufficio Affari Riservati (Uaarr) di cui ricostruisce vita e morte con un punto di vista molto originale. Creatura di Federico Umberto D'Amato, personaggio pittoresco, spiega Vasile nella Prefazione, gastronomo, collezionista di pupazzi del Settecento e conosciuto anche come l'Edgar Hoover italiano, in riferimento all'ultras dell'anticomunismo, capo dell'FBI (D'Amato fu bersaglio di Dario Fo in "Pum Pum. Chi è? La polizia"), l'Uaarr è una super-spia che nell'assetto geo-politico uscito dalla seconda guerra mondiale riesce a non diventare un braccio della CIA ma a mantenere un autonomo punto di vista con cui costruire i propri puzzle e studiare "l'eterno problema", ovvero il PCI. Tra le altre storie, Giannuli fa luce su un caso importante, quello di Marisa Musu, dirigente comunista, medaglia d'argento al valor militare e figura storica della Resistenza romana e, secondo il giudice veneziano Mastelloni, iscritta nelle registro "Fonti" del Servizio: è vero che proprio la Musu, sostiene Giannuli, è stata, d'accordo con il partito, relatrice di ampie informazioni all'Uaarr, niente altro che ottimi reportages giornalistici sul dibattito in via delle Botteghe Oscure, "nulla che potesse nuocere al partito"; anzi, proprio quelle informazioni veicolarono un'immagine più realista e meno ideologica dell'evoluzione comunista. Probabilmente lo stesso D'Amato si accorse del doppio ruolo della Musu che volle tuttavia "utilizzare" per comprendere la natura del dibattito interno a quello che sarebbe diventato il maggior partito di opposizione. Una analisi in controtendenza, dunque, rispetto a quella secondo cui i servizi segreti in Italia hanno lavorato solo in funzione anticomunista, che fu sì il maggior impegno dei servizi e in nome del quale hanno spesso fatto scempio della legalità: tuttavia questo "non esaurisce l'argomento". A distanza di molti anni, dice Giannulli, si può ricostruire una realtà più variegata e complessa grazie alla mole di materiale raccolto in occasione di tre inchieste penali (quella sulla strage di Peteano e Gladio condotta dal giudice Felice Casson, quella sull'abbattimento dell'aereo Argo 16 di Mastelloni e sull'eversione in Lombardia, poi Piazza Fontana gestita da Salvini): a questo si aggiunge l'archivio della Commissione Stragi che raccoglie gran parte della documentazione giudiziaria e molto altro ancora, per un totale di oltre un milione e mezzo di pagine. Altri elementi possono essere reperiti negli atti della commissione P2, oltre che in quella sul caso Sifar. Dunque - conclude Giannuli - "si può cominciare a lavorare". E lo fa con questo primo prezioso volumetto sul caso dell'Ufficio Affari Riservati, indicato come l'erede dell'Ovra, la "cupola" della strategia della tensione, l'alleato del Sid, il mandante delle stragi e l'autore di ogni depistaggio, di cui cerca di ricostruire una storia non mitologica.
Sfiziose, infine, le notizie sull'azione informativa nei confronti degli ambienti dello spettacolo: è interessante la notizia dell'appello in difesa della libertà di espressione nel cinema, sottoscritto nel 1948 da un foltissimo gruppo di registi e attori, tra cui Corrado Alvaro, Sergio Amidei, Giudo Aristarco, Gino cervi, Mario Camerini, Luigi Comencini, Vittorio De Sica, Alberto Lattuada, Carlo Lizzani, Cesare Zavattini. A muoverli era l'invadenza della censura, tutta in mano cattolica: chissà cosa avrebbe fatto di questi tempi...

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