Da Corriere della Sera del 13/02/2005
Intervista a Valentino Parlato
«Lollo, un poveraccio che cerca vendetta»
Le sue dichiarazioni non cambiano la verità storica, servono solo a far attaccare la sinistra
di Fabrizio Roncone
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ROMA - Nella redazione del manifesto aspettano che arrivi una notizia buona da Bagdad, è un sabato pomeriggio di speranza, attesa e però il giornale bisogna continuare a confezionarlo e così ci sono anche altre discussioni: su una di queste, Valentino Parlato s’accende una sigaretta. «Va bene, parliamo del caso di Primavalle e di quel Lollo...». Valentino Parlato non è solo: nella sua stanza ci sono pure due colleghi, Andrea Colombo e Ida Dominijanni. «Vi prego, compagni, restate qui a sentire...».
Ecco, Parlato... Dopo 32 anni, quelle rivelazioni di Achille Lollo, da Rio de Janeiro: la notte del 16 aprile 1973, il rogo a casa di Mario Mattei, il segretario della sezione missina di Primavalle, un rogo nel quale morirono bruciati vivi due suoi figli, Virgilio di 22 anni e Stefano di 8, fu organizzato da sei persone e non soltanto da tre. Ecco, quelle rivelazioni, che effetto le hanno fatto?
«Io credo che la storia vada sempre rivista. Nel caso specifico, però, credo che quella di Achille Lollo sia un’uscita moralmente poco nobile. La vendetta di un poveraccio».
La vendetta?
«Ma sì, certo, la vendetta. Questa è pura vendetta».
Contro chi?
«Lo dice, lo ammette lui stesso... Contro tre compagni di banco che, all’epoca dei fatti, erano più signori...».
Signori, in che senso?
«Proprio nel senso borghese che intende Lollo...».
Lei parla di vendetta, Parlato. Ma scusi: la verità, una volta, non era rivoluzionaria?
«Certo... Ma questa di Lollo, che nuova verità storica sarebbe? Cosa aggiunge e cosa toglie a ciò che già conoscevamo?».
Meglio una verità completa di una parziale, o no?
«Mi chiedo: sapere se quei tre che Lollo, dopo 32 anni di silenzio, ha avuto la premura di coinvolgere raccontando tutto al Corriere , e cioè Paolo Gaeta, Diana Perrone ed Elisabetta Lecco, quella sera erano in macchina o piuttosto a casa... Ecco, saperlo adesso: cosa ci cambia? Quale piccolissima verità processuale sposta?».
Lei crede o no a quanto raccontato a Lollo?
«Io, quel Lollo, lo giudicai male all’epoca dell’attentato, un gesto folle e inutile, e lo giudico male oggi... Ma...».
Ma?
«Beh, riconosco che c’è una storia privata, per la quale Lollo avrà taciuto per ovvie convenienze... E poi c’è una storia, come dire? Politica».
Parliamo di questa.
«Sì, parliamone e diciamo con chiarezza che queste dichiarazioni di Lollo hanno di fatto dato il via ad una dura campagna di demonizzazione della sinistra. Ma l’avete sentito cosa si sente autorizzato a dire uno come Storace?».
Che diedero fuoco anche a casa sua e che...
«E i suoi amici? Ma su, forza, era tutta una stagione... Le parole di Lollo sono solo un eccellente assist a Berlusconi... E a questo proposito vorrei dire che io mi aspettavo...».
Cosa?
«Io mi aspettavo che un giornale serio come il Corriere contestualizzasse meglio ciò che accadde in occasione del rogo di Primavalle e che non preferisse invece leggere il tutto con le lenti del 2005».
Però, Parlato, è provato storicamente, e ci sono i titoli dei giornali dell’epoca che lo testimoniano: la sinistra, nelle settimane successive al rogo, preferì parlare di montature, di trame nere...
«La sinistra, in quell’occasione, sbagliò. E sbagliammo anche noi del manifesto , così come pure quelli dell’ Unità e di Paese Sera . Non capimmo, o forse non volemmo capire. Ma, appunto, sarebbe opportuno contestualizzare...».
C’erano le stragi nere, c’erano l’eversione di destra...
«E il nostro non voler indagare, capire e accettare... fu non giustificabile, ma comprensibile».
Però, Parlato: lei non trova che la sinistra, in qualche misura, faccia sempre un po’ troppa fatica a parlare dei suoi errori, dei suoi compagni che sbagliarono? Questo vale per Primavalle, ma anche per altre vicende...
«La sinistra italiana è stata brava a correggersi su certe grandi tematiche, come l’Unione Sovietica, su certi simboli... e però, sulle piccole cose di casa, stenta. È vero. Di noi, e dei nostri errori, parliamo sempre con una certa difficoltà».
Non sarà che vi portate dietro il senso di colpa profondo di non aver saputo intercettare, e bloccare, le derive di certi movimenti estremisti? Non credeste che il rogo di Primavalle fosse opera di militanti di Potere Operaio e poi, però, leader di quello stesso movimento, come Valerio Morucci, finirono nelle Brigate Rosse...
«C’è, in molti di noi, una sorta di rimozione». Rimozione? «Esatto. Perché, ripeto, sbagliammo. Ma non sbagliammo banalmente. Un’organizzazione come Potere Operaio, per esempio, non era solo una banda di delinquenti. Io, che non ero nato politicamente nel Sessantotto, quando leggevo certe loro cose, da vecchio comunista, d’istinto pensavo: sono matti... Poi, però... ecco, ci trovavo qualcosa di interessante, di condivisibile».
È passato tanto tempo: Parlato, quanti anni ha?
«Settantaquattro».
Lei è un punto di riferimento della sinistra radicale. Oggi cos’è che l’appassiona veramente? «Capire come va, dove va la società italiana».
Ecco, Parlato... Dopo 32 anni, quelle rivelazioni di Achille Lollo, da Rio de Janeiro: la notte del 16 aprile 1973, il rogo a casa di Mario Mattei, il segretario della sezione missina di Primavalle, un rogo nel quale morirono bruciati vivi due suoi figli, Virgilio di 22 anni e Stefano di 8, fu organizzato da sei persone e non soltanto da tre. Ecco, quelle rivelazioni, che effetto le hanno fatto?
«Io credo che la storia vada sempre rivista. Nel caso specifico, però, credo che quella di Achille Lollo sia un’uscita moralmente poco nobile. La vendetta di un poveraccio».
La vendetta?
«Ma sì, certo, la vendetta. Questa è pura vendetta».
Contro chi?
«Lo dice, lo ammette lui stesso... Contro tre compagni di banco che, all’epoca dei fatti, erano più signori...».
Signori, in che senso?
«Proprio nel senso borghese che intende Lollo...».
Lei parla di vendetta, Parlato. Ma scusi: la verità, una volta, non era rivoluzionaria?
«Certo... Ma questa di Lollo, che nuova verità storica sarebbe? Cosa aggiunge e cosa toglie a ciò che già conoscevamo?».
Meglio una verità completa di una parziale, o no?
«Mi chiedo: sapere se quei tre che Lollo, dopo 32 anni di silenzio, ha avuto la premura di coinvolgere raccontando tutto al Corriere , e cioè Paolo Gaeta, Diana Perrone ed Elisabetta Lecco, quella sera erano in macchina o piuttosto a casa... Ecco, saperlo adesso: cosa ci cambia? Quale piccolissima verità processuale sposta?».
Lei crede o no a quanto raccontato a Lollo?
«Io, quel Lollo, lo giudicai male all’epoca dell’attentato, un gesto folle e inutile, e lo giudico male oggi... Ma...».
Ma?
«Beh, riconosco che c’è una storia privata, per la quale Lollo avrà taciuto per ovvie convenienze... E poi c’è una storia, come dire? Politica».
Parliamo di questa.
«Sì, parliamone e diciamo con chiarezza che queste dichiarazioni di Lollo hanno di fatto dato il via ad una dura campagna di demonizzazione della sinistra. Ma l’avete sentito cosa si sente autorizzato a dire uno come Storace?».
Che diedero fuoco anche a casa sua e che...
«E i suoi amici? Ma su, forza, era tutta una stagione... Le parole di Lollo sono solo un eccellente assist a Berlusconi... E a questo proposito vorrei dire che io mi aspettavo...».
Cosa?
«Io mi aspettavo che un giornale serio come il Corriere contestualizzasse meglio ciò che accadde in occasione del rogo di Primavalle e che non preferisse invece leggere il tutto con le lenti del 2005».
Però, Parlato, è provato storicamente, e ci sono i titoli dei giornali dell’epoca che lo testimoniano: la sinistra, nelle settimane successive al rogo, preferì parlare di montature, di trame nere...
«La sinistra, in quell’occasione, sbagliò. E sbagliammo anche noi del manifesto , così come pure quelli dell’ Unità e di Paese Sera . Non capimmo, o forse non volemmo capire. Ma, appunto, sarebbe opportuno contestualizzare...».
C’erano le stragi nere, c’erano l’eversione di destra...
«E il nostro non voler indagare, capire e accettare... fu non giustificabile, ma comprensibile».
Però, Parlato: lei non trova che la sinistra, in qualche misura, faccia sempre un po’ troppa fatica a parlare dei suoi errori, dei suoi compagni che sbagliarono? Questo vale per Primavalle, ma anche per altre vicende...
«La sinistra italiana è stata brava a correggersi su certe grandi tematiche, come l’Unione Sovietica, su certi simboli... e però, sulle piccole cose di casa, stenta. È vero. Di noi, e dei nostri errori, parliamo sempre con una certa difficoltà».
Non sarà che vi portate dietro il senso di colpa profondo di non aver saputo intercettare, e bloccare, le derive di certi movimenti estremisti? Non credeste che il rogo di Primavalle fosse opera di militanti di Potere Operaio e poi, però, leader di quello stesso movimento, come Valerio Morucci, finirono nelle Brigate Rosse...
«C’è, in molti di noi, una sorta di rimozione». Rimozione? «Esatto. Perché, ripeto, sbagliammo. Ma non sbagliammo banalmente. Un’organizzazione come Potere Operaio, per esempio, non era solo una banda di delinquenti. Io, che non ero nato politicamente nel Sessantotto, quando leggevo certe loro cose, da vecchio comunista, d’istinto pensavo: sono matti... Poi, però... ecco, ci trovavo qualcosa di interessante, di condivisibile».
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