Da La Repubblica del 04/01/2006
Originale su http://www.repubblica.it/2006/a/sezioni/cronaca/unobianca/unobianca/un...
Condannati all'ergastolo per diversi omicidi, le hanno chiesto perdono nel 15esimo anniversario dell'eccidio di Bologna
Uno bianca, lettera dei fratelli Savi alla madre di un carabiniere ucciso
Ma la donna non l'ha voluta leggere: "Non riesco a perdonarli"
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BOLOGNA - Una lettera per chiedere perdono ad Anna Stefanini, la madre di uno dei tre carabinieri uccisi al Pilastro la notte del 4 gennaio 1991 dalla banda della Uno bianca. Il messaggio, scritto dai fratelli Savi, condannati all'ergastolo per questo delitto e per altri omicidi in sette anni di terrore, è stato consegnata in una busta alla donna in occasione del 15esimo anniversario dell'eccidio avvenuto nella zona alla periferia di Bologna.
"Appena l'ho aperta - ha raccontato Anna Stefanini - sono rimasta allibita e l'ho subito richiusa". Non sa nemmeno se la leggerà, ha spiegato ancora la donna, e anche per questo non è ben chiaro se la lettera sia stata firmata da tutti e tre i fratelli Roberto, Fabio e Alberto, oppure solo da qualcuno di questi. Di certo resta il dolore della madre che da 15 anni torna a Bologna per ricordare suo figlio Otello e i suoi due commilitoni, Andrea Moneta e Mauro Mitilini.
"Io ho fede e credo in Dio, e non posso dire che li ho perdonati, perché la cosa più atroce è vedere che mio figlio, ucciso a 22 anni e tre mesi, non c'è più. Io non riesco a perdonarli, ma prego per loro perché Dio gli faccia capire cosa hanno fatto". Anna Stefanini ha poi ribadito la richiesta di una pena certa: "Io non sono per la pena di morte, ma sono per la pena certa e allora se uno è stato condannato all'ergastolo trent'anni almeno deve scontarli".
Come ogni anno uno dei più tragici delitti della Uno bianca, la strage del Pilastro, è stata ricordata con una messa, celebrata nella chiesa del quartiere dal vescovo ausiliare di Bologna Ernesto Vecchi, e con una deposizione di fiori al monumento che ricorda il sacrificio dei tre giovanissimi carabinieri.
Mauro Mitilini, Andrea Moneta e Otello Stefanini erano tre giovanissimi carabinieri poco più che ventenni e la sera del 4 gennaio del 1991 erano di pattuglia al quartiere Pilastro, estrema periferia di Bologna. Quella sera, poco prima delle 22, la loro strada si incrociò con quella di una banda della Uno bianca guidata dai fratelli Savi e composta per quattro quinti da poliziotti. Tre banditi all'improvviso aprono il fuoco contro i tre carabinieri trucidandoli.
Ci sono voluti quasi quattro anni per scoprire i veri assassini, colpevoli di avere ucciso 24 persone e di averne ferite altre 102 in sette anni e mezzo di scorribande (91 rapine a banche, caselli autostradali, distributori di benzine, supermercati e uffici postali; una tentata estorsione, una decina di 'spedizioni punitive' nate con il solo scopo di uccidere) il tutto tra il 1987 e il 1994.
Oggi la vedova di una delle vittime della banda della Uno bianca, Rosanna Zecchi (il marito Primo Zecchi fu ucciso a Bologna il 6 ottobre del 1990), che presiede l'Associazione delle vittime dei fratelli Savi, ha proposto che tutte le persone cadute sotto il fuoco della banda vengano ricordate in un unico giorno, indicando il 13 ottobre come possibile data.
"Appena l'ho aperta - ha raccontato Anna Stefanini - sono rimasta allibita e l'ho subito richiusa". Non sa nemmeno se la leggerà, ha spiegato ancora la donna, e anche per questo non è ben chiaro se la lettera sia stata firmata da tutti e tre i fratelli Roberto, Fabio e Alberto, oppure solo da qualcuno di questi. Di certo resta il dolore della madre che da 15 anni torna a Bologna per ricordare suo figlio Otello e i suoi due commilitoni, Andrea Moneta e Mauro Mitilini.
"Io ho fede e credo in Dio, e non posso dire che li ho perdonati, perché la cosa più atroce è vedere che mio figlio, ucciso a 22 anni e tre mesi, non c'è più. Io non riesco a perdonarli, ma prego per loro perché Dio gli faccia capire cosa hanno fatto". Anna Stefanini ha poi ribadito la richiesta di una pena certa: "Io non sono per la pena di morte, ma sono per la pena certa e allora se uno è stato condannato all'ergastolo trent'anni almeno deve scontarli".
Come ogni anno uno dei più tragici delitti della Uno bianca, la strage del Pilastro, è stata ricordata con una messa, celebrata nella chiesa del quartiere dal vescovo ausiliare di Bologna Ernesto Vecchi, e con una deposizione di fiori al monumento che ricorda il sacrificio dei tre giovanissimi carabinieri.
Mauro Mitilini, Andrea Moneta e Otello Stefanini erano tre giovanissimi carabinieri poco più che ventenni e la sera del 4 gennaio del 1991 erano di pattuglia al quartiere Pilastro, estrema periferia di Bologna. Quella sera, poco prima delle 22, la loro strada si incrociò con quella di una banda della Uno bianca guidata dai fratelli Savi e composta per quattro quinti da poliziotti. Tre banditi all'improvviso aprono il fuoco contro i tre carabinieri trucidandoli.
Ci sono voluti quasi quattro anni per scoprire i veri assassini, colpevoli di avere ucciso 24 persone e di averne ferite altre 102 in sette anni e mezzo di scorribande (91 rapine a banche, caselli autostradali, distributori di benzine, supermercati e uffici postali; una tentata estorsione, una decina di 'spedizioni punitive' nate con il solo scopo di uccidere) il tutto tra il 1987 e il 1994.
Oggi la vedova di una delle vittime della banda della Uno bianca, Rosanna Zecchi (il marito Primo Zecchi fu ucciso a Bologna il 6 ottobre del 1990), che presiede l'Associazione delle vittime dei fratelli Savi, ha proposto che tutte le persone cadute sotto il fuoco della banda vengano ricordate in un unico giorno, indicando il 13 ottobre come possibile data.