Da La Repubblica del 02/12/2006

Contatti e relazioni con la politica e il mondo economico del Titano. I primi sospetti quando circola su un'auto del 2002 che aveva la targa del 1999

I segreti di Scaramella a San Marino. Pedinato dalla gendarmeria per sei mesi

di Carlo Bonini


Mario Scaramella
SAN MARINO - In un lembo di terra affollato da banche e finanziarie, abitato da potenti consorterie che con ostinazione proteggono i loro segreti, Mario Scaramella aveva smesso di averne molto tempo prima che venissero giù le quinte del suo teatro posticcio. Per sei mesi, tra il gennaio e il giugno del 2005, inconsapevole delle ombre che gli si muovono intorno, l'ex consulente della commissione Mitrokhin viene controllato, osservato, registrato nelle sue frequentazioni da agenti della Gendarmeria.

È un tempo sufficiente non certo a illuminare ogni sua mossa, ma utile a mettere insieme un rapporto di polizia che ne smaschera alcune. A ricostruire almeno in parte quel network di relazioni che "il professore" era andato annodando con l'obiettivo di fare della Repubblica del Titano il luogo in cui proteggere se stesso e i lavori della sua "Ecpp", la Environmental crime protection program. San Marino doveva diventare la sede legale della scatola vuota in cui l'ex consulente ha fabbricato discredito politico e manipolato intelligence fasulla.

Avrebbe goduto di extraterritorialità, di immunità, di regimi fiscali di favore. E l'operazione - forse - sarebbe anche andata in porto se il diavolo non ci avesse messo la coda. Se non fosse stato per la smania di apparire. Per un "Range Rover" grigio chiaro su cui Scaramella si fa rumorosamente scarrozzare da due guardie del corpo e la cui targa (rilasciata nel 1999) non coincide con la data di immatricolazione dell'auto (2002). Facendo così sollevare il sopracciglio alla Gendarmeria.

Era arrivato quasi per caso a San Marino, Mario Scaramella. Tra il 2003 e il 2004. E il posto doveva essergli andato subito a genio. Una polizia che si fa gli affari suoi. Banche protette da un segreto tombale. Una maggioranza politica allora di centro-destra. Alla fine di quel 2004, si fa vedere spesso in compagnia dell'allora comandante della Gendarmeria, Marcello Biagioli (ufficiale dei carabinieri che verrà avvicendato a fine gennaio 2005 dopo essere stato travolto da un'inchiesta della Procura di Roma per vecchie storie della Banda della Magliana. Indagine poi chiusa in un nulla a Perugia).

Frequenta con assiduità lo studio "Botteghi", potenti commercialisti, di cui in città si magnificano i legami con i salotti romani degli alti gradi delle nostre forze armate. A San Marino, il "professore" non perde il suo tempo, perché un lavoro ce l'ha. La Democrazia cristiana sanmarinese è agitata da uno scontro fratricida tra due dei suoi maggiori notabili, Gabriele Gatti e Claudio Podeschi. Scaramella, non si capisce bene a che titolo, ficca il naso negli affari dell'uno e dell'altro. Con un risultato. Nel novembre 2004, l'allora maggioranza di centro-destra lo gratifica di due delibere (una nominativa, l'altra a beneficio della Ecpp) che stanziano 10 mila euro per uno studio sui rischi ambientali del territorio.

Diecimila euro (peraltro mai finanziati) sono una miseria per il "professore". Ma servono a far mettere un piede alla Ecpp a San Marino. Ad attestarla lì dove ha deciso di spostare il fulcro del lavoro che svolge per la commissione Mitrokhin. E, apparentemente, a confonderne anche i canali di finanziamento. Euvgenij Limarev (una delle fonti principali di Scaramella nella Mitrokhin) racconta a Repubblica di essere stato a San Marino in compagnia di "Mario". Di aver visitato con lui gli uffici della "Finbroker" di Loris Bassini, una società finanziaria che il "professore" pensa possa dare una mano al trasloco da Napoli di tutta la sua baracca. La stessa società finanziaria che si ritrova in uno dei crocevia più opachi del caso Telekom Serbija, perché è attraverso i suoi conti che transitano denari di provenienza Telekom per andare a ossigenare le casse del quotidiano napoletano di destra "Roma".

Nei rapporti della Gendarmeria di San Marino sul conto di Scaramella, nulla consta della "Finbroker". Come nulla risulta di contatti tra l'ex consulente e la Cassa di Risparmio, l'istituto di credito su cui Scaramella ha ipotizzato di costruire uno dei piani alternativi per la demolizione della figura pubblica di Prodi, accreditando l'esistenza di alcuni conti su cui transiterebbero inconfessabili finanziamenti provenienti da Mosca. Epperò, la circostanza, che appare neutra, neutra non è. In una Repubblica dove gli accertamenti bancari sono un'eccezione (e in cui sul caso Scaramella la magistratura, a oggi, non ha disposto alcuna attività di indagine finanziaria), la Cassa di Risparmio è considerata una sorta di forziere di tutti i segreti del Titano.

Scaramella lo sa ("C'è una banca puttana", dice a Guzzanti) e sa che su questa suggestione è possibile lavorare a mano libera. E' sufficiente seminare a San Marino, accreditandola, una voce, un indizio che poi, lui stesso, provvederà a seminare altrove, affinché la somma di due menzogne faccia una mezza verità.
E' un metodo che l'ex consulente pratica da tempo e che, a San Marino, sembra dare frutti più succosi che altrove. Il "professore", ad esempio, convince il suo amico deputato democristiano, Gabriele Gatti, a consegnare una lista di nomi, a quanto pare militanti dell'ex Partito comunista sanmarinese, attraverso cui denaro proveniente da Mosca affluirebbe alle casse della sinistra italiana. Chi siano questi sventurati, solo Gatti lo sa. Mentre si sa come l'elenco viene a galla. Scaramella chiede e ottiene che Gatti lo consegni all'ambasciata italiana a San Marino. Nel frattempo, lui avrà già accreditato la notizia dell'esistenza di una lista del genere a Roma.

Lo stesso trucco deve mandare in orbita la balla del commercio di barre di uranio. Scaramella l'ha studiata bene. Anche perché l'operazione ha un doppio obiettivo. Incassare meriti con la Mitrokhin e accreditarsi definitivamente a San Marino. Il 30 maggio 2005 informa con una lettera la Commissione che sarà in missione nella Repubblica del Titano "a far data dal 1. giugno", "per espletare attività peritali" legate al suo "incarico di consulente per il Consiglio di Stato". Cinque giorni prima, il 25, ha spedito il suo spiantato traduttore, Andreij Ganchev, al comando della Gendarmeria di San Marino. Ganchev, che Scaramella presenta come "coordinatore della Ecpp", denuncia il rischio di contaminazione radioattiva legato a un possibile traffico di barre di uranio che, provenienti dalla Svizzera, transiteranno nella Repubblica prima di finire nelle mani di tre "trafficanti" italiani. La denuncia è volutamente vaga e viene precisata un paio di giorni dopo.

Ma, soprattutto, è "confermata" da un racconto che lo stesso Scaramella si preoccupa di mettere a verbale in quegli stessi giorni alla Questura di Rimini (questa volta con indicazioni precise sui presunti "trafficanti"), perché le due frottole si confermino a vicenda. La prima settimana di giugno 2005, Scaramella non ha nessuna operazione "peritale" da svolgere. Deve solo godersi lo spettacolo di tre disgraziati che finiscono in manette sulla riviera adriatica e incassarne i dividendi. Naturalmente, non salta fuori nessuna barra di uranio, né il contante necessario a pagarlo.

Per la Gendarmeria di San Marino, che ha cominciato a "osservarlo" a sua insaputa dal gennaio precedente, è la prova che del "professore" prima ci si libera e meglio è. Nel giugno 2005, il nuovo comandante della Gendarmeria, Achille Zechini, fa circolare la voce che se quel signore napoletano rimetterà piede a San Marino sarà fermato. E lui, a quanto risulta alla Gendarmeria, non si fa vedere più.

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