Da La Repubblica del 27/12/2006
I pm hanno chiesto di utilizzare le registrazioni telefoniche tra Scaramella e il presidente della Mitrokhin
Scaramella e la trappola della Mitrokhin
"Guzzanti parte lesa". Ma nelle carte spunta un´altra ipotesi
C´è particolare interesse per un lungo colloquio tra i due sul premier Prodi svoltosi nel gennaio di quest´anno. Per i magistrati di Roma, fino a prova contraria, il senatore di Forza Italia è stato messo nel sacco dal collaboratore
di Giuseppe D'Avanzo
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Con l´arresto di Mario Scaramella, la procura di Roma muove un passo prudente ai bordi del "caso Mitrokhin", tenendosi ancora lontano dal cuore dell´affaire. Che è chiusa in una domanda: tra le quinte dei lavori della commissione bicamerale d´inchiesta, è stato organizzato un agguato politico contro Romano Prodi? E, in caso positivo, chi ne è stato il mandante e chi l´esecutore? Se questo è la scena di fondo, Mario Scaramella è o un diavolo o soltanto un figurante; le accuse che, oggi, gli si muovono sono soltanto una prima mossa tattica; l´inchiesta è ancora tutta da costruire e valutare. La procura di Roma contesta – tra l´altro – il reato di calunnia all´academic, come la stampa inglese ha generosamente definito finora il consulente della "Mitrokhin". Mario Scaramella si è inventato di sana pianta «un progetto di aggressione con armi non convenzionali» contro se stesso e il presidente della commissione Paolo Guzzanti, «potenzialmente minacciato». Era una frottola.
Come è sufficientemente provato dalle intercettazioni e dalle testimonianze raccolte dagli investigatori, è stato lo stesso Scaramella con la complicità di due transfughi dello spionaggio russo (Litvinenko e Limarev) a organizzare quelle manovre minacciose per incassare un credito di attendibilità dal Parlamento che Paolo Guzzanti gli ha concesso fino all´enfasi. Addirittura in un´aula di tribunale, dove il presidente della commissione Mitrokhin ha detto (Teramo, 9 ottobre 2006): "Scaramella ha redatto un rapporto segretato che costituisce il quadro politico e pure criminale, se vogliamo, di questa e di altre vicende".
Questo rapporto è custodito in una cassaforte del Parlamento ed è stato redatto, insieme, dal dottor Agostino Cordova e dal professor Scaramella. E´ esplosivo. Contiene informazioni compromettenti per un personaggio politico circa il possibile attentato».
Sarebbe dunque addirittura un «personaggio politico» il mandante del progetto di omicidio di Guzzanti e Scaramella, poi rivelatosi una "bufala" costruita a tavolino. La procura di Roma ha già chiesto e ottenuto dalla presidenza del Senato i documenti della "Mitrokhin". Quindi, anche il rapporto «esplosivo» firmato da Cordova e Scaramella contro l´esponente politico che, a questo punto, deve essere considerato bersaglio della manovra calunniosa. Chi è il misterioso personaggio messo in mezzo dai calunniatori e, soprattutto, come valutare le iniziative del presidente della commissione?
Il ruolo di Paolo Guzzanti è ambiguo, a doppia lettura. Lo si può vedere come uno sprovveduto precipitato con due piedi in una trappola o, al contrario, come lo spregiudicato architetto della trappola. Detto in altro modo, è stato Guzzanti a essere malignamente imbeccato da Scaramella o Mario Scaramella è stato soltanto il "braccio" del canovaccio scritto, o per lo meno sottoscritto, da Paolo Guzzanti? Guzzanti è, come il «personaggio politico» bersagliato, una parte lesa allocchita da un calunniatore (Scaramella) in cerca di gloria o è stato il complice - se non l´ispiratore - della calunnia?
Appare questo il secondo, prevedibile terreno che l´inchiesta dovrà esplorare. La procura appare ancora cauta. Vuole muoversi con passi sicuri e senza incidenti "politici". Al momento, contesta a Scaramella «infedeltà» nel lavoro di consulenza parlamentare. Un modo per dire che, fino a prova contraria, Paolo Guzzanti è stato messo nel sacco dal consulente. Nell´attesa dell´interrogatorio di Scaramella, il pubblico ministero non rinuncia a valutare però le prove contrarie. Proprio per definire meglio il ruolo del presidente della commissione d´inchiesta, la procura ha chiesto al Senato l´utilizzabilità delle registrazioni dei colloqui telefonici tra Guzzanti e Scaramella. In particolare, la conversazione del 28 gennaio del 2006, ore 10 e 59 minuti. Paolo Guzzanti e Mario Scaramella discutono per 21 minuti e 37 secondi. Scaramella rassicura Guzzanti di poter dimostrare che Romano Prodi è stato in passato «coltivato dal Kgb». Paolo Guzzanti chiede: «Coltivazione è abbastanza, eh?!». Scaramella risponde: «Per me, è moltissimo. E´ quello che mi viene detto. A questo punto, non pretendete una dichiarazione da chicchessia che dica "Prodi è un agente"». Guzzanti lo incalza: «Perché, "coltivato" invece sì?». Scaramella sostiene che, grazie a una testimonianza che può raccogliere, «si può lavorare sul discorso della "coltivazione"». Guzzanti gli spiega gli essenziali passaggi che deve documentare per la commissione. «Mario, scusami, do alle parole l´importanza delle parole. Allora si dice: our man, un nostro uomo. Tu pronunci la sigla e quello dice "Yes!". Punto e basta! Non voglio sapere altro! L´unica domanda è: queste frasi sono confermate e confermabili?». Scaramella lo rassicura: «Assolutamente sì».
Guzzanti è soddisfatto: «E allora questo è l´unico punto, ma mi serve certificato e marca da bollo».
Se il Senato dovesse rendere utilizzabili per l´accusa queste intercettazioni, è intorno alla loro interpretazione che si giocherebbe la partita e il destino dell´inchiesta che, a quel punto, sarebbe nel cuore dell´affaire Mitrokhin. Guzzanti, anche se ingenuo o troppo desideroso di portare a casa il discredito dell´avversario politico, è stato soltanto turlupinato da Scaramella? O Scaramella non ha fatto altro che seguire le indicazioni di quello che, nei colloqui, confidenzialmente chiamava "Capo"? Le prime dichiarazioni della difesa del "professore" («Mario Scaramella si è attenuto a quanto prescriveva il suo mandato») paiono annunciare una "rottura" tra il consulente e il suo Capo che si fa fatica a prendere oggi sul serio.
Come è sufficientemente provato dalle intercettazioni e dalle testimonianze raccolte dagli investigatori, è stato lo stesso Scaramella con la complicità di due transfughi dello spionaggio russo (Litvinenko e Limarev) a organizzare quelle manovre minacciose per incassare un credito di attendibilità dal Parlamento che Paolo Guzzanti gli ha concesso fino all´enfasi. Addirittura in un´aula di tribunale, dove il presidente della commissione Mitrokhin ha detto (Teramo, 9 ottobre 2006): "Scaramella ha redatto un rapporto segretato che costituisce il quadro politico e pure criminale, se vogliamo, di questa e di altre vicende".
Questo rapporto è custodito in una cassaforte del Parlamento ed è stato redatto, insieme, dal dottor Agostino Cordova e dal professor Scaramella. E´ esplosivo. Contiene informazioni compromettenti per un personaggio politico circa il possibile attentato».
Sarebbe dunque addirittura un «personaggio politico» il mandante del progetto di omicidio di Guzzanti e Scaramella, poi rivelatosi una "bufala" costruita a tavolino. La procura di Roma ha già chiesto e ottenuto dalla presidenza del Senato i documenti della "Mitrokhin". Quindi, anche il rapporto «esplosivo» firmato da Cordova e Scaramella contro l´esponente politico che, a questo punto, deve essere considerato bersaglio della manovra calunniosa. Chi è il misterioso personaggio messo in mezzo dai calunniatori e, soprattutto, come valutare le iniziative del presidente della commissione?
Il ruolo di Paolo Guzzanti è ambiguo, a doppia lettura. Lo si può vedere come uno sprovveduto precipitato con due piedi in una trappola o, al contrario, come lo spregiudicato architetto della trappola. Detto in altro modo, è stato Guzzanti a essere malignamente imbeccato da Scaramella o Mario Scaramella è stato soltanto il "braccio" del canovaccio scritto, o per lo meno sottoscritto, da Paolo Guzzanti? Guzzanti è, come il «personaggio politico» bersagliato, una parte lesa allocchita da un calunniatore (Scaramella) in cerca di gloria o è stato il complice - se non l´ispiratore - della calunnia?
Appare questo il secondo, prevedibile terreno che l´inchiesta dovrà esplorare. La procura appare ancora cauta. Vuole muoversi con passi sicuri e senza incidenti "politici". Al momento, contesta a Scaramella «infedeltà» nel lavoro di consulenza parlamentare. Un modo per dire che, fino a prova contraria, Paolo Guzzanti è stato messo nel sacco dal consulente. Nell´attesa dell´interrogatorio di Scaramella, il pubblico ministero non rinuncia a valutare però le prove contrarie. Proprio per definire meglio il ruolo del presidente della commissione d´inchiesta, la procura ha chiesto al Senato l´utilizzabilità delle registrazioni dei colloqui telefonici tra Guzzanti e Scaramella. In particolare, la conversazione del 28 gennaio del 2006, ore 10 e 59 minuti. Paolo Guzzanti e Mario Scaramella discutono per 21 minuti e 37 secondi. Scaramella rassicura Guzzanti di poter dimostrare che Romano Prodi è stato in passato «coltivato dal Kgb». Paolo Guzzanti chiede: «Coltivazione è abbastanza, eh?!». Scaramella risponde: «Per me, è moltissimo. E´ quello che mi viene detto. A questo punto, non pretendete una dichiarazione da chicchessia che dica "Prodi è un agente"». Guzzanti lo incalza: «Perché, "coltivato" invece sì?». Scaramella sostiene che, grazie a una testimonianza che può raccogliere, «si può lavorare sul discorso della "coltivazione"». Guzzanti gli spiega gli essenziali passaggi che deve documentare per la commissione. «Mario, scusami, do alle parole l´importanza delle parole. Allora si dice: our man, un nostro uomo. Tu pronunci la sigla e quello dice "Yes!". Punto e basta! Non voglio sapere altro! L´unica domanda è: queste frasi sono confermate e confermabili?». Scaramella lo rassicura: «Assolutamente sì».
Guzzanti è soddisfatto: «E allora questo è l´unico punto, ma mi serve certificato e marca da bollo».
Se il Senato dovesse rendere utilizzabili per l´accusa queste intercettazioni, è intorno alla loro interpretazione che si giocherebbe la partita e il destino dell´inchiesta che, a quel punto, sarebbe nel cuore dell´affaire Mitrokhin. Guzzanti, anche se ingenuo o troppo desideroso di portare a casa il discredito dell´avversario politico, è stato soltanto turlupinato da Scaramella? O Scaramella non ha fatto altro che seguire le indicazioni di quello che, nei colloqui, confidenzialmente chiamava "Capo"? Le prime dichiarazioni della difesa del "professore" («Mario Scaramella si è attenuto a quanto prescriveva il suo mandato») paiono annunciare una "rottura" tra il consulente e il suo Capo che si fa fatica a prendere oggi sul serio.
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