NAP

Nuclei Armati Proletari − Italia

Sull'onda dei movimenti di lotta che presero avvio nel 1969 all'interno delle carceri italiane si formarono, tra i detenuti, un certo numero di avanguardie politiche e di lotta.
Alcuni gruppi della sinistra extraparlamentare s'interessarono a questo movimento con proprie commissioni. Lotta Continua, in particolare, dopo aver costituito nel 1970 una Commissione carceri, nel 1971 dedicò una parte del suo giornale quotidiano a questo problema con la rubrica “I dannati della terra”.
Dopo la svolta del 1973, in cui Lotta Continua rifiutò ogni prospettiva d'uscita dalla legalità, molti militanti abbandonarono quella organizzazione. E’ di questo periodo la formazione delle prime aggregazioni, a Firenze (nel Collettivo J. Jackson), e a Napoli, dei militanti che daranno vita ai Nuclei Armati Proletari (NAP), organizzazione particolarmente interessata ai movimenti dei soggetti sociali maggiormente emarginati: proletari prigionieri, proletariato marginale e del Sud.
Prima azione dei NAP è la diffusione, di fronte alle carceri di Milano, Roma e Napoli, di messaggi d'appoggio alle lotte dei prigionieri. Allo scopo vengono impiegati altoparlanti attrezzati con cariche di esplosivo atte a distruggerli dopo l'emissione (4-10-74).
Le motivazioni politiche di questa campagna, il cui slogan è “Rivolta generale nelle carceri e lotta armata dei nuclei esterni”, vengono esposte nel documento: “Nuclei Armati Proletari, Autonomia Proletaria - Nucleo esterno movimento detenuti” (settembre 1974).
Il 29 ottobre 1974, nel corso di un esproprio ad una banca di Piazza Alberti, a Firenze, vengono uccisi dai carabinieri, Luca Mantini, già fondatore del Collettivo Jackson, e Giuseppe Romeo "Sergio".

Il nucleo napoletano dei NAP, con le incursioni nella sede dell'UCID (ottobre 1974) e in una sede della Democrazia Cristiana (novembre 1974), manifesta una forte sintonia con alcune azioni delle Brigate rosse.

L'11 marzo 1975, a Napoli, mentre sta preparando un ordigno, muore dilaniato dall’esplosione accidentale il militante Giuseppe Vitaliano Principe, mentre resta gravemente ferito Alfredo Papale..

A Roma, il 6 maggio 1975, i NAP sequestrano il giudice Giuseppe Di Gennaro, direttore di un ufficio della direzione generale degli istituti di prevenzione e pena del ministero della Giustizia.
Tre giorni dopo, nel carcere di Viterbo, tre detenuti, dopo aver tentato senza esito l’evasione, ripiegano sul sequestro di alcuni agenti di custodia. Durante il sequestro essi rivendicano ai NAP il rapimento del giudice Di Gennaro. Inoltre essi chiedono la diffusione, via radio, di un loro comunicato che verrà letto il giorno 10 maggio al radiogiornale delle 7del mattino. Il giudice Di Gennaro viene rilasciato il 10 maggio.
Nel corso di questa azione prolungata i NAP diffondono tre comunicati. A loro volta i detenuti espongono le loro posizioni in due comunicati ed un’autointervista.
Giovanni Taras, militante dei NAP di Napoli, inerpicatosi sul tetto del manicomio giudiziario di Aversa al fine di diffondere un messaggio di solidarietà con gli internati e contro la gestione di questo istituto che, all’epoca, da più parti, veniva definito un “lager”, muore a causa dell'esplosione anticipata della carica di esplosivo collegata al registratore (30-5-75). L'azione viene rivendicata dal “Nucleo 'Sergio Romeo’”.

Un'importante riflessione generale sull'impostazione politica dei NAP viene elaborata in forma di autointervista nel giugno 1975.
In questo documento vengono esposti anche gli orientamenti organizzativi basilari. In particolare viene detto: “I NAP sono nati da precise esperienze di massa in vari settori, che hanno spinto alcuni compagni a porsi concretamente il problema della clandestinità (…). Noi vediamo la sigla NAP non come una firma che caratterizza un'organizzazione con un programma complessivo, ma come una sigla che caratterizza i caratteri propri della nostra esperienza. (…) La nostra esperienza ha portato alla creazione di nuclei di compagni che agiscono in luoghi e situazioni diverse, in maniera totalmente autonoma e che conservano tra di loro un rapporto organizzativo e di confronto politico”.

L’8 luglio 1975 una squadra dell'antiterrorismo, individuato a Roma l’appartamento di Annamaria Mantini, vi si apposta e, al suo rientro, a freddo, la uccide.
Il vicebrigadiere Antonino Tuzzolino, che aveva sparato ad Annamaria Mantini, viene ferito intenzionalmente, a Roma, il 9 febbraio 1976. L’azione viene rivendicata dal "Nucleo 29 Ottobre".

Tra la fine del 1975 ed i primi mesi del 1976, i NAP compiono varie azioni contro il personale di custodia delle carceri e dirigenti del ministero della Giustizia.

Tra marzo ed aprile del 1976 il confronto politico con le Brigate Rosse, proseguito sia all'esterno delle carceri che tra i detenuti delle due organizzazioni, trova due momenti unitari:
- campagna, in varie città italiane, contro caserme ed automezzi dei carabinieri (1 marzo 1976);
- incursione nella sede dell'ispettorato distrettuale degli istituti di prevenzione e pena di Milano (22 aprile 1976).

Il magistrato Paolino Dell'Anno, accusato dai NAP di aver nascosto la vera dinamica dell'uccisione di Annamaria Mantini, viene ferito a Roma il 5 maggio 1976.

Il 14 dicembre 1976 un nucleo dei NAP attacca il capo dei servizi di sicurezza di Roma e del Lazio, Alfonso Noce che resta ferito, mentre un agente della scorta, Prisco Palumbo, muore. In questa azione rimane ucciso anche il militante Martino Zichittella.

Il 22 marzo 1977 su un autobus, a Roma, l’agente di polizia Claudio Graziosi individua una militante evasa dal carcere di Pozzuoli con l’appoggio esterno dei NAP (22-1-77). Lei è Maria Pia Vianale, il militante che è con lei, per impedirne l’arresto, affronta Graziosi e lo uccide. Nella caccia ai due nappisti in fuga che si scatena per le vie di Roma, due plizioti uccidono per errore una guardia zoofila, Angelo Cerrai, che si era unito alle ricerche.

Il 1 luglio 1977 una pattuglia dei carabinieri individua tre militanti dei NAP sulla scalinata della chiesa di San Pietro in Vincoli, a Roma. Due di esse (Maria Pia Vianale e Franca Salerno), ferite, vengono arrestate e pestate a sangue. Antonio Lo Muscio, ferito mentre tenta di sottrarsi alla cattura, viene finito con un colpo di psitola. Questo evento chiude, di fatto, all'esterno del carcere, la storia dei NAP.

Nel dicembre 1977 tre prigionieri dei NAP elaborano un documento di bilancio in cui, considerando esaurita la loro esperienza, motivano la loro confluenza nelle BR. Altri detenuti dei NAP, invece, scontano la pena per la loro militanza senza aderire ad altre organizzazioni.

Il 20 dicembre 1980, a Napoli, il militante dei NAP Alberto Buonoconto s'impicca a casa dei genitori, mentre ancora sta scontando la pena.

Il 30 luglio 1993, nel carcere mandamentale di Lauro (AV), muore per soffocamento un altro militante dell’ormai disciolta organizzazione: Claudio Carbone.

Per l’attività dei Nuclei Armati Proletari sono state inquisite 65 persone.
 
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