Da mondoacolori.org del 10/06/2005
Ticino Online
11/9: USA; FBI, 5 occasioni perse per bloccare stragi
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NEW YORK - Cinque opportunità perse tra il 2000 e il 2001 per intercettare alcuni dei protagonisti dell'attacco all'America dell'11 settembre e, forse, salvare il World Trade Center, il Pentagono e quasi 3000 vite umane. In centinaia di pagine di un nuovo rapporto che scava negli errori dell'intelligence americana, emergono altri dettagli sugli sbagli e le carenze di comunicazione tra CIA e FBI che hanno contribuito a lasciare libertà di manovra ad Al Qaida.
Nonostante le indagini svolte negli anni scorsi dal Congresso e da una commissione speciale indipendente, a quanto pare ci sono molti documenti sui retroscena dell'11 settembre che devono ancora venire alla luce. Ad aprire nuovi archivi è stato adesso l'ispettore generale del ministero della Giustizia, Glenn Fine, che ha appena presentato un rapporto sull'attacco all'America pieno di omissis, ma anche ricco di novità.
Al centro delle indagini di Fine, svolte su incarico del Congresso e del direttore dell'FBI Robert Mueller, c'era il caso di due sauditi che vivevano a San Diego, in California, e che morirono sugli aerei dirottati. Da tempo si sapeva che la CIA aveva intercettato nel gennaio 2000 i due uomini, Nawaf al Hazmi e Khalid al Mihdhar, durante un incontro in Malaysia con esponenti di Al Qaida. Era noto anche che l'agenzia d'intelligence ne aveva perso per qualche tempo le tracce, senza accorgersi che al Hazmi e al Mihdhar erano entrati negli Stati Uniti e vivevano in California. Ma ora sono emersi nei dettagli gli errori commessi nel gestire il caso dei due sauditi, che se intercettati avrebbero probabilmente portato l'antiterrorismo americano a scoprire l'intera rete che progettava l'attacco a New York e Washington.
Uno dei dati più significativi del rapporto di Fine è la scoperta che 20 mesi prima dell'11 settembre, un funzionario della CIA bloccò un'informativa che avrebbe dovuto avvertire l'FBI di ciò che l'agenzia sapeva sui due sauditi. Un agente dell'FBI che lavorava come funzionario di collegamento dentro la "sezione bin Laden" della CIA preparò un rapporto su al Hazmi e al Mihdar per i suoi colleghi, ma per i regolamenti dei rapporti tra CIA e FBI fu costretto ad attendere il via libera di un alto dirigente dell'agenzia d'intelligence, prima di consegnarlo al Bureau. Uno scambio di email ricostruito dall'ispettore generale Fine dimostra ora che quell'autorizzazione non arrivò mai e che il dirigente della CIA, indicato come "John", bloccò la trasmissione dell'informativa all'FBI. Le ragioni sono rimaste sconosciute, nonostante gli interrogatori condotti da Fine.
L'FBI rimase così all'oscuro della presenza negli USA di due sauditi che la CIA riteneva strettamente legati a bin Laden. Il Bureau continuò peraltro a pagare un proprio informatore nella comunità islamica a San Diego, Abdussattar Shaikh, che conosceva i due personaggi sospetti, ma non sapeva che erano nel mirino dell'antiterrorismo: se l'FBI avesse ricevuto la segnalazione, con ogni probabilità li avrebbe rintracciati in fretta, grazie a Shaikh.
Il Bureau fu informato della necessità di cercare di due sauditi solo nell'agosto 2001. Troppo tardi per trovarli. A parte la misteriosa decisione della CIA di non condividere le informazioni con i "cugini" dell'antiterrorismo domestico, il rapporto dell'ispettore generale documenta una serie di errori commessi soprattutto dall'FBI, in gran parte noti. Come quelli legati alla vicenda di Zacarias Moussaoui - un possibile complice dei dirottatori, di cui non furono intuiti i legami quando venne arrestato nell'agosto 2001 - e le sottovalutazioni degli allarmi lanciati dall'ufficio dell'FBI in Arizona, che aveva notato l'insolita presenza di arabi in varie scuole di volo negli Stati Uniti.
Il rapporto di Fine era pronto già un anno fa, ma l'ispettore generale ha dovuto combattere nelle aule dei tribunali per poterlo rendere pubblico, perché i procuratori impegnati nel caso di Moussaoui volevano lasciarlo coperto dal riserbo. Alla fine è stato raggiunto un accordo, coprendo con omissis tutte le parti che riguardano il francese di origini marocchine, l'unica persona incriminata negli USA Per l'11 settembre, che attende di essere processato in Virginia.
Nonostante le indagini svolte negli anni scorsi dal Congresso e da una commissione speciale indipendente, a quanto pare ci sono molti documenti sui retroscena dell'11 settembre che devono ancora venire alla luce. Ad aprire nuovi archivi è stato adesso l'ispettore generale del ministero della Giustizia, Glenn Fine, che ha appena presentato un rapporto sull'attacco all'America pieno di omissis, ma anche ricco di novità.
Al centro delle indagini di Fine, svolte su incarico del Congresso e del direttore dell'FBI Robert Mueller, c'era il caso di due sauditi che vivevano a San Diego, in California, e che morirono sugli aerei dirottati. Da tempo si sapeva che la CIA aveva intercettato nel gennaio 2000 i due uomini, Nawaf al Hazmi e Khalid al Mihdhar, durante un incontro in Malaysia con esponenti di Al Qaida. Era noto anche che l'agenzia d'intelligence ne aveva perso per qualche tempo le tracce, senza accorgersi che al Hazmi e al Mihdhar erano entrati negli Stati Uniti e vivevano in California. Ma ora sono emersi nei dettagli gli errori commessi nel gestire il caso dei due sauditi, che se intercettati avrebbero probabilmente portato l'antiterrorismo americano a scoprire l'intera rete che progettava l'attacco a New York e Washington.
Uno dei dati più significativi del rapporto di Fine è la scoperta che 20 mesi prima dell'11 settembre, un funzionario della CIA bloccò un'informativa che avrebbe dovuto avvertire l'FBI di ciò che l'agenzia sapeva sui due sauditi. Un agente dell'FBI che lavorava come funzionario di collegamento dentro la "sezione bin Laden" della CIA preparò un rapporto su al Hazmi e al Mihdar per i suoi colleghi, ma per i regolamenti dei rapporti tra CIA e FBI fu costretto ad attendere il via libera di un alto dirigente dell'agenzia d'intelligence, prima di consegnarlo al Bureau. Uno scambio di email ricostruito dall'ispettore generale Fine dimostra ora che quell'autorizzazione non arrivò mai e che il dirigente della CIA, indicato come "John", bloccò la trasmissione dell'informativa all'FBI. Le ragioni sono rimaste sconosciute, nonostante gli interrogatori condotti da Fine.
L'FBI rimase così all'oscuro della presenza negli USA di due sauditi che la CIA riteneva strettamente legati a bin Laden. Il Bureau continuò peraltro a pagare un proprio informatore nella comunità islamica a San Diego, Abdussattar Shaikh, che conosceva i due personaggi sospetti, ma non sapeva che erano nel mirino dell'antiterrorismo: se l'FBI avesse ricevuto la segnalazione, con ogni probabilità li avrebbe rintracciati in fretta, grazie a Shaikh.
Il Bureau fu informato della necessità di cercare di due sauditi solo nell'agosto 2001. Troppo tardi per trovarli. A parte la misteriosa decisione della CIA di non condividere le informazioni con i "cugini" dell'antiterrorismo domestico, il rapporto dell'ispettore generale documenta una serie di errori commessi soprattutto dall'FBI, in gran parte noti. Come quelli legati alla vicenda di Zacarias Moussaoui - un possibile complice dei dirottatori, di cui non furono intuiti i legami quando venne arrestato nell'agosto 2001 - e le sottovalutazioni degli allarmi lanciati dall'ufficio dell'FBI in Arizona, che aveva notato l'insolita presenza di arabi in varie scuole di volo negli Stati Uniti.
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